Fra Azerbaigian e Israele si è costruita nel tempo una cauta intesa fondata sul timore di un nemico comune: l’Iran. Da diversi anni l’arsenale militare azero parla sempre più ebraico e Israele ha silenziosamente sostenuto le ultime campagne del Presidente Aliyev per la riconquista del Nagorno-Karabakh. Inoltre, lo Stato ebraico non ha mai riconosciuto il genocidio del popolo armeno alimentando pericolosamente le aspirazioni imperialiste di Baku nella regione.
Quando si discute di Azerbaijan e di conflitto con l’Armenia si è soliti fare riferimento alla Turchia e alla Russia ma non si parla mai del ruolo rilevante svolto dallo stato ebraico. Eppure, negli ultimi anni, proprio fra Azerbaigian e Israele si è andata rafforzando una cauta intesa alimentata soprattutto dal timore di un nemico comune: l’Iran.
Le relazioni tra i due Paesi risalgono al 1991 quando l’Azerbaigian ottenne la sua indipendenza in seguito alla caduta dell’Unione sovietica. Ma è dall’inizio del nuovo millennio che i rapporti tra Tel Aviv e Baku hanno subìto un innalzamento di livello. Negli anni, lo Stato ebraico ha iniziato a rifornire l’arsenale militare azero di armamenti per svariati miliardi di dollari e in cambio, l’ex repubblica sovietica ha assicurato a Tel Aviv il petrolio necessario a soddisfare la propria domanda interna come dimostrano i report dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OEC) secondo cui nel 2021 il 65% delle forniture di greggio israeliane proveniva proprio da Baku.
Ma il governo azero si è spinto anche oltre, autorizzando lo Stato Israeliano a stabilire sul proprio territorio un’importantissima infrastruttura militare di intelligence sotto la guida del servizio segreto esterno (Mossad) in funzione anti-iraniana. E dopo trent’anni di relazioni diplomatiche non ufficiali tra i due alleati, l’Azerbaijan ha aperto il 29 marzo 2023 la propria ambasciata a Tel-Aviv, diventando il primo Paese sciita a vantare una rappresentanza diplomatica in Israele.
La stessa decisione di Israele di continuare ad armare l’esercito azero anche nei frenetici giorni precedenti il blitzkrieg lanciato da Baku il 19 settembre sulla regione del Nagorno-Karabakh per riportare l’enclave etnica armena sotto il proprio controllo, mentre i governi occidentali e la Russia tentavano una mediazione diplomatica per evitare il conflitto, s’inserisce perfettamente all’interno di questa complessa cooperazione con Baku.
L’intesa nelle relazioni non soltanto diplomatiche ma anche militari, commerciali e strategiche tra i due Paesi è stata ben sintetizzata dal Presidente azero Ilham Aliyev che ha paragonato i rapporti tra Baku e lo Stato ebraico a un iceberg di cui solo la punta è visibile mentre il resto è nascosto sotto la superficie del mare.
Gli interessi di Israele nella regione del Caucaso
Curiosamente, pur essendo l’Azerbaigian una ex repubblica sovietica, è interessante notare come non sia la Russia a ricoprire la prima posizione nella classifica del commercio di prodotti bellici e tecnologia militare con Baku. Stando ai dati raccolti dall’Institute for War and Peace reporting, tra il 2015 e il 2019, la principale fonte di acquisti medi annuali di armi del governo azero è stata proprio Israele con una percentuale del 60%.
E la collaborazione sul piano militare tra i due paesi si è spinta oltre le consuete operazioni di acquisto; riconoscendo il valore strategico degli armamenti forniti da Israele (in particolare droni tattici) l’Azerbaigian ha infatti deciso di produrli localmente avviando una joint venture tra il suo Ministero dell’Industria e della Difesa e la società israeliana Aeronautics Defense Systems.
Secondo una stima dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI) tra il 2006 e il 2019 Israele ha rifornito l’Azerbaigian per un totale di 825 milioni di dollari di armi. Le forniture militari rappresentano soltanto la punta dell’iceberg nei rapporti azero-israeliani poiché sotto la superficie ci sono contratti faraonici che sono serviti a finanziare la sanguinosa guerra di conquista scatenata da Baku contro il popolo armeno.
