Il ‘pantalone’ è considerato prima di tutto un capo di abbigliamento. E’ nato, a voler essere precisi, come capo funzionale alla domesticazione dei cavalli ed era utilizzato come tale presso le popolazioni barbare, soprattutto gli Sciti e i Persiani. Inizialmente poco utilizzato dai Romani, che lo consideravano un emblema barbaro, fu da questi utilizzato nelle regioni del Nord, per difendersi dal freddo. In Occidente fu a più riprese introdotto dagli Ungheresi e dai Turchi dell’Impero Ottomano, diventando comune, nella forma ‘alla zuava’, soltanto a partire dal XVI secolo. Ma è solo con la Rivoluzione francese che il ‘pantalone’ si afferma, diventando un elemento di distinzione di classe: i cosiddetti Sanculotti, rappresentati dal popolo lavoratore si distinsero da coloro che indossavano la culotte, aristocratici e borghesi. E’ solo a partire, però, dal 1830 che il ‘pantalone’ viene definitivamente accettato come capo di abbigliamento, grazie anche alla diffusione fattane da lord Beau Brummel.
In Europa, fino al XX sec., contrariamente alle abitudini asiatiche, la donna usa poco il ‘pantalone’, essendo considerato un elemento di distinzione sessuale. Uno scossone verrà dato da alcune attrici, soprattutto americane, che lo indosseranno in celebri film, determinandone la diffusione.
Al di là della sua natura quale capo di abbigliamento, però, la diffusione del ‘pantalone’ si è andata identificando nel tempo con alcune metafore: di abbigliamento usato per i lavori propri della sfera maschile; di conseguenza, per una sempre più marcata distinzione di genere e di sessualità. A sua volta, tale distinzione portava in sé la distinzione della ‘mascolinità’ quale sinonimo di forza, di potere decisionale, di comando. Ovviamente, la distinzione non si manifestava solamente nel pubblico, dove l’uomo occupava, soprattutto quantitativamente, le maggiori posizioni nell’organizzazione della società, ma anche nel privato: in particolare, nel contesto familiare, dove lo stesso assumeva spesso il ruolo di ‘padre-padrone’.
Le cose sono cambiate, e con forti accelerazioni rispetto al passato, nel corso del Novecento e, ancor più, agli inizi del Duemila. In un secolo e più, inizialmente indotto dalla emancipazione della donna, poi dal un’inarrestabile sensibilità socio-culturale, che si è andata associando alla crescita economica dell’Occidente, il ‘pantalone’ non è più l’abbigliamento esclusivo dell’uomo ‘padre-padrone’, ma si è diffuso anche tra le donne, ad indicare uno status avanzato del loro ruolo nel sociale, espropriando all’uomo molte posizioni di comando.
Nella diffusione tra le donne, un ruolo interessante – sia detto per inciso – è stato svolto dal mondo della moda, come sempre anticipatrice di provocazioni e di soluzioni estetiche. Basti ricordare a quelle offerte, con raffinatezza ed eleganza, dai grandi stilisti della moda, come André Courrèges ed Yves Saint Laurant, attraverso i quali è caduto il definitivo e residuale divieto sociale per la donna di portare il ‘pantaloni’ nelle scuole e nei luoghi di lavoro.
Con il ‘pantalone’ la donna ha acquistato un nuovo fascino e una nuova immagine, metafora del suo fondamentale ruolo nel sociale.
Fatima Mutarelli