Il caso Agostino-Castelluccio ha attirato l’attenzione del pubblico e degli esperti di giustizia per la sua complessità e i numerosi elementi oscuri che lo hanno circondato. La storia di un agente di polizia e sua moglie incinta uccisi a sangue freddo, connessa a rapporti oscuri tra la mafia e alcune figure delle istituzioni, ha alimentato un interesse costante nel corso degli anni. La lotta per giungere alla verità e ottenere giustizia è stata caratterizzata da ostacoli, depistaggi e segreti ben custoditi, rendendo il caso Agostino-Castelluccio un rompicapo intrigante che ha sfidato gli sforzi degli investigatori e delle autorità giudiziarie. La recente svolta giudiziaria rappresenta un importante passo avanti verso il chiarimento di questo intricato caso e offre speranza per una conclusione adeguata e la tanto attesa giustizia per le vittime e le loro famiglie.
Sono passati 32 anni da quella tragica notte del 5 agosto 1989, quando l’agente Nino Agostino e sua moglie incinta, Giovanna Ida Castelluccio, furono brutalmente uccisi davanti alla loro casa estiva a Villagrazia di Carini. La svolta giudiziaria, tanto attesa e agognata, è finalmente arrivata il 19 marzo 2021, giorno della festa del papà, regalando a Vincenzo Agostino, il padre di Nino, un dono tardo e amaro. Il giudice Alfredo Montalto del tribunale di Palermo ha inflitto l’ergastolo a Nino Madonia, accusato di duplice omicidio aggravato, che aveva scelto il rito abbreviato, e questa sentenza è stata confermata in appello lo scorso 5 ottobre.
Tuttavia, il cammino verso la giustizia è ancora lungo per gli altri due imputati. Gaetano Scotto, il boss dell’Arenella, accusato anch’esso di duplice omicidio aggravato, e Francesco Paolo Rizzuto, amico di Nino Agostino e accusato di favoreggiamento, hanno optato per il rito ordinario. La loro udienza si svolgerà davanti alla Corte di assise presieduta da Sergio Gulotta, con tre date cruciali per le discussioni: la prima si è svolta in data 16 ottobre, la seconda avverrà il 9 novembre e, l’ultima, il prossimo 24 novembre.
Augusta Schiera, madre dell’agente Nino Agostino, non ha avuto la possibilità di assistere a questo primo passo verso la verità. È scomparsa all’età di 80 anni il 28 febbraio 2019, ma sulla sua lapide ha voluto lasciare un messaggio indelebile: “Qui giace Augusta Schiera, mamma dell’agente Nino Agostino, una donna in attesa di verità e giustizia anche dopo la morte“. Il percorso che ha portato a questa svolta giudiziaria è stato tortuoso e pieno di ostacoli.
Nel luglio del 2020, durante un caldissimo giorno estivo, è giunta la richiesta della procura generale di Palermo di riaprire il caso. Il 10 settembre dello stesso anno, l’udienza preliminare è iniziata sotto la guida del giudice Alfredo Montalto. L’atto d’accusa della procura generale ha sottolineato la “peculiare complessità” del caso, in quanto si è svolto nel torbido terreno di relazioni oscure tra esponenti di spicco di Cosa Nostra e alcune figure infedeli delle istituzioni.
La notte del delitto, due killer a bordo di una moto di grossa cilindrata hanno sparato contro l’agente Antonino Agostino e sua moglie incinta, uccidendoli istantaneamente. Da quel momento, il padre dell’agente, Vincenzo Agostino, ha scelto di non tagliarsi mai più la sua lunga barba bianca, simbolo della sua attesa per la verità e la giustizia.
Fin dall’inizio, le indagini sono state estremamente complesse, con alcune anomalie evidenti. In primo luogo, mancava un movente plausibile. Nino Agostino sembrava essere un semplice agente delle Volanti del commissariato di Palermo – San Lorenzo, senza alcuna attività investigativa rilevante o incarichi sensibili. Tuttavia, la procura ha scoperto che Agostino aveva svolto “mansioni coperte” al di fuori dei suoi compiti ufficiali, lavorando con esponenti di spicco dei Servizi di sicurezza per la cattura di latitanti di mafia.
Le indagini sono state ulteriormente ostacolate dalla distruzione di documenti essenziali che avrebbero potuto chiarire la causa dell’omicidio. Inoltre, l’indagine è stata rallentata dalla reticenza iniziale di persone coinvolte nella segreta operatività di Agostino all’interno di una struttura di intelligence. Anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sono state assenti, indicando il rigido regime di segretezza che avvolgeva la vita e le ragioni dell’uccisione di Agostino.
La procura generale di Palermo ha ricostruito il puzzle basandosi sulle indagini della Dia e sulle nuove testimonianze di collaboratori di giustizia. È emerso che Agostino faceva parte di una struttura di intelligence coinvolta in relazioni oscure tra figure infedeli delle istituzioni e Cosa Nostra. Agostino aveva scoperto le vere finalità di questa struttura prima della sua morte.
La causa dell’omicidio di Agostino è stata duplice. In primo luogo, Agostino è stato ucciso perché aveva rivelato informazioni sulle attività di Cosa Nostra che coinvolgevano esponenti delle istituzioni. Inoltre, Agostino era un ostacolo per le azioni di Riina contro gli “spioni” all’interno di Cosa Nostra. La caccia agli spioni era iniziata, e Agostino era uno di quelli destinati a essere eliminati.
Il cammino verso la verità e la giustizia è stato lungo e tortuoso, con indagini mancate e ripetuti tentativi di depistare le autorità. Ma ora, finalmente, la luce della giustizia sembra brillare all’orizzonte, portando speranza per una chiusura adeguata di questa dolorosa vicenda.