Un vero e proprio stallo umanitario quello dei migranti intrappolati tra Finlandia e Russia, con il gelido confine diventato teatro di una lotta tra la politica di Helsinki e il desiderio di una vita migliore di chi tenta di attraversarlo.
Nel buio gelido della notte, l’imponente costruzione di filo spinato traccia un confine frastagliato tra la Finlandia e la Russia. La scenografia è stata creata non solo per respingere, ma per separare due mondi, due realtà che si scontrano in una lotta gelida e disumana.
La storia di questo conflitto inaspettato e drammatico inizia con l’accusa di Helsinki nei confronti della Russia. Il governo finlandese sostiene che il flusso di migranti diretti ai valichi di confine sia stato “orchestrato” dal Cremlino, in risposta alla decisione di aumentare la cooperazione difensiva con gli Stati Uniti. Un’accusa che Mosca ha prontamente respinto come una semplice finzione politica.
È stato sabato scorso che decine di individui si sono ritrovati dietro le barricate in due valichi di frontiera, Nuijamaa e Vaalimaa. Nonostante la costruzione delle barriere e il presidio delle guardie di frontiera, alcuni migranti hanno varcato il confine, sfidando il gelo pungente e accendendo fuochi per cercare un po’ di calore in mezzo al freddo pungente di questa stagione.
Il colonnello Mika Rytkonen ha affermato con determinazione che si stanno potenziando le barriere per prevenire qualsiasi ulteriore tentativo di attraversamento non autorizzato, ma la determinazione di questi individui sembra essere più forte delle barriere stesse.
La situazione si fa sempre più complessa quando si considera la vastità del confine tra Finlandia e Russia: 1.340 km che delineano non solo il limite tra i due paesi ma anche il confine esterno dell’Unione Europea.
Secondo i dati della Guardia di frontiera, sono giunti in Finlandia la scorsa settimana circa 300 richiedenti asilo, provenienti principalmente da Iraq, Yemen, Somalia e Siria. Tuttavia, nonostante questo flusso, solo due dei quattro valichi di frontiera regolari consentono attualmente richieste di asilo: Salla e Vartius, più a nord.
La dinamica si è fatta ancora più tesa quando, sabato, 67 persone hanno chiesto asilo al valico di Vartius, anche se un gruppo è arrivato dopo l’orario di chiusura. Il capitano Jouko Kinnunen ha giustificato questa accoglienza come un gesto necessario, affermando che la Russia non avrebbe preso in carico questi individui.
Il Cremlino, d’altra parte, ha denunciato l’azione della Finlandia come un “grande errore” che sta distruggendo le relazioni bilaterali, un’eco dei conflitti passati che hanno caratterizzato le accuse di altri paesi dell’Unione Europea verso la Bielorussia.
È interessante notare che Frontex, l’agenzia di frontiera dell’UE, si è offerta di inviare agenti in Finlandia per aiutare a preservare la frontiera, riconoscendo la criticità della situazione. Questo richiamo all’assistenza esterna riflette l’entità e la serietà della crisi in corso.
Il dibattito politico interno si accende ulteriormente con le parole del ministro delle Finanze Riikka Purra, esponente del partito anti-immigrazione finlandese, pronto a chiudere tutti i punti di passaggio al confine con la Russia, se necessario. Un’indicazione chiara delle tensioni interne e delle posizioni estreme che la situazione sta suscitando nel paese.
In questa battaglia tra politica e umanità, il difensore civico finlandese per la non discriminazione ha sottolineato che Helsinki, in base ai trattati internazionali e alle leggi dell’UE, ha l’obbligo di consentire ai richiedenti asilo di cercare protezione.
Mentre le tensioni geopolitiche si intrecciano con la disperazione umana, la situazione al confine finlandese diventa il palcoscenico di un conflitto dove la politica, la sicurezza nazionale e il diritto internazionale si scontrano con la necessità umana di protezione e dignità.