L’Unaids, il Programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS, il quale si occupa di intensificare e coordinare l’azione globale contro l’AIDS, punta la luce su come la nuova legge anti-gay in Uganda rappresenti una minaccia per gli sforzi dell’Uganda di porre fine all’HIV entro il 2030.
Il Programma delle Nazioni Unite per l’HIV e l’AIDS (Joint United Nations Programme on HIV and AIDS), chiamato anche Unaids, è un programma che si occupa di accelerare, intensificare e coordinare l’azione globale contro l’AIDS. In una recente nota pubblicata dall’organizzazione, emerge una forte preoccupazione nei confronti della nuova legge anti-gay approvata dal Parlamento ugandese, la quale aumenta ancora di più la severità della repressione nei confronti delle persone omosessuali, introducendo la pena di morte per coloro che vengono ritenuti colpevoli di aver avuto rapporti sessuali con persone dello stesso sesso. In particolare, il problema evidenziato dall’Unaids riguarda il fatto che questa legge sia una minaccia per l’obiettivo dell’Uganda di porre fine all’HIV entro il 2030. Questo perché, istituzionalizzando la discriminazione e lo stigma nei confronti delle persone omosessuali, il risultato è emarginare ancora di più una comunità vulnerabile come quella Lgbtq+ ed allontanarla dai servizi della sanità che, come avviene per la prevenzione contro l’AIDS, salvano la vita.
I colossi economici contro la legge anti-gay in Uganda
In realtà, la recente decisione presa dal Parlamento ugandese non è stata presa poi così tanto fermamente. Da quando infatti il Parlamento ha introdotto l’idea di rinforzare la repressione verso gli omosessuali con una legge ancora più severa, vi sono stati diversi momenti in cui questa è stata tirata indietro riesaminare il disegno di legge, soprattutto a causa dei richiami da parte delle organizzazioni internazionali e da colossi economici come Google, Microsoft e Price Waterhouse, i quali fanno parte dell’ “Open for Business Coalition”, coalizione di aziende internazionali finalizzata alla promozione dei diritti Lgbt. Questi colossi hanno infatti sottolineato come una legge del genere lederebbe fortemente l’economia ugandese, in quanto porterebbe ad una riduzione del flusso del flusso turistico e degli investimenti esteri. Naturalmente, la discriminazione nei confronti delle persone appartenenti alla comunità gay non è una novità in Uganda. Essere gay era infatti già illegale, come lo è sempre stato fin dall’era coloniale a causa di una norma che criminalizza i rapporti “contro l’ordine della natura”.
Moseveri: il reato lo compie chi agisce secondo “propensione deviante”
Nonostante questo, però, vi è stato comunque un cambiamento nel modo in cui il Governo ha deciso di gestire questo supposto “problema”. Se prima infatti la pena diretta a punire l’omosessualità era l’ergastolo, adesso la situazione si è inevitabilmente aggravata, in quanto la nuova legge introduce la pena di morte per i casi di “omosessualità aggravata”. Successivamente alla prima approvazione avvenuta lo scorso marzo però il Parlamento ugandese ha fatto retro-front. Yoveri Moseveri, Presidente dell’Uganda ha infatti comunicato che, essere omosessuali di per sé non deve essere considerato un reato. Ciò che deve essere punito sono invece i rapporti omosessuali veri e propri. In particolare, Moseveri ha scritto nella sua lettera che:
“La proposta di legge dovrebbe essere chiara in modo che ciò che si ritiene essere criminalizzato non sia lo stato di chi ha una propensione deviante, ma piuttosto le azioni di chi agisce in base a quella devianza”, aggiungendo successivamente che: “Il disegno di legge dovrebbe essere rivisto e includere una disposizione che affermi chiaramente: una persona che si crede o si presume o si sospetta sia omosessuale che non ha commesso un atto sessuale con un’altra persona dello stesso sesso non commette un reato”.
Tuttavia, malgrado le modifiche, nel disegno di Legge contro rimangono le pesanti sanzioni per le relazioni tra persone dello stesso sesso e la “promozione” dell’omosessualità, punibile con 20 anni di carcere.
L’allarme di Unaids: la legge farà aumentare le infezioni da HIV
Resta evidente, comunque, che il governo ugandese non ha intenzione di cambiare idea sull’argomento, nonostante i vari disegni di legge proposti siano confusi e violino, comunque, i diritti umani fondamentali, compreso il diritto alla salute e alla vita. Su questo punto si è espressa anche l’organizzazione internazionale di Amnesty International, la quale ha definito il disegno di legge anti-gay in Uganda “spaventoso“, “ambiguo” e “formulato in modo vago“. Inoltre, Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale, ha sottolineato come: “Si tratta di una legge profondamente repressiva che istituzionalizzerà la discriminazione, l’odio e il pregiudizio nei confronti delle persone Lgbti, comprese quelle che sono percepite come Lgbti“.
Ed è proprio sull’istituzionalizzazione della discriminazione che fa leva la nota di Joint United Nations Programme on HIV and AIDS. In particolare, la direttrice di Unaids in Sud Africa Anne githuku-Shongwe, ha affermato:
“L’istituzionalizzazione della discriminazione e dello stigma allontanerà ulteriormente le comunità vulnerabili dai servizi sanitari salvavita. Le ricerche condotte nell’Africa subsahariana dimostrano che nei Paesi che criminalizzano l’omosessualità la prevalenza dell’HIV è cinque volte più alta tra gli uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini rispetto ai Paesi che non hanno tali leggi. Questa legge, se promulgata, danneggerà gli ugandesi. Costerà vite umane e farà aumentare le nuove infezioni da HIV. Esortiamo il governo a non promulgare questa legge deleteria”.