Nel blu incantato delle nostre acque si cela una minaccia inaspettata: il granchio blu. Questo affascinante ma invasivo ospite proveniente dalle coste atlantiche americane sta gettando un’ombra di incertezza sul delicato equilibrio marino.
Il Granchio Blu (Callinectes sapidus), riconoscibile per il suo largo carapace fino a 20 cm di colore bruno-verdastro con macchie biancastre e lunghe chele blu, ha trovato la sua strada nel Mar Mediterraneo come specie aliena invasiva. Originario delle coste Atlantiche dell’America, è stato rilevato per la prima volta nel Mediterraneo nel 1949. Negli ultimi anni, ha proliferato soprattutto nelle acque adriatiche, in prossimità di lagune ed estuari.
La Toscana non è stata risparmiata da questo fenomeno, con una diffusione particolarmente evidente lungo le coste della Maremma. Recentemente, si è verificato un aumento significativo degli esemplari, soprattutto nella Laguna di Orbetello, ma anche in luoghi come Burano la sua presenza è ormai intensa. I granchi blu sono stati ritrovati in numerose località, dalle Secche di Vada a Marina di Pisa, dalla Foce dell’Arno all’Isola d’Elba.
Questa specie invasiva ha trovato un terreno fertile grazie ai cambiamenti climatici e al riscaldamento delle acque, che hanno reso l’ambiente mediterraneo più favorevole alla sua sopravvivenza e proliferazione.
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Si tratta di un predatore vorace, con una dieta che comprende gasteropodi, bivalvi, crostacei e occasionalmente piccoli pesci, vermi e meduse. Questa aggressiva specie aliena può causare danni agli ecosistemi marini, competendo con altre specie per risorse e spazio. La sua elevata fecondità e la capacità natatoria la rendono particolarmente adattabile, consentendole di avere un notevole successo riproduttivo, come dimostrato dalla presenza massiccia registrata nella Laguna di Orbetello.
Oltre a minacciare la biodiversità marina, la presenza del granchio blu ha impatti anche sulla pesca e sulle attività produttive. La pesca subisce danni agli attrezzi, come reti e nasse, e la sua voracità può ridurre le risorse necessarie allo sviluppo delle specie ittiche. Gli allevamenti risentono di una diminuzione del novellame e delle materie prime necessarie alla crescita delle specie marine.
La lotta contro questa minaccia rappresenta una sfida importante per l’Italia. Mentre l’eradicazione totale potrebbe essere difficile, la riduzione del numero di esemplari può contribuire a preservare la biodiversità marina. Gli studi dell’Università di Siena sulle caratteristiche organolettiche e tossicologiche delle carni del granchio blu aprono la strada a possibili soluzioni, come l’utilizzo della specie come alimento.
ARPAT, nel quadro della Direttiva europea sulla Marine Strategy, sta monitorando le specie non indigene, compresi i granchi blu. Tale monitoraggio, effettuato nei porti di Piombino e Livorno, contribuisce alla comprensione di questa problematica. Al momento, le nasse utilizzate per la raccolta degli organismi bentonici non hanno registrato la cattura di questa specie invasiva, ma la sorveglianza continua per contrastare l’espansione di questa minaccia marina.