Durante la settimana della moda a Milano ci sono i giornalisti che devono andare alle sfilate, quelli invitati alle sfilate, e quelli che si imbucano alle sfilate. I più divertenti ovviamente sono gli “imbucati”, vestiti come se dovessero calcare il red carpet con look stravaganti e a volte improponibili, ma sempre più tirati degli invitati o degli addetti ai lavori. Quelli che ti vengono vicino mentre stai aspettando davanti all’entrata i tuoi amici e ti chiedono “Ma tu hai l’invito d’oro o sai se c’è anche la lista?” tu li guardi un po’ sorniona e con un lieve filo di crudeltà gli suggerisci “che sì forse c’è anche la lista” e così li vedi correre in un salto ad ostacoli viventi verso l’entrata cercando di andare a imbucarsi come attori consumati inventandosi di essere in una fantomatica lista che magari nemmeno esiste. La mia personale settimana della moda è iniziata ufficialmente così, con un’imbucata alta un metro e ottanta vestita da gran festa, mercoledì sera, quando sono stata invitata al solito show-sfilata di Philipp Plein. Gli addetti ai lavori ormai stanchi di tutto, e che vedono solo degli stracci nei vestiti, ritengono la sfilata di Plein un Circo Trash. Io lo ritengo uno spettacolo per gli occhi. Credo che Plein faccia arte più che moda. I suoi sono veri e propri show che forse Milano non meritava, infatti alla fine della sfilata “Philipp, l’uomo senza applausi” ha ringraziato tutti con molta eleganza e dato l’addio alla scena milanese, dal prossima stagione sfilerà a NY. Ed è giusto così. I suoi show non sono per Milano. Quella Milano fredda che cercava sempre di imbucarsi per vedere la star canterina di turno , e soprattutto per l’after party dove si beveva e gozzovigliava a scrocco cercando d’imbarcarsi la modella o il modello di turno, ma che non applaudiva mai alle sue creazioni o al grande sforzo economico per metterli in piedi. Una Milano ipocrita e invidiosa del denaro di famiglia di Plein. “Philipp Plein tedesco ricco di famiglia che un giorno si è inventato stilista” così lo apostrofano i soliti ben informati. Plein che comunque quest’anno ha regalato una splendida Fergie a reppare a bordo di una Cadillac all’inizio della sfilata in una citta’ ricostruita all’interno di un padiglione dell’ex quartiere fieristico che assomigliava al set del film The Truman Show, con tanto di gigantesca giostra del calcio in culo dove tutte le modelle sono volate nell’aria alla fine della sfilata. Per non parlare di una guest star come Paris Hilton, sua cara amica, che ha sfilato con grande classe volando dall’America solo per lui. E allora che sia l’America, dove di sicuro verrà applaudito, ad ammirare i suoi prossimi show-sfilata. L’unico mistero di tutta la serata è stata la liberatoria che bisognava accettare prima di entrare, e il fumo all’odore di canapa che è uscito ad un certo punto verso il gran finale con tanto di banda in rosso vestita e pennacchi. La cosa più divertente è che tutti hanno iniziato a bisbigliare che fosse Marijuana, che ovviamente non era, era solo canapa.
Essendo nata nel mondo della moda, amo molto il made in Italy. Amo vedere quello che gli italiani possono portare nel mondo. Soprattutto ho amato Armani, un vero italiano. Sempre fedele a se stesso. Linee pulite, androgine ma femminili nello stesso tempo. Un occhio di riguardo l’ho anche per la snob Gregis che invita sempre pochissime persone alle sue sfilate che si tengono immancabilmente all’interno della suggestiva cornice dell’Oratorio della Passione della Basilica di Sant Ambrogio. Fa sempre sfilare come modella d’eccezione l’intramontabile Benedetta Barzini, indossatrice senza tempo e senza età. La Gregis ha proposto i suoi abiti in stile agreste che potrebbero ricordare il film Mediterraneo di Salvatores. Forme ampie, over, che stanno bene anche a chi non ha un fisico filiforme, finalmente.
“La moda cambia, ma lo stile resta, e io chiedo solo di essere imitata. Sarebbe la prova migliore del mio successo.” Dice una stupenda Audrey Tautou interpretando Coco Chanel in una celebre battuta del film Coco avant Chanel. Ma quest’anno è stato quasi tutto un riproporre ed un imitare, un andare per archivio di altri prima di loro o ricopiando se stessi. Chanel ne sarebbe stata entusiasta. In nessuno c’è stata però la parola innovazione. L’innovazione si è estinta con gli ultimi eroi della scuola d’Anversa. Dopodiché ci sono stati dei bei vestiti ma non si può parlare di novità. Tra questi i miei preferiti sono sempre Marras e Marni. La più furba di tutte , come sempre, la Signora Miuccia Prada che ha fatto sfilare solo 22 capi ma che ha aggirato l’ ostacolo di una scarna collezione con dei maxi schermi che hanno un po’ disorientato tutti, che alla fine guardavano gli schermi e non la passerella. Ma tanto chi detta legge è sempre e solo lei: Miuccia, che come in una canzone di Rovazzi “Andiamo a comandare”.