Il Parlamento Europeo ha approvato la procedura d’urgenza sul sostegno militare all’Ucraina. I fondi destinati a sanità, infrastrutture, ambiente e lavoro rischiano di finire sul campo di guerra
Il piano “Asap” (acronimo di “Act in support of ammunition production“, ma anche di “as soon as possible“, cioè “prima possibile“) approvato dal Parlamento riunitosi a Strasburgo lo scorso 9 maggio, è una procedura d’urgenza che prevede lo stanziamento di 1 miliardo di euro per accelerare la produzione delle industrie belliche europee. L’obiettivo è inviare almeno 1 milione di munizioni all’Ucraina entro la fine dell’anno.
La metà di tale stanziamento proverrà direttamente dalle casse di Bruxelles, mentre i restanti 500 milioni sono richiesti ai singoli Stati membri.
Fondi che, come consigliato dalla Commissione stessa, potranno essere sottratti dal Pnrr e dal Fondo di coesione sociale.
Come sottolinea il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, si tratta di una mossa straordinaria.
Si tratta di una legge senza precedenti.
Mira a sostenere direttamente, con i fondi dell’Ue, il potenziamento della nostra industria della difesa per l’Ucraina e per la nostra stessa sicurezza
Ma nonostante il piano sia stato approvato in sessione plenaria con larghissima maggioranza, sono numerose le voci contrarie che denunciano un utilizzo sbagliato del denaro destinato alla società.
Economia di guerra: cosa rischia l’UE?
Come ha osservato il Financial Times, ridistribuire i fondi dal bilancio comune dell’UE è una decisione controversa. E potrebbe persino andare contro il Trattato sull’UE.
Infatti, come riporta il quotidiano finanziario, il Trattato istitutivo dell’Ue vieta la spesa diretta per la difesa dal bilancio degli Stati membri.
Il Trattato esclude esplicitamente i finanziamenti per le armi.
Suona tutto bene, ma ci sono alcuni grandi punti interrogativi sul fatto che funzionerebbe
Secondo l’analisi di Breton, invece, il piano è uno strumento legittimo per difesa della democrazia e della sicurezza dell’Unione.
La nostra analisi è che il piano è totalmente compatibile con il trattato.
Sì, investire nella nostra difesa ci permetterà di difendere la nostra democrazia. Ed è questo che dobbiamo dire ai nostri concittadini.
Il Recovery fund è stato specificatamente costruito per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza. Intervenire puntualmente per sostenere progetti di industriali che vanno verso la resilienza, compresa la difesa, fa parte di questo terzo pilastro
Breton punta quindi all’instaurarsi di una vera e propria economia di guerra.
Questa garantirebbe all’industria della difesa tutto ciò di cui ha bisogno per rafforzare la sua produzione e sostenere l’Ucraina.
Durante il tour in Europa, ho potuto osservare più da vicino la capacità di produzione europea.
Non abbiamo nulla da invidiare ai nostri partner. Ma in termini di difesa, i nostri industriali devono ora passare alla modalità economia di guerra
Tutto ciò, come osserva l’eurodeputato belga Marc Botenga, sta avvenendo in un momento in cui l’Europa post-pandemia necessita di fondi per risollevare il sociale.
La proposta va oltre il sostegno all’Ucraina e contribuisce alla creazione di una rete europea di produttori di armi, un vero e proprio complesso militare-industriale dell’UE.
I nostri servizi pubblici sono sotto-finanziati in tutto il continente.
Piuttosto che trasformare l’Europa in una “economia di guerra”, abbiamo bisogno di investimenti sociali
Pnrr e fondi sociali alla guerra: partiti favorevoli e contrari
Il testo Asap è stato avanzato dai Conservatori e dai Popolari. A questi si aggiungono i parlamentari europei del gruppo dei Socialisti e Democratici, cui aderiscono gli eletti del Pd, che hanno votato a favore.
Tuttavia, il Pd, pur essendo favorevole all’invio di armi, non approva che a sostenere queste spese sia il Pnrr.
Il Pnrr e i fondi di coesione rappresentano risorse essenziali per la ricostruzione post pandemica, e servono al sostegno dell’economia, del lavoro, delle politiche sociali e infrastrutturali, per la sanità, la transizione ecologica e digitale e per l’agricoltura e la pesca.
Ci attiveremo per apportare le modifiche al testo, necessarie per garantire che l’attuazione del programma non distolga con inaccettabili sviamenti dagli obiettivi Pnrr risorse già destinate a fondi europei di critica importanza per l’Ue e il nostro Paese
Tra i membri dem, tra cui l’indipendente Massimo Smeriglio, c’è anche chi si è detto totalmente contrario al piano Asap.
Questo, infatti, sfrutterebbe una l’Art.163 (procedura utilizzata per gestire rapidamente le emergenze), togliendo trasparenza e dibattito democratico.
La procedura d’urgenza inaugurata per salvare vite durante il Covid, è stata utilizzata per produzioni di morte. Bisogna avere chiaro che non è un atto facilmente emendabile, tutt’altro. E in queste condizioni stiamo per ratificare la possibilità di utilizzare i fondi di coesione, il fondo sociale europeo e il Pnrr per produrre missili e munizioni. Altro che transizione ecologica e equità sociale. Spero si possano cambiare diverse opinioni nel tempo che ci separa dal voto finale.
Si danno soldi ai singoli Stati per fare armi, altro che Europa dei popoli e agenda di pace
Ciò che teme Smeriglio, essendo passata la questione d’urgenza, è che ciò escluda che l’atto venga messo ai voti con emendamenti che non siano espressamente accolti dalla Commissione.
In questo caso, la battaglia del Pd assumerebbe un valore semplicemente simbolico.
A votare contro sono stati solo un’ottantina di eurodeputati, in particolare quelli del M5S. Tra questi, Sabrina Pignedoli, che ha lanciato un appello per evitare un’economia di guerra e per portare il tema al centro di un dibattito democratico.
La proposta di regolamento Asap delinea una direzione ben chiara, ma allo stesso tempo incomprensibile. Come si può preparare un percorso di pace in Ucraina investendo nelle armi?
Questo piano prevede il dirottamento dei fondi dal sociale alla produzione di armi e munizioni utilizzando il bilancio dell’Unione europea e la procedura accelerata toglie trasparenza e legittimità democratica in quanto elimina ogni tipo di confronto sul provvedimento. La priorità in questo momento deve essere la ricerca della pace e il trionfo della diplomazia, mentre qui l’intento sembra piuttosto quello di reintrodurre una economia di guerra.Non è questa l’Europa che vogliamo
L’ultima parola sarà pronunciata il prossimo 31 maggio, in una miniplenaria che si terrà a Strasburgo.
Giulia Calvani