Nell’era dei consumi risulta complesso identificare l’evento natalizio se isolato rispetto al tradizionale scambio di doni e alla strumentalizzata figura di Babbo Natale. Al netto di ciò, vale la pena chiedersi come affrontare la questione da un punto di vista genitoriale: la menzogna natalizia rappresenta una semplice ‘bugia bianca’ oppure è foriera di atteggiamenti conformisti rispetto al consumismo
Molteplici sono gli studi circa l’influenza che un idolo, come può essere Babbo Natale, è in grado di esercitare su una psiche manipolabile, in quanto non ancora matura, come quella dei bambini. L’elemento che tali studi tendono a sottolineare è essenzialmente uno: la credenza in Babbo Natale non costituisce solo un’idolo, ma è figlia di una menzogna.
L’affermazione può destabilizzare: prendere coscienza, infatti, del fatto che cresciamo, sia in quanto adulti che in quanto bambini, nel riflesso di una menzogna che edulcora il sistema consumistico, può spiazzare. Ma risulta importante, credo, rendersi conto del fatto che l’atteggiamento disonesto palesato dalla bugia riproposta possa realmente determinare tendenze comportamentali difficili da gestire successivamente.
Attenzione, non è l’essere in sé bugia a determinare un eventuale disavanzo sociale in età adulta, tutt’al più è il fatto che siano proprio i tutori a mentire, ed è ciò a rappresentare il vero magnete che destabilizza la bussola. Durante lo studio promosso presso il Department of Psychology dell’University of California di San Diego circa le menzogne dei genitori, i ricercatori hanno chiesto agli adulti se a loro volta fossero stati vittime di genitori bugiardi durante la prima infanzia. Ebbene, le persone che più di tutte erano state vittime di bugie da parte dei propri tutori, avevano maggiori probabilità di mentire a loro volta e avevano livelli più elevati di disadattamento sociale.
Ciò vuol dire che, prima delle scelte circa l’approccio pedagogico, c’è la necessità di apprendere il fatto di essere modelli comportamentali: statisticamente un cattivo modello determinerà uno sviluppo più complesso dell’ente familiare.
A confermare tale stato di cose c’è un ulteriore studio, questa volta condotto presso il Department of Educational and Counselling Psychology della McGill University di Montreal: i ricercatori hanno spinto gli adulti a mettere in atto comportamenti onesti e disonesti davanti ai propri bambini e quest’ultimi hanno inevitabilmente agito imitando i comportamenti dei loro ‘caregiver’. I bambini che avevano osservato adulti onesti tendevano a comportarsi in maniera corretta, mentre quelli che avevano osservato comportamenti disonesti tendevano a diventare essi stessi piccoli bugiardi.
Laura Schulz, professoressa di Scienze Cognitive presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), durante uno studio pubblicato nel giugno del 2014, inoltre, ha fornito delle prove a sostegno del grave effetto derivante dalla prolungata riproposizione di bugie: la ricercatrice ha evidenziato che, dopo aver inteso la disonestà, i bambini tendevano a fidarsi meno dei soggetti.
Ma torniamo al caro Babbo Natale: è giusto mentire sulla sua esistenza?
Prescindendo dal dato, evidenziato da uno studio della Pace University, secondo cui sarebbe la stragrande maggioranza dei genitori a protrarre la menzogna di Babbo Natale ( il 61% delle famiglie dal primogenito con un’età inferiore ai 6 anni, e il 39% di famiglie dal primogenito con un’età compresa tra i 7 e i 12 anni), l’elemento che più interessa in questa sede è l’innegabile abnegazione dimostrata dai genitori.
Si potrebbe quasi affermare che la menzogna di Babbo Natale serva più ai genitori che ai bambini: la necessità, infatti, di sviluppare l’atmosfera natalizia da film americano di inizi anni ’90 va più incontro ai bisogno dei disillusi adulti che a quelli delle sprizzanti immaginazioni puerili.
A dimostrare ciò c’è un interessante dato: secondo alcuni studi, infatti, pare che alla ‘tragica’ scoperta circa l’inesistenza del barbuto non segua la rabbia o la disillusione, bensì reazioni positive, che vanno dalla soddisfazione relativa al compimento di un passo verso la maturità alla gratitudine verso gli sforzi dei genitori per aver tenuto su tutto il teatrino.
In un recente studio, condotto dallo psicologo Drew Curtis, è stato chiesto a un gruppo di studenti universitari con quale frequenza i loro genitori avessero promosso il mito di Babbo Natale, e successivamente è stato anche chiesto loro cosa ne pensassero e come è attualmente il loro rapporto con i genitori. Si è scoperto che, sebbene i loro alter ego bambini avessero percepito quella su Babbo Natale come una bugia bella e buona, avessero cioè inteso la disonestà dei genitori, ciò non incrinò particolarmente la relazione familiare.
Mentire ai propri figli è, dunque, sempre un errore: tuttavia, se vuoi raccontare a tuo figlio del vecchio che viene dal Polo Nord, probabilmente non rovinerai la sua vita, né tantomeno la tua relazione con lui.
C’è però un elemento che credo vada sottolineato. Da alcuni studi risulta che la figura di Babbo Natale abbia avuto una preminenza tale nel corso dell’ultimo trentennio da determinare la quasi scomparsa di figure ugualmente magiche e benevole quali la Befana e Santa Lucia. Perché ciò?
Credo che si sia protratta durante questo trentennio un’aggressiva strumentalizzazione, soprattutto pubblicitaria, del personaggio di Babbo Natale, che, come nessun altro personaggio di fantasia, è in grado di determinare un’accelerazione repentina al mercato: basti pensare che lo scorso anno nel nostro paese, in piena condizione di recessione, solo per lo scambio di doni sono stati spesi più di 7 miliardi.
A cosa assisteremo, dunque, il prossimo 25 dicembre?
Sta a voi cari lettori foraggiare l’atmosfera natalizia come più vi aggrada: ma tenete presente che la familiarità e l’aria solidale natalizia non sono corroborate dalla quantità di soldi spesi per i regali ai propri figli, bensì dall’investimento in tempo speso con essi, unico elemento in grado di dispensare ricordi allegri e realmente magici.