“Là dove c’era l’erba ora c’è
una città”( Adriano Celentano)
Nella giornata di mercoledì 15 maggio, tra il Milanese e la Brianza, sono stati oltre duecento gli interventi necessari da parte del corpo dei vigili del fuoco per arginare le problematiche causate dalle alluvioni. Il Fiume Lambro a Monza e Il Seveso a Milano, a causa delle prepotenti piogge delle giornate precedenti, non hanno retto e l’esondazione è stata inevitabile. I Nubifragi del 19 e del 20 maggio, che hanno invece colpito le zone del Modenese e del Bolognese, portando anche allo straripamento del Samoggia e del Rio D’Orzo, hanno causato diversi allagamenti rendendo necessaria la chiusura di scuole e servizi.
L’Italia, per le sue caratteristiche meteo-climatiche, topografiche, morfologiche e geologiche, si presenta come un territorio fragile dal punto di vista sismico e idrogeologico, e dunque per natura é predisposta a fenomeni ambientali estremi come le alluvioni. Tuttavia, la presenza di questa tipologia di fenomeni, negli ultimi anni, sta assumendo una frequenza sempre maggiore, in modo particolare nelle aree urbane – nonché le zone del territorio che dispongono di una più robusta percentuale di cementificazione. Infatti, le città e le aree urbane sono connotate da una maggiore vulnerabilità agli effetti dei cambiamenti climatici, e paradossalmente ne sono anche la principale causa.
Osservando i dati di Legambiente si può notare come dal 2018 al 2023 gli allagamenti dovuti a piogge intense siano aumentati in modo esponenziale: nel 2017 gli episodi di allagamento registrati sono 23, mentre dal 2018 al 2023 sono rispettivamente 74, 69, 94, 88, 105, 108; gli eventi di esondazione nel 2017 sono stati 8, nel 2023, invece, 27.
Sono numeri che balzano subito all’occhio e portano l’osservatore a porsi interrogativi riguardo l’origine delle cause di questo fenomeno: quali sono le motivazioni alla base delle alluvioni in prossimità delle aree urbanizzate? E, se la tendenza smodata all’edificazione produce conseguenze catastrofiche per l’ambiente e per l’essere umano, perché si continua a costruire?
Correlazione tra alluvioni e cementificazione
Il consumo di suolo e la cementificazione si posizionano alla base delle cause delle alluvioni, in quanto l’impermeabilizzazione del suolo impedisce all’acqua piovana di drenare. Le aree urbanizzate sono le più soggette a questo tipo di problematica. Infatti, è proprio in queste zone altamente edificate che l’impatto climatico dovuto alle attività umane risulta più consistente: traffico, consumo di suolo e conseguente formazione di isole di calore urbane, riconsegnano un habitat disfunzionale alle necessità naturali e imprescindibili dell’ambiente, che sarà connotato da una forte sensibilizzazione ai fenomeni climatici estremi.
Il suolo è lo strato più superficiale della terra e rappresenta una risorsa limitata e non rinnovabile, si tratta di una risorsa indispensabile in quanto ricco di funzioni fondamentali che permettono la regolazione dell’ecosistema e la vita sul pianeta. Una di queste funzioni è quella di assorbire e filtrare l’acqua e consentirne il corretto riciclo. Con l’espandersi delle città, e quindi delle zone edificate, questa funzione è andata non solo a ridursi ma, in alcune aree urbane, ad essere del tutto impedita. La copertura del suolo attraverso materiali artificiali come asfalto e calcestruzzo è da ritenersi permanente, così come i danni causati al suolo sono spesso da denotarsi irreversibili.
Attraverso il procedimento della cementificazione il terreno perde la sua capacità di umidificarsi, rendendo questo un deserto inabile a generare vita: la presenza di umidità e di organismi viventi sono infatti indicatori dello stato di salute di un suolo. La cementificazione, oltre a ostacolare l’infiltrazione delle acque, impedisce l’evapotraspirazione e riduce l’umidità del suolo che, perdendo la capacità in di fungere da serbatoio, limita anche la capacità di ricarica delle falde acquifere.
Gli spazi verdi, una studiata progettazione urbanistica, all’interno delle aree urbane e un’edificazione che rispetti le esigenze dell’ambiente sono fondamentali a fronte del benessere del suolo, di un corretto drenaggio dell’acqua, ma anche del benessere psicofisico dell’uomo.
