Il ddl Calderoli penalizza i cittadini con disabilità. La federazione italiana per il superamento dell’handicap (FISH) si aggiunge al coro di critiche al disegno di legge.
Il discusso progetto di legge sull’autonomia differenziata è stato promosso al Senato. In attesa della sua approvazione alla Camera sono tante le obiezioni che si levano da opposizioni e società civile, soprattutto sul tema della salute e dei servizi alle persone con disabilità. Il ddl Calderoli penalizza i cittadini vulnerabili e rischia di aumentare la distanza tra le regioni in tema di servizi alla disabilità.
La FISH è un’organizzazione-ombrello che raggruppa decine di associazioni regionali e nazionali impegnate nel tema della disabilità e nella promozione della cittadinanza attiva delle persone con disabilità. Il presidente Vincenzo Falabella manifesta la sua preoccupazione per il ddl Calderoli che penalizza i cittadini vulnerabili:
«L’assenza di risorse dello Stato, lasciando tutto alle risorse territoriali, non consentirà di garantire i servizi minimi, aumentando, di fatto, le disparità territoriali e tra i cittadini. Saranno i più vulnerabili, e tra loro le persone con disabilità, a pagare, ancora una volta, in termini di welfare e diritti».
Le regioni a statuto ordinario sono già autonome per quanto riguarda la spesa sanitaria, non per il finanziamento della stessa: il gettito fiscale arriva allo Stato e viene redistribuito alle Regioni in base al numero di abitanti e alla loro età. Con l’autonomia le regioni tratterranno direttamente parte del gettito fiscale prodotto localmente, facendo venir meno un meccanismo di equità e solidarietà fondamentale in un paese ancora profondamente diseguale come l’Italia.
Se oggi un cittadino del Sud ha un’aspettativa di vita di quattro anni inferiore a uno del Nord, è facile immaginare gli effetti catastrofici di una riforma che sfavorisce le Regioni del Sud.
Il professor Walter Ricciardi, intervistato da Fortune Health Italia, evidenzia due rischi principali:
- la fuga verso il Nord di medici e operatori sanitari attratti da migliori condizioni di lavoro;
- il divario di accesso a tecnologie e procedure innovative che resterebbero appannaggio delle regioni più ricche.
La conseguenza, in entrambi i casi, sarebbe l’aumento della mobilità sanitaria interregionale: lo spostamento dalla propria regione di residenza verso un’altra per ragioni di cura e assistenza.
I cittadini con disabilità costretti a spostarsi sono già il 40% e la possibilità che il numero aumenti sono concrete. Intraprendere un viaggio per curarsi è difficoltoso per chiunque, ma per chi vive con una disabilità motoria, sensoriale, psichica o intellettiva diventa una fonte di stress ulteriore, con potenziale peggioramento delle condizioni di vita e dei sintomi.
L’istruzione è un’altra delle materie che passerebbero dal controllo statale a quello regionale con rischi simili a quelli espressi sulla sanità. Le regioni con meno risorse potrebbero non riuscire a garantire il tempo pieno; o un numero adeguato di insegnanti di sostegno, con ripercussioni negative su genitori e caregiver.
L’abbandono scolastico degli studenti con disabilità è più del doppio rispetto a quello degli studenti senza disabilità e, a fronte di ulteriori carenze del sistema scolastico, potrebbe aumentare.
È chiaro come le preoccupazioni espresse dalla Fish siano legittime e motivate: il ddl Calderoli penalizza i cittadini con disabilità. È tuttavia ironico che una proposta che è quanto di più simile alla secessione la Costituzione consenta; che spacca il paese in una miriade di stati semi indipendenti, arrivi dal Governo dei Patrioti.
Falabella ha detto che:
«In un momento storico difficile per il Paese sul piano economico e sociale, più che di autonomia differenziata sarebbe il caso di parlare di autonomia solidale. Un sistema in cui lo Stato sostiene le Regioni in maggiore difficoltà, soprattutto sul piano sanitario, sociale e dei diritti».
Questo sì che sarebbe patriottico, aggiungiamo noi.