Si è tenuta ieri a Roma, presso il Ministero degli Affari Esteri, la prima Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni. Al summit hanno partecipato i leader degli Stati della sponda Sud del Mediterraneo allargato, del Golfo Persico e alcuni partner del Sahel e del Corno d’Africa. Presenti anche i vertici delle Istituzioni europee e finanziarie internazionali. Per la premier Giorgia Meloni l’iniziativa alla Farnesina apre una fase nuova nei rapporti tra l’Europa e i Paesi africani.
“Avviare un percorso internazionale per attuare misure concrete per la crescita e lo sviluppo del Mediterraneo allargato e l’Africa”. E’ a partire da questo tema che si sono sviluppati i tavoli di lavoro della prima Conferenza internazionale su Sviluppo e Migrazioni, svoltasi nella giornata di ieri a Roma.
L’evento, fortemente voluto dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni, si è svolto in un momento piuttosto delicato sul fronte immigrazione per l’Italia. Solo negli ultimi sette giorni a Lampedusa sono arrivate 9mila persone, più di un migliaio ogni 24 ore. La situazione sull’isola è critica e il Ministero dell’Interno sta lavorando da diversi giorni per “svuotare” il centro di accoglienza.
Nelle intenzioni di Meloni, la Conferenza di ieri si pone in piena continuità con il Piano Mattei poiché rappresenta un’altra occasione per l’Italia di rafforzare il proprio ruolo strategico al centro del mediterraneo.
Gli obiettivi della conferenza
L’iniziativa di politica estera organizzata alla Farnesina, che arriva dopo la conferenza di Trieste sui Balcani e quella sulla ricostruzione dell’Ucraina, mira a rafforzare la strategia italiana nel mediterraneo per affrontare le emergenze migratorie secondo un approccio integrato.
La stessa presenza alla Conferenza della presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen insieme ai rappresentanti di alcune delle principali istituzioni finanziarie internazionali (FMI e FAO) era finalizzata ad accrescere la fiducia dei Paesi coinvolti.
Nel corso del summit, l’UE e l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), si sono impegnati, almeno sulla carta, a creare le condizioni per la realizzazione di un partenariato tra pari e di lungo periodo, fondato sulla solidarietà fra le Nazioni dell’area del MENA (Middle East and North Africa) e quelle europee.
Ma, al di là dei soliti proclami ufficiali, è bene tenere presente che per il governo Meloni e l’Ue, il problema migratorio resta sostanzialmente una questione di sicurezza nazionale.
Dimostrazione ne è il fatto che nel manifesto programmatico della Conferenza di Roma, il tema delle migrazioni sia stato posto in stretta connessione con la valorizzazione delle enormi risorse energetiche del Nord Africa.
I piani del governo Italiano per l’Africa
Nel corso del suo intervento, il presidente Meloni ha precisato che l‘Italia non avrà un ruolo astratto nella stabilizzazione delle relazioni tra l’Europa e i Paesi del Nord Africa, aggiungendo che “l’immigrazione illegale danneggia tutti i paesi” e che i confini esistono e vanno salvaguardati.
Per il governo italiano la priorità resta quella di trovare una soluzione efficace e di lungo periodo a un problema enorme, rappresentato dalle crescenti pressioni migratorie dall’Africa subsahariana attraverso la Libia e la Tunisia. Durante i vertici bilaterali tenuti da Meloni a margine della Conferenza, il presidente del consiglio italiano ha cercato di tradurre sul piano della fattibilità politica l’approccio congiunto di Roma e Bruxelles nella lotta ai trafficanti di esseri umani, rappresentato sostanzialmente dal modello dei partenariati strategici tra Paesi europei e Nord Africani sul modello di quello raggiunto tra Tunisia e Ue.
Ad oggi, però, la strategia adottata da Bruxelles, che per Meloni rappresenta un punto di riferimento nella futura realizzazione di “rapporti tra pari” con i Paesi del Nord Africa, non sembrerebbe aver portato cambiamenti significativi nella lotta all’immigrazione illegale. I dati riguardanti gli sbarchi dell’ultima settimana in Italia sono eloquenti: a Lampedusa sono arrivate più di 9mila persone, una media di oltre un migliaio al giorno.
Le relazioni pericolose con la Tunisia di Saïed
Con il modello dei partenariati strategici, l’Ue ha sostanzialmente appaltato la gestione delle rotte migratorie a Paesi caratterizzati da una forte instabilità politica e governati da regimi autoritari, preferendo nascondere la testa sotto la sabbia e comprando il silenzio di personaggi come il presidente tunisino Kaïs Saïed che nel corso della Conferenza di Roma ha abilmente svestito i panni del despota per diventare il paladino dei deboli.
Oltretutto, nel caso specifico del Memorandum con la Tunisia, le autorità locali hanno già fatto sapere chiaramente ai partners europei che non intendono diventare un Paese che fa da centro di accoglienza per i migranti irregolari che vengono rimpatriati da tutta Europa.
Cosa aspettarsi in concreto dalla Conferenza di Roma
Nel documento finale, redatto a margine dei lavori della Conferenza si legge quanto segue: “Considerando l’elevata rilevanza delle questioni discusse oggi, i partecipanti hanno concordato che queste conclusioni saranno trasmesse al Segretario Generale delle Nazioni Unite e ad altre organizzazioni e istituzioni internazionali e regionali pertinenti”.
Tradotto nel linguaggio spicciolo della realpolitik significa che le cose per il momento resteranno esattamente come sono. Sul piano strettamente strategico il peso delle Nazioni Unite è pressoché nullo mentre l’assenza di partners importanti come Francia e Germania non è cosa da poco e soprattutto non può essere riconducibile soltanto al fatto che i due Paesi non siano territori di primo approdo dei migranti, come osservato dal ministro degli esteri italiano Antonio Tajani.
I temi dell’approvvigionamento energetico e delle relazioni con l’Africa, in funzione anti-cinese e russa, rappresentano la principale sfida per il futuro dell’Ue; ma definire una strategia efficace su questioni così complesse richiede una visione sistemica, attuabile soltanto con il coinvolgimento di tutti gli attori europei e atlantici.
Sicuramente, sul piano internazionale resta comunque apprezzabile il tentativo del governo Meloni di provare a rilanciare la centralità dell’Italia nell’area del Mediterraneo, così come non è da sottovalutare la buona intesa tra il Presidente del Consiglio e Ursula von der Leyen. Tuttavia, immaginare un Mediterraneo a trazione europea senza l’appoggio di Parigi e Berlino sarebbe pura utopia poiché rischierebbe di far naufragare definitivamente la “Campagna d’Africa” di Meloni, ancor prima che questa entri nel vivo.
Tommaso Di Caprio