Tuttavia, nonostante questa consapevolezza, l’urbanizzazione di aree agricole, e il conseguente consumo di suolo sembrano proseguire a ritmo incessante. Infatti, secondo i dati dell’ultimo rapporto ISPRA aggiornato al 2023, si registra dal 2021 una crescita del consumo di suolo oltre il 10%, un dato allarmante se consideriamo che viene consumata una superficie di 21 ettari al giorno, nonché una crescita pari a 2,4 metri quadrati al secondo.
Perché continuano a costruire case su case e non lasciano l’erba?
Ma “perché continuano a costruire case su case e non lasciano l’erba?“ si domandava Adriano Celentano già nel 1966 quando usciva il suo celebre singolo “Il ragazzo della via Gluck”. Si tratta di una ballata Folk autobiografica, che, inserita nel contesto storico del boom economico verificatosi tra gli anni ’50 e ’60, racconta l’impatto emotivo e psicologico dell’urbanizzazione.
A rispondere al quesito è lo stesso quadro storico del periodo compreso tra il secondo dopo guerra e la metà degli anni sessanta, che vide consolidarsi il processo di urbanesimo e urbanizzazione a seguito del boom economico. Grazie agli aiuti economici derivanti dal piano Marshall a sostegno dell’Italia, e all’influenza del capitalismo americano, le condizioni prima economiche e poi sociosanitarie migliorarono, generando così una sfrenata propensione alla costruzione di edifici per le attività industriali e commerciali, e infrastrutture stradali per gli spostamenti. Le persone si riversarono nelle città facendo così aumentare la domanda di abitazioni; successivamente i centri urbani videro una sempre crescente espansione, trasformando molte zone agricole in agglomerati urbani.
Questa è la storiaDi uno di noi Anche lui nato per caso in via Gluck In una casa, fuori città Gente tranquilla, che lavorava Là dove c’era l’erba ora c’è Una città E quella casa in mezzo al verde ormai Dove saràQuesto ragazzo della via GluckSi divertiva a giocare con me Ma un giorno disse Vado in città E lo diceva mentre piangeva Io gli domando amico Non sei contento Vai finalmente a stare in città Là troverai le cose che non hai avuto qui Potrai lavarti in casa senza andar Giù nel cortileMio caro amico, disseQui sono nato In questa strada Ora lascio il mio cuore Ma come fai a non capire È una fortuna, per voi che restate A piedi nudi a giocare nei prati Mentre là in centro io respiro il cemento Ma verrà un giorno che ritornerò Ancora qui E sentirò l’amico treno Che fischia così “Uah, uah”Passano gli anniMa otto son lunghi Però quel ragazzo ne ha fatta di strada Ma non si scorda la sua prima casa Ora coi soldi lui può comperarla Torna e non trova gli amici che aveva Solo case su case Catrame e cementoLà dove c’era l’erba ora c’èUna città, ah E quella casa in mezzo al verde ormai Dove sarà, ahNon so, non soPerché continuano A costruire, le case E non lasciano l’erba Non lasciano l’erba Non lasciano l’erba Non lasciano l’erbaEh noSe andiamo avanti così, chissà Come si farà Chissà Chissà Come si farà
Un ragazzo “cresciuto in mezzo al verde”, precisamente al civico 14 di via Cristoforo Gluck, nel quartiere greco della periferia di Milano, si vede costretto a trasferirsi in centro per accogliere il ventaglio di opportunità conferito dalla crescente influenza capitalistica di quegli anni. Rammaricato dal dover abbandonare la casa dell’infanzia si ripromette di tornarvici non appena avrebbe migliorato la sua condizione sociale ed economica.
Nel testo, lo snodo cruciale – che dipinge puntualmente la realtà storica dell’espansione urbana – avviene con la messa in contrasto dell’immagine del passato, della memoria, del luogo natale, con l’immagine di un presente diverso, trasformato dal fenomeno dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione. “Una casa in mezzo al verde”, dove si aveva la fortuna di restare “a piedi nudi a giocare nei prati”, quella che per Celentano era una speranza, una promessa di ritorno alle radici, alla natura, al benessere, viene accostata all’immagine cupa di “catrame e cemento”. Un definitivo infrangersi delle speranze e un avvento di consapevolezza emerge dalla conseguente domanda senz’altro pregna di ironia: “e quella casa in mezzo al verde ormai, dove sarà?”.
Là dove c’era l’erba ora c’è una città, e ci sono anche tonnellate di cemento: c’è anche una vasca d’acqua piovana ed esondata che non riesce a essere filtrata dal suolo, ormai, troppo consumato.