Il consiglio esecutivo dell’UNESCO ha approvato martedì 18 ottobre una risoluzione decisamente controversa su Gerusalemme e i suoi luoghi santi, facendo infuriare lo stato di Israele. Il motivo della disputa riguarda la denominazione dei siti di culto della città vecchia; la risoluzione non avrà nessun effetto concreto, ma quando si tratta della zona di maggior tensione religiosa al mondo i nomi e i simboli giocano un ruolo fondamentale.
Con questa risoluzione l’UNESCO (l’agenzia Onu per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) condanna Israele per le restrizioni sull’accesso alla moschea di Al Aqsa e, in maniera un po’ casuale, per le uccisioni di civili palestinesi nella striscia di Gaza. Tuttavia il motivo dell’indignazione israeliana è che di fatto la risoluzione minimizza il rapporto tra lo stato ebraico e il principale complesso religioso della città, noto come Spianata delle Moschee e considerato sacro sia da musulmani che da ebrei. Nel documento infatti si fa riferimento ad esso solo con il suo nome islamico, al-Haram al-Sharif, mentre il Muro del Pianto, maggiore luogo di culto ebraico nel sito, viene nominato solo perchè presente nell’indirizzo civico della zona.
La risoluzione era stata presentata il 12 ottobre da sette dei 58 membri che formano a rotazione il comitato esecutivo dell’UNESCO. Si tratta di Algeria, Egitto, Marocco, Sudan, Oman, Qatar e Libano, tutti paesi a netta maggioranza musulmana e particolarmente solidali alla causa palestinese.
Il giorno seguente la risoluzione ha ricevuto 24 voti favorevoli e 6 contrari (Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Estonia, Lituania e Paesi Bassi); 26 membri (tra cui l’Italia) si sono astenuti, mentre i rappresentanti di Serbia e Turkmenistan erano assenti alle votazioni.
Di cosa si sta parlando
Il complesso religioso in questione è situato su una collina nella cosiddetta Gerusalemme Vecchia ed è uno dei siti sacri più importanti e contesi di tutto il mondo. Nello spazio di pochi metri si trovano infatti alcuni tra i più significativi luoghi di culto delle tre maggiori religioni monoteiste della storia.
L’edificio che ad oggi occupa maggiore spazio nella Spianata è la moschea di al Aqsa, costruita dove secondo l’Islam il profeta Maometto venne assunto in cielo; è considerato dai musulmani il terzo luogo sacro nel mondo dopo La Mecca e Medina. Duemila anni fa a pochi passi dalla moschea sorgeva il principale luogo sacro degli ebrei, il tempio del re d’Israele Salomone, distrutto dai romani nel 70 d.C. Di quel tempio è rimasto solamente un muro, che è diventato il maggiore luogo di culto degli ebrei: il cosiddetto Muro del Pianto. Il nome ebraico dell’intero complesso è Har haBàyit, letteralmente “il monte della casa (di Dio)”. Inoltre a poca distanza dalla Spianata è situata la Basilica del Santo Sepolcro, dove secondo i cristiani Cristo è stato seppellito e poi è risorto.
Oltre al significato religioso, questo luogo si è caricato negli anni di un enorme valore simbolico e politico. Per gli ebrei la conquista del complesso durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967 rappresenta la vittoria militare più importante di sempre, mentre i palestinesi considerano le restrizioni al libero accesso alla moschea come l’emblema dei soprusi subiti dagli israeliani negli ultimi decenni.
Nessuna conseguenza
La settimana scorsa, dopo l’approvazione di una prima bozza della risoluzione, Israele ha sospeso i propri rapporti con l’UNESCO. L’agenzia Onu è stata attaccata per giorni dai media israeliani e l’indignazione politica nel paese è stata trasversale, dal premier Benjamin Netanyahu (“Il teatro dell’assurdo dell’UNESCO continua”) al leader dell’opposizione laburista Isaac Herzog (“Una risoluzione bizzarra”).
Va detto che la risoluzione non avrà effetti tangibili: non sposterà fondi economici, non istituirà nuove aree protette né modificherà la gestione attuale del complesso sacro. In linea di massima può essere interpretato come un tentativo dei leader palestinesi di legittimare la propria causa sulla scena internazionale, sfruttando la maggioranza dei paesi ostili a Israele nell’attuale rotazione del consiglio direttivo dell’UNESCO.
E’ dunque probabile che di questa vicenda rimanga solo l’incidente diplomatico. Il 14 ottobre la direttrice generale dell’UNESCO Irina Bokova , contraria fin dall’inizio alla risoluzione, ha dichiarato che “il complesso della moschea al Aqsa/al-Haram al-Sharif, luogo sacro per i musulmani, è anche lo Har haBàyit, o Monte del Tempio, di cui il Muro del Pianto è il luogo più sacro per gli ebrei”.
Stefano Galeotti