Aveva 70 anni la donna uccisa dal marito a Fano. Lei soffriva di problemi psichiatrici, lui l’ha strangolata e si trova in ospedale dopo aver tentato il suicidio.
Ennesima donna uccisa dal marito, entrambi i membri della coppia avevano 70 anni e una famiglia costruita insieme. La sera del 20 novembre il figlio della coppia attendeva i genitori per cenare insieme a loro, ma i due tardavano ad arrivare. Dopo numerose chiamate senza risposta e vani tentativi di mettersi in contatto con il padre, l’uomo preoccupato si è recato a casa dei genitori.
Ad attenderlo una scena raccapricciante a cui nessuno si augurerebbe mai di assistere.
L’uomo è stato trovato agonizzante sul pavimento dopo aver ingerito numerosi psicofarmaci nel tentativo di suicidarsi. Questo è quanto avvenuto dopo che il settantenne ha strangolato la moglie fino ad ucciderla. Attualmente si trova in ospedale, a causa delle condizioni fisiche in cui era al momento del ritrovamento. L’uomo accusato di omicidio volontario sarà arrestato appena dimesso dall’ospedale. Si presuppone che questo avverrà presto in quanto i medici hanno accertato che non si trova in pericolo di vita. Gli inquirenti, nel frattempo, stanno procedendo con le indagini per ricostruire le dinamiche dei fatti.
I giornali riportano la notizia sottolineando il fatto che la donna soffriva di problemi psichici ma naturalmente questo non vuole e non deve giustificare l’ennesimo atto di femminicidio in Italia. Al contrario, quanto accaduto dovrebbe portare a ragionare, oltre che sui crescenti casi di violenza di genere, anche sull’importanza della salute mentale. Una coppia di anziani in cui una delle due parti risulta essere affetta da malattia mentale necessita di numerosi aiuti e adeguati sostegni psicologici.
Questa vicenda, avvenuta qualche giorno dopo il ritrovamento del corpo della giovane Giulia Cecchettin avvalora ancora di più la tesi della violenza di genere come frutto di una società patriarcale. La violenza non è un problema strettamente legato ai giovani che devono essere rieducati e la morte di una donna non si può catalogare come semplice delitto passionale.
Talvolta anche dopo un’intera vita passata insieme al proprio compagno di sempre, le brutte sorprese sono dietro l’angolo. Nella maggior parte dei casi la fiducia delle donne è mal riposta in chi cammina al loro fianco da molto tempo.
Anche nella vicenda di Fano, come in tante altre, se non addirittura in tutte, non ci troviamo davanti ad un mostro, bensì ad un padre di famiglia e un marito di cui la moglie si fidava.
Dall’inizio dell’anno sono stati registrati 106 femminicidi in Italia, molti passati inosservati, tanti altri scusati da motivazioni e speculazioni che non hanno fatto altro che colpevolizzare la vittima.
La sensibilizzazione sull’argomento della violenza di genere deve continuare a produrre i suoi frutti cercando di porre fine a una cultura fin troppo radicata nella società. Così radicata da essere scusata con qualsiasi mezzo.
Margherita De Cataldo