Joe Biden durissimo nei confronti del suo corrispettivo cinese. Durante un discorso in California per la raccolta di fondi elettorali, il presidente statunitense ha definito Xi Jinping un dittatore, scatenando le ire del governo di Pechino. Ma non è la prima volta che Biden esprime chiaramente le sue idee sul leader asiatico.
Biden: Xi Jinping un dittatore
Joe Biden non è nuovo a scivoloni e gaffe. L’ultima è proprio di poche ore fa quando, accogliendo alla Casa Bianca il primo ministro indiano Narendra Modi, si è messo la mano sul cuore durante l’inno, accorgendosi solo dopo qualche secondo che era l’inno sbagliato. Cosa comunque di poco conto se consideriamo però lo scivolone fatto qualche giorno fa in California, durante una raccolta di fondi elettorali. Qui il presidente statunitense, in un discorso a braccio nel quale è tornato anche ad affrontare il caso dei palloni-spia cinesi, ha definito il leader cinese Xi Jinping un dittatore. “Il motivo per cui Xi Jinping si è molto arrabbiato quando ho abbattuto quel pallone con dentro due carri merci di equipaggiamento per spionaggio era che non sapeva che fosse lì; è una di quelle cose che suscita grande imbarazzo nei dittatori. Quando non sanno cosa è successo”, ha detto Biden, riferendosi all’incidente di febbraio. Un’uscita certo poco prudente, visti i progressi ottenuti dalla recente visita del Segretario di Stato Blinken a Pechino per allentare le tensioni tra i due paesi, e che non è stata accolta positivamente dal governo cinese, che definisce le parole di Biden “assurde e irresponsabili” parlando anche di “un’aperta provocazione politica”. Ma forse questa non è stata una gaffe.
Anche se forse indelicate e poco ortodosse dal punto di vista protocollare, le parole di Biden non sono le prime pronunciate in questo senso contro Xi Jinping. Già nel febbraio 2021, quando si era da poco insediato alla Casa Bianca, il presidente americano aveva definito Xi come un individuo senza “nemmeno un briciolo di democrazia, con la ‘d’ minuscola in corpo“, paragonando poi il presidente cinese a Vladimir Putin, nel marzo dello stesso anno. Nell’aprile del 2022 poi, in una situazione analoga a quella di pochi giorni fa, il POTUS aveva affermato che Xi Jinping “non crede che le democrazie siano sostenibili nel XXI secolo perché le cose si muovono così rapidamente che solo le autocrazie, anche se lui non dice ‘autocrazia’, sono in grado di gestirle, perché le democrazie richiedono il consenso e ci vogliono troppo tempo, troppi sforzi per metterlo insieme”. Insomma, se è vero che Joe Biden è troppo spesso preda di clamorose gaffe e di atteggiamenti abbastanza discutibili per il capo di una delle maggiori potenze mondiali, è anche vero che riguardo alla Cina ha detto più volte la sua opinione senza filtri. Non è così sicuro quindi che definire Xi Jinping un dittatore sia stato un banale scivolone.
La dittatura di Xi Jinping
Xi Jinping è un dittatore de facto. Dal 2012 Segretario generale del Partito Comunista Cinese e dal 2013 Presidente della Repubblica Popolare Cinese, da quando ha preso il potere ha introdotto numerose misure per rafforzare la sua leadership sul partito e accentrare nelle sue mani il potere. Ha istituito la Commissione per la sicurezza nazionale del Partito Comunista Cinese, di cui ha assunto la presidenza, oltre a nuovi comitati direttivi per l’economia, internet e la modernizzazione in generale. Nel 2018 ha poi formalmente abolito i limiti del mandato presidenziale, in modo da poter governare a tempo indeterminato sulla Cina. Esempi ancora più eclatanti di come il suo governo sia in realtà una dittatura sono l’incorporazione del “Pensiero di Xi Jinping“, una filosofia politica formulata dal leader, nella Costituzione del paese, l’utilizzo della censura contro gli oppositori politici, la sorveglianza sempre più stretta, l’istituzione di un vero e proprio culto della personalità (simile a quello di Mao), ed in generale un progressivo deterioramento dei diritti umani. Anche nella politica estera si può vedere conferma di quanto detto. La stretta vicinanza politica con leader autocratici come Vladimir Putin e Kim Jong-Un e la linea portata avanti nei confronti di Taiwan ed Hong-Kong non sono certo segni di una politica che verte alla pace e alla democrazia.
Nominalmente la Cina rimane, anche dopo tutte queste riforme istituzionali, una Repubblica Popolare, ma in pratica il potere è tutto nelle mani del partito, controllato inflessibilmente da un solo ed unico uomo: Xi Jinping.
Marco Andreoli