Con le ultime vittime registrate ieri, il conteggio complessivo porta ad una media di quasi 5 morti sul lavoro al giorno. La tutela del lavoratore non è più un dovere che può attendere.
Con gli ultimi quattro decessi avvenuti ieri si sono tragicamente superate le 500 vittime sul lavoro nel 2023. Nel caso specifico, si tratta di due tecnici del Servizio Geografico Militare di Torino e di un finanziere, precipitati in una scarpata con un mezzo militare dell’Esercito, un fuoristrada Defender, a Villatella, una frazione di Ventimiglia, mentre erano occupati nei rilievi per la realizzazione di una mappa della zona del monte Grammondo, esattamente al confine con la Francia. Fortunatamente risulta fuori pericolo un quarto lavoratore che viaggiava con loro.
Sempre ieri, un agricoltore di 41 anni ha perso la vita nel primo pomeriggio in un incidente sul lavoro nella zona rurale di Busseto Parisolo, vicino a Trapani. L’uomo è rimasto schiacciato sotto un piccolo trattore cingolato con il quale stava eseguendo dei lavori in un appezzamento di terreno. Sul posto i vigili del fuoco hanno provveduto ad estrarre il corpo dell’uomo da sotto il mezzo senza nient’altro da fare.
Nel 2023 i decessi sono stati finora 502, di cui 390 persone sono rimaste vittime mentre erano occupate nella loro attività lavorativa e 112 mentre si recavano al lavoro. Nelle ultime settimane si è registrato un forte aumento e si teme che la situazione possa diventare ancora più grave rispetto agli anni precedenti, quando la media era di circa tre persone al giorno: a giugno, infatti, sono morte 68 persone in soli 15 giorni, una media di 4,53 morti ogni 24 ore.
Non è ancora giunto il momento di prendere delle decisioni più drastiche e concrete per ridurre le morti sul lavoro? Ad esempio, come sostenuto da numerosi sindacati, l’introduzione dell’accusa del reato di omicidio sul posto di lavoro o quello di lesioni gravi e gravissime potrebbe finalmente porre fine a questa angosciosa routine quotidiana fatta di gente che lascia definitivamente famiglia e amici perché non sufficientemente tutelata sul proprio posto di lavoro.