Di Carlo Barbieri
Leggo su La Sicilia di Catania
”Studente trova portafoglio con 560 euro e lo riconsegna alla Polizia”
e penso immediatamente: “Che brutta notizia”.
Perché? Ora mi spiego.
Avevo vent’anni ed ero in vacanza a Roma con i pochi soldi messi insieme dando lezioni private ad alunni delle scuole superiori. Per fortuna c’erano genitori che non si potevano permettere le tariffe di un vero prof e tentavano il salvataggio dei figli agli esami di riparazione con l’aiuto di studenti universitari pronti ad accontentarsi di poche lire, come nel mio caso.
Nonostante un’attentissima gestione dei fondi nelle due settimane passate a panini, bicchieri d’acqua elemosinati nei bar e pernottamenti in tenda al campeggio di Monte Antenne, ero rimasto quasi a secco. Avevo in tasca solo una decina di gettoni telefonici e i soldi per il biglietto del treno fino a Napoli, per il traghetto per Palermo (con notte in sacco a pelo sotto le stelle in caso di bel tempo) e per cinque pasti equivalenti più o meno a sette/otto panini, due cappuccini e un paio di bottiglie di Spuma Appia, che era un’aranciata locale in bottiglie da un litro che ricordavano vagamente quelle della Coca Cola.
Ero in questa triste situazione, in fase di addio alla Città Eterna e alla ragazza finlandese che non ero riuscito ancora a scongelare, e stavo per usare i preziosi gettoni per comunicare a mia madre l’arrivo all’alba di due giorni dopo, quando trovai a terra un portafoglio con un un bel po’ di dollari. Non ricordo quanti, ma ricordo benissimo che, tradotti in vacanza, mi avrebbero permesso di rimanere a spassarmela per un’altra decina di giorni almeno, durante i quali forse la fortezza finnica sarebbe crollata. Purtroppo insieme ai dollari c’era il documento di identità del proprietario, un cittadino canadese… e così la coscienza mi trascinò al consolato, dove consegnai il portafoglio, con annessi sogni di prolungamento della vacanza, a un antipatico funzionario che per prima cosa, dopo aver dato un’occhiata alla mia tenuta diciamo, ehm, molto “sportiva”, mise le mani avanti dicendo che non avrebbe potuto darmi una mancia. Io risposi orgogliosamente che ero venuto solo per restituire il portafoglio al proprietario, pretesi una ricevuta – come dire: “bello mio, sarai un ricco funzionario canadese e io un povero studente italiano, ma intanto mi fai la ricevuta perché non si sa mai” – e me ne andai.
Tutto qua.
E che c’entra – direte voi – con la notizia del portafoglio ritrovato e restituito a Catania? Perché sarebbe una brutta notizia?
Semplice, amici miei. Quando restituii il portafoglio, la notizia non fece scalpore, nessun giornalista mi intervistò, né la mia foto finì sui giornali.
Allora l’onestà non faceva notizia perché era piuttosto diffusa, o perlomeno ci insegnavano a ritenerla tale. Era, si direbbe oggi, “di default”.
Il fatto che un gesto come quello dello studente di Catania finisca oggi con gran risalto sui media dimostra invece che l’onestà è diventata oggi così rara che, quando la si incontra, val la pena farne una notizia.
È questo il brutto.