Non capita tutti i giorni di vedere un sindaco mettere la pietra tombale sulla propria carica a pochi mesi dalla vittoria delle elezioni. Sarebbe bastato fare finta di niente. L’anno prossimo le Olimpiadi del 2024 sarebbero state assegnate a Los Angeles o a Parigi e il sogno si sarebbe infranto con dignità. Ma Virginia Raggi non ha neanche la decenza di presentarsi ad un incontro fissato da settimane (quello con Malagò), figuriamoci la dignità.
Poco fa il sindaco Raggi ha detto ufficialmente no alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Ma la verità è semplice: Virginia Raggi e il Movimento 5 Stelle non avevano il diritto di dire no. Non ne avevano diritto perché hanno interrotto un processo che è iniziato prima del loro arrivo e che finirà molto dopo che se ne saranno andati.
Il M5S sta cavalcando l’onda dell’insoddisfazione, un malumore atavico nei confronti dei soliti partiti. La colpa principale è degli stessi partiti, che non offrono trasparenza, coerenza e correttezza nei confronti degli elettori. Ma la cura 5 stelle sta facendo più danni della malattia stessa e oggi ne è stata data la prova.
Le ragioni del rifiuto stanno nei timori del passato: la Raggi guarda indietro, guarda agli errori compiuti da altre amministrazioni e da altri paesi e non ha il coraggio di guardare al futuro.
Che politica è quella che non guarda al futuro? Una politica che ha paura di fallire, che teme i ladri, i debiti e la cattiva amministrazione è una politica debole e tanto corrotta quanto quella contro cui si vuole lottare. Non esiste un’Olimpiade del mattone se c’è qualcuno in grado di impedirla. Il M5S e la Raggi, evidentemente, non sono in grado di farlo e si arrendono alle forze che vorrebbero piegare.
Oggi si piange una generazione sportiva privata di un sogno che meritava. Tutti gli italiani piangono l’errore di un sindaco che agisce sulle ali di un’ideologia dell’opposizione sterile e priva di soluzioni reali.
Il M5S ha imposto alla Raggi una scelta di principio, e il sindaco ha provato a trovare delle risposte vaghe e confusionarie, interamente smentite da un Malagò nemmeno degnato di un ascolto ad un appuntamento deliberatamente ignorato.
Il danno ormai è fatto. Per la prima volta nella storia una città candidata rinuncia volontariamente alla sua stessa candidatura, ammettendo in questo modo davanti agli occhi del mondo di essere incapace di portare avanti il sogno che tutti vorrebbero vivere. Infrangendo con le sue stesse mani un sogno collettivo, un’opportunità irripetibile.
Cara Virginia Raggi, chiami questa una scelta responsabile? Sappi (ma in fondo già lo sai) che no, non lo è.