Nella giornata di ieri, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione proposta dagli Stati Uniti qualche settimana fa per un nuovo cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. La risoluzione sul piano USA, basata su un progetto dettagliato presentato a fine maggio dal presidente Joe Biden, segna un passo significativo nell’occupazione israeliana delle terre palestinesi e nel dialogo con la resistenza della Palestina. Con 14 voti favorevoli e l’astensione della Russia, il Consiglio di Sicurezza ha espresso un forte consenso sulla necessità di una tregua immediata e permanente, sollevando al contempo dubbi sull’effettiva implementazione del piano da parte delle parti coinvolte. Questo sviluppo giunge in un contesto di crescenti vittime civili e distruzioni nella regione, sollevando interrogativi sulla sostenibilità e sull’impatto a lungo termine del cessate il fuoco proposto. Gli USA si sono dichiarati soddisfatti dopo la risoluzione, dichiarando che lunedì c’è stato il voto per la pace.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU approva una nuova risoluzione sul piano USA per il cessate il fuoco a Gaza
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato lunedì una risoluzione proposta dagli Stati Uniti per un nuovo cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Questa risoluzione, approvata con 14 voti favorevoli, sul piano USA si basa proprio sull’ultima proposta di cessate il fuoco presentata a fine maggio dal presidente statunitense Joe Biden. La Russia è stato l’unico paese ad essersi astenuto. È la prima volta che una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU include un piano dettagliato su come il cessate il fuoco dovrebbe essere attuato.
Il testo è lo stesso presentato lo scorso 31 maggio: dopo l’approvazione del piano USA, il Consiglio di Sicurezza ha esortato gli interlocutori ad accettare integralmente “senza indugi e senza condizioni” tutti i dettagli della proposta.
Un piano USA dettagliato in tre fasi
La proposta di cessate il fuoco di Biden prevede tre fasi distinte. La prima fase include un cessate il fuoco di sei settimane, durante le quali l’esercito israeliano dovrebbe ritirarsi dalle aree più popolate della Striscia di Gaza e Hamas dovrebbe liberare alcuni degli ostaggi, in particolare donne, anziani e feriti. Inoltre, vi sarebbe uno scambio di prigionieri palestinesi detenuti da Israele e l’accesso quotidiano di 600 camion di aiuti umanitari.
La seconda fase prevede il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e il ritiro completo delle truppe israeliane da Gaza, con l’obiettivo di stabilire un cessate il fuoco permanente. La terza fase riguarda la restituzione dei resti degli ostaggi israeliani uccisi e l’avvio di un “enorme piano di ricostruzione” della Striscia di Gaza con la partecipazione della comunità internazionale, concentrato su infrastrutture come ospedali, scuole e abitazioni.
Approvazione del Consiglio di Sicurezza
Per l’approvazione del piano USA, una risoluzione del Consiglio di Sicurezza necessita di almeno nove voti favorevoli e nessun veto da parte dei membri permanenti. Negli ultimi mesi, tre risoluzioni con lo stesso obiettivo erano state respinte, due delle quali dagli Stati Uniti stessi. Il Consiglio di Sicurezza, il solo organo internazionale in grado di prendere decisioni vincolanti per tutti i paesi membri, ha quindi espresso un consenso significativo su questa proposta.
Dopo l’approvazione sul cessate il fuoco, l’ambasciatrice USA, Linda Thomas Greenfield, ha sostenuto che il colosso occidentale si impegnerà a far rispettare tutti i termini e gli obblighi della proposta, continuando ad affermare la soluzione a due Stati per la pace perpetua. Dopo il fallimento dell’ultima risoluzione per un cessate il fuoco a Gaza, avvenuta lo scorso marzo, ieri sera la voce di Washington sembra essere stata più convincente.
Nonostante ciò però, il piano USA si mantiene fermo su un’accettazione del piano senza modifiche da parte degli interlocutori. Il Consiglio di Sicurezza ha inoltre affermato che, oltre alla soluzione a due Stati, non ci sarà alcun cambiamento geografico dell’enclave palestinese: questo significa che non è previsto alcun restringimento, né tantomeno allargamento, della Striscia di Gaza.
La reazione degli Stati Uniti e di Israele
Gli Stati Uniti hanno sostenuto che la risoluzione fosse essenziale per “parlare con una sola voce e invitare Hamas” ad accettare la proposta israeliana. Il segretario di Stato Antony Blinken ha condotto incontri diplomatici in Egitto e Israele per favorire l’accettazione della proposta. Persiste però lo scetticismo su quanto il governo di Benjamin Netanyahu si senta obbligato a ridurre l’intensità del conflitto a Gaza, che finora ha sempre portato avanti nonostante gli inviti e le risoluzioni della comunità internazionale.
In una nota, anche Hamas si è trovato d’accordo nel piano USA sul cessate il fuoco, nonostante le criticità che il progetto riporta. L’obiettivo è quello di “avviare i negoziati indiretti riguardanti l’attuazione dei principi”. Rimane incerto se la risoluzione sul piano USA verrà effettivamente rispettata. La risoluzione precedente del 25 marzo per il mese del Ramadan non aveva fermato l’offensiva militare israeliana.
L’ambasciatore russo ha espresso riserve e volontà di modifiche – che però, non sono possibili secondo la risoluzione ONU – sulla chiarezza della bozza, evidenziando che Israele ha continuato a dichiarare pubblicamente l’intenzione di proseguire la guerra fino alla completa distruzione di Hamas. Israele ha intanto ribadito che gli obiettivi di Tel Aviv sono stati sempre quelli di riportare a casa tutti gli ostaggi e distruggere Hamas.
Un contesto di tensioni: il genocidio continua
La risoluzione arriva pochi giorni dopo una delle peggiori stragi compiute dall’esercito israeliano, con 274 palestinesi morti e 700 feriti l’8 giugno a Nuseirat. Finora, il conflitto ha causato oltre 37.000 vittime palestinesi. Nonostante la risoluzione del Consiglio di Sicurezza, il percorso verso un cessate il fuoco duraturo rimane complesso e incerto.
Ancora una volta, si può percepire come la narrazione degli eventi sulla pace è fortemente diversa rispetto a ciò che sta succedendo in Palestina. Nelle ultime ore, le forze di occupazione israeliane hanno torturato a morte quarantotto detenuti palestinesi, come ha riferito Haaretz. Inoltre, i prigionieri continuano a morire nei campi di detenzione dopo torture fisiche, psicologiche e dopo le deportazioni nelle carceri israeliane.
In un rapporto scritto e pubblicato dall’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OCI) riguardo ai crimini dell’occupazione israeliana, ci sono stati, incessantemente, circa duemila omicidi al mese tra febbraio e maggio. Nell’ultimo rapporto, che si concentra sulla prima settimana di giugno, l’OCI ha contato l’uccisione di più di 600 persone e 1.765 feriti.