Chi ha vissuto, anche se per poco, l’esperienza dell’insegnamento, lo sa che l’argomento principale durante le cene tra colleghe e colleghi, quello predominante davanti alla macchina del caffè, quello da cui non si può prescindere, riguarda i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze. Soprattutto quando in una classe si verificano delle situazioni particolari. Chi ha vissuto, anche se per poco, l’esperienza dell’insegnamento, sa benissimo che il tutto è dato da ogni singola parte: se una di esse soffre o vive momenti particolari, se un bambino o una bambina assume atteggiamenti insoliti, se un ragazzo o una ragazza dimostra un qualche tipo di disagio, educatori ed educatrici devono saper leggere, interpretare e comprendere tali stati d’animo e le conseguenti situazioni di squilibrio generale.
Sì, perché in una classe il malessere di una persona, diventa quello di tutti: a tal riguardo, è meraviglioso il paragone tra una classe ed un’orchestra di Pennac. Se uno strumento accelera, rallenta, altera il ritmo della melodia che si sta eseguendo, tutti gli altri ne risentono. E la melodia rischia di perdere tutta la sua armonia. In una classe, dove l’incontro non è tra strumenti musicali, comunque si può parlare di musica e note e stili e generi e ritmi, il discorso, diciamo, è identico. Per questo, oggi, la Didattica pone la sua attenzione ed investe le sue energie proprio nell’ambito che interessa la cura della persona, nella sua totalità: non solo sul piano conoscitivo ma anche (e soprattutto) su quello comportamentale. Tante sono le idee, le proposte, le tesi e le scommesse all’interno della complessa avventura educativa (e la chiamo avventura pensando sia agli educatori e alle educatrici e sia agli educandi e alle educande): tra queste, ancora una ha catturato la mia attenzione.
Siamo a Baltimora, una città statunitense, nello stato del Maryland e siamo in una delle sue scuole. Non una a caso! Ma la Robert W. Coleman: quella in cui la stanza delle punizioni è stata sostituita da quella del rilassamento. Proprio così! I bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze che assumono atteggiamenti insoliti e che dimostrano stati d’animo irrequieti, aggressivi e complessi, vengono accompagnati ed accompagnate in questa aula dove ad aspettarli/le ci sono cuscini soffici, libri, lampade e decorazioni: luci e colori e morbidezze su cui adagiarsi e grazie a cui ritrovare la tranquillità perduta. Perché ogni comportamento insolito proviene da qualcosa di più profondo e di non visibile, perché ogni atteggiamento di sfida, agitato o aggressivo, è solo la punta di un iceberg: il peso importante, è quello che la Persona si porta dentro.
In questa stanza, è possibile sciogliere quel ghiaccio, riscaldare quello spazio congelato, riattivare ciò che il freddo ha bloccato, fermato, spento. Perché il luogo organizzato e preparato ad accogliere Persone, permette loro di rilassarsi, di riflettere e di riordinare le idee spesso confuse ed è finalizzato anche all’insegnamento di tecniche di respirazione e di meditazione. D’altronde, lasciare un bambino o una bambina a fissare un muro bianco o costringerlo, costringerla a leggere un libro non gradito equivalgono a metodi controproducenti e decostruttivi: bisogna insegnare a pensare, a comprendere, a crescere. Ed un modo certamente opportuno è quello di accompagnare i ragazzi e le ragazze dentro se stessi, se stesse, all’interno di quei campi difficilmente esplorabili, i quali spesso nascondono misteri e vicende che inevitabilmente influiscono sulla propria personalità e sulle proprie scelte.
Ascoltandosi, conoscendosi, interrogandosi e correggendosi si può procedere con responsabilità e con coraggio: le due virtù che fanno di una persona, una bella Persona. E la scuola, prima di ogni altro traguardo, deve tendere a questo.
Pensieri e parole di stima, quindi, nei confronti della scuola di Baltimora, in cui un atteggiamento scorretto non comporta una sterile punizione bensì un’ occasione di incontro, prima con se stessi, con se stesse e poi con gli altri, con le altre. Il primo passo verso una delle più ardue ed importanti conquiste: l’autoconsapevolezza e l’autocontrollo.
Benedetta sia la Scuola che riconosce l’importanza di tutto questo e che investe le proprie energie a tal fine.
Che la scuola di Baltimora sia solo la prima…
Deborah Biasco