Venerdì 30 giugno Papa Francesco ha incontrato la moglie di Julian Assange, Stella Morris, e i due figli della coppia, Gabriel e Max. Il giornalista australiano, fondatore di WikiLeaks, è rinchiuso da quattro anni nel carcere londinese di Belmarsh per aver reso pubblici, nel 2010, documenti secretati sui crimini di guerra statunitensi in Iraq e Afghanistan. La notizia è passata come sempre in sordina su gran parte della stampa italiana.
L’udienza dello scorso 30 giugno durante la quale Papa Francesco ha incontrato la moglie del giornalista e attivista australiano Julian Assange, in carcere da quattro anni per aver rivelato verità scomode sui crimini di guerra statunitensi in Iraq e Afghanistan, potrebbe aver riacceso una flebile speranza sulle sorti del fondatore di WikiLeaks.
L’udienza tra il Papa e la Morris è avvenuta in un momento delicatissimo per le sorti del giornalista australiano che rischia di scontare 175 anni di reclusione negli Usa a causa delle accuse di cospirazione e spionaggio. Se ciò dovesse accadere, sarà la prima volta nella storia degli Stati Uniti d’America che un giornalista andrà in prigione per aver rivelato informazioni vere e nel pubblico interesse.
Le corti del Regno Unito stanno, infatti, decidendo sui ricorsi del collegio di difesa contro l’estradizione negli Stati Uniti di Assange. E l’attuale direttore di WikiLeaks, il giornalista islandese Kristinn Hrafnsson, teme che la giustizia inglese possa concedere il via libera prima ancora dell’annunciato coinvolgimento della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Il calvario di Julian Assange
Da tredici anni Julian Assange non è più un uomo libero. Il suo calvario è iniziato nel 2010 quando ha rivelato, tramite WikiLeaks, documenti secretati del governo degli Stati Uniti, ricevuti dall’ex militare Chelsea Manning, riguardo a crimini di guerra commessi da Washington in Iraq e Afghanistan. Dopo aver trascorso sette anni rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, che gli aveva concesso asilo politico, il giornalista australiano è stato arrestato nel 2019.
Due anni dopo, nel gennaio del 2021, una giudice inglese ne aveva negato l’estradizione negli Usa, sostenendo che, a causa delle sue precarie condizioni mentali, il giornalista sarebbe stato a rischio di suicidio se condannato e detenuto in una prigione di massima sicurezza. Pronuncia, però, ribaltata dall’appello delle autorità statunitensi che hanno fornito “assicurazioni”, inclusa la promessa di trasferire Assange in Australia per fargli scontare la pena per la quale sarà condannato.
Nel 2022, l’allora ministra degli interni britannica, Priti Patel, aveva dato il nullaosta all’estradizione mentre pochi giorni fa l’Alta corte di Londra ha rigettato un nuovo ricorso, avvicinando tristemente il momento della consegna del fondatore di WikiLeaks alle autorità statunitensi.
Le iniziative in favore di Assange
Negli anni, tutte le più grandi organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani e della libertà di stampa, da Amnesty International e Human Rights Watch a Reporters Sans Frontières, hanno ufficialmente chiesto all’amministrazione USA e al presidente Biden di non estradare Assange e di archiviare il caso contro di lui e la sua organizzazione.
E anche il mondo della politica ha fatto sentire la propria voce. Centinaia di parlamentari delle più grandi e popolose democrazie del mondo, come l’Inghilterra, la Germania, il Brasile e gli Stati Uniti, hanno chiesto all’amministrazione Biden di chiudere il caso. L’iniziativa più recente è dell’11 aprile scorso, quando ad attivarsi sono stati i membri del Congresso americano Rashida Tlaib, Alexandria Ocasio-Cortez, Jamaal Bowman, Cori Bush, Greg Casar, Ilhan Omar e Ayanna Pressley.
L’udienza di questi giorni della moglie di Assange con Papa Francesco rappresenta, dunque, un altro tentativo da parte della comunità internazionale di far leva sull’amministrazione Biden. Tra le altre cose, Bergoglio è in rapporti di amicizia con il Premio Nobel per la Pace argentino Pérez Esquivel – detenuto e torturato durante la Dittatura argentina e salvatosi proprio grazie ad una vasta mobilitazione internazionale – che fu uno dei primi a fare degli appelli per la liberazione di Julian Assange.
Il silenzio dei media e delle istituzioni italiane
E mentre nel mondo, nel corso di questi anni, si sono moltiplicati gli appelli per far cessare la mostruosa ingiustizia nei confronti di un uomo per bene, accusato di rivelato nient’altro che la verità, in Italia la risposta da parte delle Istituzioni e dei media è sempre stata “piuttosto fredda” e a tratti addirittura inesistente.
Troppe volte, infatti, ci si dimentica del fatto che dietro alla vicenda di Julian Assange si nasconde l’intenzione, nemmeno così occulta, di mettere un bavaglio permanente alla libertà di stampa. E questo problema non può toccare soltanto la categoria dei giornalisti ma deve coinvolgere tutta l’opinione pubblica che ha il diritto di essere messa al corrente dei fatti attraverso un’informazione libera e realmente disinteressata.
Cosa che purtroppo oggi non sempre avviene. Basta vedere quanta importanza il mondo dell’informazione italiana ha dato alla notizia dell’incontro tra Papa Francesco e la moglie di Assange. Quando, in passato, il Papa ha incontrato qualsiasi altro personaggio, la notizia è stata prontamente ripresa e diffusa urbi et orbi da stampa e telegiornali a reti unificate. Tre giorni fa, invece, quando il pontefice ha avuto un colloquio con la moglie di un giornalista detenuto in un carcere di massima sicurezza (in una cella di due metri per tre) semplicemente perché ha fatto bene il proprio mestiere raccontando la verità al mondo intero, la stragrande maggioranza dell’informazione italiana ha deciso pavidamente di starsene zitta e buona.
D’altronde, sono anni che ormai che, nel mondo alla rovescia, dove i criminali sono liberi come l’aria e i giornalisti che hanno avuto il coraggio di denunciarli rischiano la prigione a vita, buona parte della stampa italiana sembrerebbe aver trovato il proprio habitat naturale, sempre più non curante del fatto che non è la natura umana, unica per tutti gli uomini, a distinguere tra i nobili e gli ignobili, ma le azioni che ciascuno compie ogni giorno, come testimonia esemplarmente la triste vicenda di Julian Assange.
Tommaso Di Caprio