Il database dell’ONU, recentemente pubblicato, rivela coinvolgimento di aziende negli insediamenti nei territori palestinesi occupati, suscitando crescente preoccupazione riguardo alle gravi conseguenze sui diritti umani del popolo palestinese. Questa iniziativa investigativa mira a sensibilizzare la comunità internazionale sull’occupazione illegittima da parte di Israele e sulla necessità di affrontare la crisi umanitaria in corso.
A fine giugno, l’Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite ha divulgato un aggiornamento cruciale del database delle imprese coinvolte negli insediamenti nei Territori palestinesi occupati, incluso Gerusalemme Est. Questa iniziativa dell’ONU mira a far luce sulle terribili ripercussioni che queste attività hanno sulla vita del popolo palestinese, mettendo in discussione i loro diritti civili, politici, economici, sociali e culturali. Per oltre 50 anni, il popolo palestinese ha subito un’occupazione illegale da parte di Israele, con conseguenze devastanti caratterizzate da conflitti, violenze e sistematiche violazioni dei diritti umani.
L’elenco che rivela il coinvolgimento di aziende negli insediamenti nei territori palestinesi è nato nel 2016 come risposta al rapporto del 2013 sulla questione degli insediamenti israeliani. Secondo il diritto internazionale, questi insediamenti sono chiaramente illegittimi e contrastano con le norme convenzionali e consuetudinarie. Tuttavia, il rapporto non si propone di emettere giudizi legali o avvisi giuridicamente vincolanti, ma cerca piuttosto di promuovere la trasparenza e il dialogo con gli Stati coinvolti.
Il database, pubblicato nel 2020, ha identificato 112 aziende coinvolte; ma dopo tre anni di indagini, risorse limitate e difficoltà di comunicazione tra l’Alto commissario e le aziende, solo 15 di esse sono state rimosse dall’elenco. L’inchiesta internazionale ha esaminato attentamente le attività di queste imprese secondo parametri forniti dal Consiglio per i diritti umani, rivelando il coinvolgimento di alcune di esse nell’utilizzo delle risorse naturali dei Territori a fini commerciali, nella fornitura di materiali per l’espansione degli insediamenti e la costruzione di muri e checkpoint. Inoltre, sono state prese in considerazione le attrezzature utilizzate per la distruzione di case, fattorie e colture, nonché il controllo dei mercati finanziari ed economici palestinesi, che ha portato a svantaggi per le imprese palestinesi attraverso restrizioni alla libertà di movimento e vincoli amministrativi e legali.
Il coinvolgimento di 94 entità commerciali con sede in Israele e 18 in altri sei Stati, tra cui noti nomi come Airbnb, Booking, Expedia, TripAdvisor ed eDreams, evidenzia la rilevanza economica dell’occupazione per alcune aziende occidentali. Tali rapporti economici sembrano avere la precedenza sulla protezione dei diritti umani fondamentali del popolo palestinese, suscitando profonda preoccupazione e indignazione.
Queste scoperte contribuiscono a mettere in relazione queste imprese con le ingiustizie e le sofferenze del popolo palestinese, dimostrando un’allarmante mancanza di empatia e solidarietà. È inaccettabile che alcune aziende abbiano messo il profitto al di sopra dei principi morali e dei diritti umani, ignorando il grido di disperata necessità del popolo palestinese.
La comunità internazionale è chiamata a condannare fermamente queste aziende e a esigere responsabilità e azioni concrete. Oltre al valore del database delle Nazioni Unite, sarà necessario uno sforzo congiunto, basato sull’empatia e sulla solidarietà internazionale, per affrontare questa crisi umanitaria senza precedenti. Solo agendo insieme, potremo sperare di porre fine a questa ingiustizia e di creare un futuro in cui il popolo palestinese possa finalmente vivere in pace e dignità.
Siamo chiamati a condannare fermamente queste aziende e a esigere che assumano la responsabilità delle loro azioni. Solo attraverso un’immediata cessazione delle attività connesse agli insediamenti illegali e un sincero impegno verso il rispetto dei diritti umani e dell’uguaglianza, queste aziende potranno redimersi per la loro complicità nel perpetuare un sistema di oppressione e discriminazione.