Nel corso degli anni, aziende israeliane leader nel settore della difesa e dell’intelligence (Elbit Systems e Israel Aerospace) hanno fornito al regime azero persino strumenti informatici utili a reprimere il dissenso interno, in forte crescita nell’ex repubblica sovietica, anche a causa del conflitto nel Nagorno-Karabach.
Il nodo armeno
Per quanto il settore militare rappresenti il fulcro intorno al quale ruotano le relazioni e gli affari tra Israele e Azerbaigian, la cooperazione tra i due Paesi si estende anche ai progetti economici. Sono, infatti, diverse le aziende israeliane che partecipano a progetti di ricostruzione nelle “aree liberate” del Nagorno-Karabakh condividendo la posizione ufficiale dello Stato ebraico che ancora oggi non riconosce il genocidio armeno; atteggiamento ribadito con forza nel 2001 anche dall’allora Ministro degli Esteri di Israele, Shimon Peres che definì la tragedia del popolo armeno “priva di significato”.
Negli anni successivi all’indipendenza dell’Armenia, la questione è diventata oggetto di un acceso dibattito che ha coinvolto direttamente l’opinione pubblica israeliana da sempre vicina alle sofferenze patite dal popolo armeno. Ma pur essendo presente in Israele un nutrito gruppo di rappresentati della comunità armena, lo Stato ebraico non ha mai ceduto sulla questione, sostanzialmente per due motivi: innanzitutto, per evitare di danneggiare le relazioni diplomatiche e commerciali con l’altro grande attore regionale, la Turchia da sempre in guerra con gli armeni; e poi, perché Israele non è minimamente disposto a condividere il dramma dell’Olocausto con altri popoli ma punta a conservarne gelosamente l’unicità agli occhi del mondo.
Nel 2020, l‘Armenia aveva persino ritirato il suo ambasciatore a Tel Aviv chiedendo ufficialmente a Israele di interrompere la vendita di armi a Baku, ma il governo israeliano aveva naturalmente ignorato le richieste armene continuando a fornire sostegno militare all’Azerbaigian.
Una stretta cooperazione in chiave anti-Iran
Nel corso degli anni, il Presidente Aliyev ha saputo costruire un nuovo ed efficace equilibrio di potenze nel Caucaso, sancendo l’ascesa dell’Azerbaigian nella regione. Tuttavia, le mire espansionistiche di Baku hanno incrociato più volte il cammino di un’altra potenza in cerca di espansione: l’Iran, alleato del popolo armeno e nemico esistenziale d’Israele.
E sebbene nella Repubblica degli Ayatollah viva una popolazione azera stimata tra i 12 e i 20 milioni di persone, ben più che nello stesso stato dell’Azerbaigian, Baku ha sempre guardato con sospetto all’influenza esercitata da Teheran nella regione del Caucaso, ritenendo vantaggioso un rafforzamento della cooperazione strategica con Israele in esplicita funzione anti-iraniana.
A rafforzare la prolifica collaborazione tra i due Paesi ha contribuito anche la fiorente comunità ebraica azera, erede dei locali ebrei Juhuro caucasici e degli aschenaziti provenienti dai territori europei dell’Impero russo. Negli anni, il regime di Aliyev si è premurato di mantenere buoni rapporti con gli ebrei presenti nel suo territorio tendendo più di una mano alla politica filo-azera di Netanyahu, il quale ha a sua volta ribadito mediaticamente la necessità di estendere la protezione dello Stato d’Israele anche alla comunità ebraica azera minacciata dall’Iran.
Il supporto militare fornito da Israele alla vittoria dell’Azerbaijan nella guerra lampo dell’Artsakh ha confermato pienamente questa tendenza. Schierandosi con Bakue contro gli armeni, Tel Aviv ha ribadito l’applicazione di principio determinante alla base della propria dottrina politica estera: porre lo sguardo oltre il proprio “estero vicino” nel tentativo di influenzare tutte le principali potenze regionali e inviare un messaggio esplicito direttamente a Teheran.
Tommaso Di Caprio