Nella società moderna, esiste una normalizzazione nascosta dietro alla violenza di genere, un tema complesso e delicato che spesso sfugge alla comprensione di molti. Questo fenomeno insidioso si cela dietro le parole e le azioni quotidiane, rendendo difficile individuarlo e affrontarlo in modo efficace. La normalizzazione della violenza di genere si traduce in atteggiamenti e comportamenti che minimizzano o giustificano gli atti violenti, alimentando un circolo vizioso che perpetua questa realtà tragica.
Il discorso sulla violenza di genere si sviluppa come una intricata rete di parole, un linguaggio sempre più complesso e stratificato che a volte può sembrare respingente per la sua oscurità. Di recente, un sondaggio condotto da Quorum/YouTrend ha rivelato quanto sia diffusa la confusione riguardo alla definizione di “femminicidio”. Sorprendentemente, la maggioranza delle persone coinvolte nel campione sembra non avere una chiara comprensione di questo termine, associandolo erroneamente al genere della vittima piuttosto che al motivo che ha causato l’omicidio.
La complessità di questo linguaggio è senza dubbio una sfida, in parte dovuta al fatto che il termine “femminicidio” è stato introdotto nel nostro vocabolario senza una spiegazione esaustiva. La somiglianza fonetica con la parola “omicidio”, condividendo radice e formazione, può facilmente trarre in inganno. Non sorprende, quindi, che molte persone ritengano che non sia necessario considerarlo un reato autonomo, poiché la legge dovrebbe trattare tutti gli omicidi allo stesso modo, indipendentemente dal genere della vittima. Tuttavia, la separazione del femminicidio dall’omicidio potrebbe essere un passo cruciale per riconoscere la violenza di genere come una manifestazione specifica della violenza maschile. Questo potrebbe, inoltre, aiutarci ad affrontare il problema alle sue radici, anziché nasconderci dietro una retorica vuota che permette agli uomini di sentirsi esenti da responsabilità anche quando sono direttamente coinvolti. In fondo, chi commette atti violenti è sempre “l’altro”.
Leggi anche “Femminicidio e arte: giusto rimuovere l’opera di un assassino?”
Allo stesso modo, i termini “normalizzare” e “normalizzazione” sono spesso utilizzati nel contesto della violenza di genere senza che venga pienamente compreso il loro significato profondo. Pertanto, è fondamentale gettare luce su questi concetti prima di applicarli alle nostre vite quotidiane.
Il verbo “normalizzare” implica “rendere conforme a una norma” qualcosa, facendolo diventare parte integrante della routine. Questa azione presuppone il processo di rimozione del carattere straordinario o inusuale da un concetto, un evento o un aspetto dell’umanità. Interessante notare che questo termine viene spesso utilizzato in senso positivo per indicare come alcuni aspetti della società contemporanea abbiano reso “normale” il trattamento delle questioni legate all’orientamento sessuale, inclusi personaggi LGBTQ nei media che semplicemente vivono la loro vita, al di là delle etichette sessuali.
Nella vita delle donne, purtroppo, la violenza è una presenza costante. Può manifestarsi sotto forma di minacce, aggressioni o sotterfugi, e spesso le donne si trovano a utilizzare diverse strategie per proteggersi. L’ansia che molte donne provano quando si trovano da sole in luoghi isolati è un esempio tangibile di questa realtà. Il timore che qualcuno possa aggredirle senza testimoni è una paura profondamente radicata. Questo spiega perché molte donne chiedano di essere accompagnate quando devono andare al bagno in luoghi pubblici. Gli scherzi su questo tema non sono mai davvero divertenti quando si è costantemente consapevoli della propria vulnerabilità.
In effetti, potremmo dire che la violenza, e le strategie elaborate per proteggersi da essa, sono diventate la “nuova normalità” nella vita delle donne. Tuttavia, questa normalizzazione non dovrebbe essere accettata con rassegnazione. Non dovremmo mai considerare normale vivere in uno stato di allerta costante, rinunciando alla nostra libertà in cambio di una presunta protezione.
D’altro canto, la normalizzazione raggiunge il suo apice quando gli uomini reagiscono alle denunce di molestie, aggressioni o violenze con indifferenza, sottolineando che è impossibile prevedere chi potrebbe essere un potenziale aggressore. Questo atteggiamento trasmette alle donne un messaggio spaventoso: ogni uomo potrebbe rappresentare una minaccia, senza eccezioni. La vera differenza risiede nelle intenzioni, nell’educazione e nelle opportunità, ma troppo spesso anche nell’assoluta certezza di poter sfuggire alle conseguenze legali. Questo è un altro esempio di normalizzazione, che si manifesta quando ciò che suscita fastidio non è tanto l’atto di violenza in sé, ma piuttosto il racconto di esso. Questo atteggiamento minimizza l’importanza del problema e cerca di assolvere gli aggressori.
Molte cose dovrebbero essere considerate normali, come l’amore indipendentemente dal genere, l’identificazione di genere, la famiglia basata sull’affinità personale piuttosto che sul sangue. Tuttavia, la violenza di genere non può e non deve mai essere considerata normale. Dobbiamo combatterla con determinazione, rifiutandoci di accettarla o trattarla come qualcosa di comune. Solo allora potremo sperare di porre fine a questa triste realtà.