Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
Nessuno difende gli armeni nella loro lotta per il Nagorno-Karabakh, che, deboli e senza risorse, non possono contrastare l’Azerbaigian, che possiede ricche riserve di petrolio e gas. La comunità internazionale, impegnata nell’energia azera, resta in gran parte silenziosa. Gli armeni hanno sperato in un aiuto russo, ma Putin è limitato dagli impegni in Ucraina e dalla necessità di buoni rapporti con la Turchia, sponsor dell’Azerbaigian.
Gli armeni, sconfitti sul piano militare e senza sponsor disposti ad appoggiarli, stanno abbandonando in massa il Nagorno-Karabakh (Artsakh in armeno). La lunga colonna di profughi rammenta purtroppo il genocidio armeno del secolo scorso ad opera dei turchi, anche se si spera che le organizzazioni internazionali come l’Onu riescano a impedire massacri.
In realtà la piccola Armenia, debole militarmente e povera di ricchezze naturali, non è in grado di contrastare l’Azerbaigian, che possiede giacimenti enormi di petrolio e gas naturale. Molti armeni (inclusi dei bambini) hanno già perso la vita, e sono stati uccisi dall’esercito azero pure alcuni soldati russi della (inutile) forza d’interposizione. Baku si è scusata per l’incidente, ma Putin non ha mosso ciglio.
Il fatto è che del gas e petrolio azeri tutti hanno bisogno. In particolare l’Europa che, con le sanzioni dovute all’invasione dell’Ucraina, deve rinunciare ai tradizionali rifornimenti russi. Non a caso, la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, è andata a Baku per firmare un accordo che garantisce i rifornimenti azeri. L’Armenia al contrario, con la sua storia tragica, non ha nulla da offrire.
Occorre notare che gli armeni hanno forse peccato di ingenuità. Si sono fidati troppo dei russi che, finora, li avevano sempre difesi. Hanno scordato che Vladimir Putin, impantanato in Ucraina, non ha truppe da inviare nel Caucaso. E probabilmente non vuole neppure farlo, giacché ha bisogno di mantenere buoni rapporti con il leader turco Erdogan, grande sponsor dell’Azerbaigian. Turchi e azeri, giova ricordarlo, sono molto affini tanto dal punto di vista etnico quanto da quello linguistico.
Gli armeni sono invece isolati. La loro è una delle comunità cristiane più antiche del mondo, e ha sempre dovuto combattere per preservare la propria identità, trovandosi circondata da nazioni islamiche, tanto sunnite quanto sciite.
Stupisce comunque la mancanza di reazioni da parte occidentale. Gli Stati Uniti hanno di recente condotto esercitazioni militari congiunte con l’esercito armeno. Molti osservatori sostengono che questa è stata una delle cause scatenanti della crisi. Putin l’ha infatti giudicata una provocazione in un’area che giudica di sua competenza anche se, per i motivi anzidetti, non è in grado si aiutare l’Armenia.
Totale anche il silenzio dell’Europa, che ha invece fatto fuoco e fiamme per l’invasione russa dell’Ucraina. Vi sono state vibrate proteste solo in Francia, meta tradizionale dei profughi armeni. Ma a protestare sono stati più gli intellettuali che le autorità.
Come dianzi dicevo, è auspicabile che non si verifichino massacri, anche se ai pogrom gli armeni sono abituati da secoli. E’ chiaro, comunque, che il vero vincitore è la Turchia di Erdogan che agli azeri ha fornito tutto l’appoggio possibile. Perdenti sono invece Putin, che vede diminuire ulteriormente l’influenza russa nel Caucaso, e poi l’Occidente che non ha mosso un dito per impedire l’annessione azera del Nagorno-Karabakh.