Nella drammatica crisi che affligge la Striscia di Gaza, si è manifestata un’ulteriore complicazione che, purtroppo, può sorprendere solo pochi: gli Stati Uniti bloccano risoluzione ONU per cessate il fuoco a Gaza. Il veto segna la terza volta che Washington blocca gli sforzi diplomatici per chiedere un cessate il fuoco alle Nazioni Unite.
Gli sforzi internazionali per garantire un cessate il fuoco nella guerra in corso a Gaza hanno subito un duro colpo, poiché gli Stati Uniti hanno posto il veto a una risoluzione presentata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questa è la terza volta che Washington ha bloccato una tale misura fin dall’inizio del conflitto in ottobre.
Il progetto di risoluzione, inizialmente promosso dall’Algeria, ha suscitato un sostegno significativo con 13 voti favorevoli, mentre il Regno Unito ha scelto l’astensione. Tuttavia, nonostante la pressione internazionale, gli Stati Uniti hanno preso la drastica decisione di porre il veto, rimanendo l’unico membro del Consiglio di Sicurezza a farlo, sia tra i membri permanenti che tra quelli non permanenti.
La risoluzione, proposta con l’obiettivo primario di stabilire un immediato cessate il fuoco umanitario nella regione flagellata da mesi di scontri, ha evidenziato la devastante situazione a Gaza. Le accuse nei confronti dell’esercito israeliano, responsabile delle perdite umane di oltre 28.000 palestinesi e dei danni inflitti alle vitali infrastrutture civili, compresi istituti scolastici, rifugi e strutture ospedaliere, hanno sottolineato l’urgente necessità di intervento internazionale per porre fine alla sofferenza della popolazione locale.
Durante il fine settimana precedente, l’ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, ha reso chiaro il proposito statunitense di opporsi al progetto di risoluzione presentato dall’Algeria. Ha esposto dettagliatamente le preoccupazioni degli Stati Uniti, sostenendo che l’approvazione della risoluzione avrebbe potuto compromettere le delicate negoziazioni in corso per un possibile accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Questa posizione americana ha sollevato ulteriori interrogativi sulla possibilità di una soluzione pacifica e ha amplificato le tensioni in una regione già dilaniata dalla violenza e dalla disperazione.
Tuttavia, gli Stati Uniti hanno avanzato una propria contro-risoluzione, la quale condanna in maniera decisa Hamas per gli attacchi perpetrati contro Israele. Nonostante la loro opposizione a un’eventuale offensiva su vasta scala da parte di Israele, la risoluzione statunitense ha evitato di condannare esplicitamente l’invasione di Rafah.
Secondo fonti ufficiali altamente attendibili, una grande offensiva militare a Rafah, se messa in atto, potrebbe portare a conseguenze devastanti per la popolazione civile già duramente provata dalla guerra. Si prevede che un’offensiva di tale portata causerebbe ulteriori sofferenze, con un aumento dei casi di sfollamento e un’aggravamento delle già precarie condizioni di vita dei residenti locali. La prospettiva di danni collateralmente inflitti agli abitanti e alle infrastrutture della zona evidenzia la necessità di adottare soluzioni diplomatiche e umanitarie per prevenire ulteriori tragedie nella regione.
Intanto, i leader politici israeliani hanno dichiarato la loro intenzione di lanciare un’offensiva sulla città di Rafah, al confine meridionale di Gaza. Benny Gantz, membro del gabinetto di guerra israeliano, ha minacciato un attacco nel caso in cui Hamas non rilasciasse gli ostaggi entro l’inizio del mese di marzo.
Al momento, Rafah è la dimora di circa 1,4 milioni di palestinesi, i quali si trovano in una situazione estremamente precaria, caratterizzata da un accesso limitato a risorse fondamentali quali cibo, acqua e assistenza medica. Le condizioni di vita sono drammatiche e la popolazione è già in grave difficoltà. Di fronte alla prospettiva di un attacco imminente alla città, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha espresso un severo avvertimento, evidenziando il rischio di una tragedia umanitaria senza precedenti. La possibilità di un’azione militare su larga scala a Rafah solleva gravi preoccupazioni per la sicurezza e il benessere delle migliaia di persone già vulnerabili che risiedono in questa area.
Il veto degli Stati Uniti alla risoluzione ONU ha ostacolato gli sforzi internazionali per porre fine al conflitto in corso a Gaza, mettendo a rischio la vita di migliaia di civili e aggravando ulteriormente la crisi umanitaria nella regione.