L’incendio in Messico dove hanno perso la vita circa 39 profughi è una conseguenza del “Title 42” e una responsabilità di Joe Biden?
Poco prima dell’incendio, in Messico sono le 21 dell’ultimo lunedì di marzo, sessantotto profughi, per lo più provenienti dal Guatemala, si trovano rinchiusi in un centro migranti come detenuti, in attesa di essere rimpatriati. Nessuno sa se alle 21 di quel lunedì nero, la miccia che accende le proteste e, contestualmente, i materassi nella cella in cui quegli uomini si trovano, sia la notizia del rimpatrio o la sete patita per la mancanza d’acqua. Nessuno lo sa, quel che è certo, però, è che le celle iniziano a bruciare mentre le guardie assistono senza muovere un dito a quella scena atroce, per poi scappare. “Aprite, aprite“ sono le parole di molti di loro, tra il fumo e l’incredulità per la negligenza colpevole degli agenti, e sono, soprattutto, le uniche cose che riescono a uscire dalle celle durante quei minuti.
Il fuoco si propaga, muoiono 39 migranti, 29 restano gravemente feriti, e la notizia dell’incendio in Messico fa il giro del mondo.
Il prelievo forzato dei migranti
Nei giorni precedenti le forze dell’ordine americane avevano tratto in arresto una parte di quei migranti al fine di deportarli in Messico, in applicazione del “Title 42“. Altri li hanno fermati le autorità messicane agli incroci e ai semafori, sapendo che li avrebbero trovati lì, proprio quel lunedì, mentre chiedevano l’elemosina o pulivano i vetri delle macchine per guadagnare qualche moneta.
Secondo molti, gli agenti dell’INM, Instituto Nacional de Migración, starebbero compiendo una vera e propria “caccia al migrante“, violando anche, talvolta, i luoghi di culto.
Un video dell’incendio, diffuso dal quotidiano El Universal, inchioderebbe gli agenti, mostrando come questi abbiano volontariamente evitato di aprire le celle, scegliendo di abbandonare la struttura, lasciando quegli uomini avvolti dalle fiamme.
Il “Title 42” è una concausa dell’incendio in Messico?
La legge “Title 42” fa parte di una normativa del 1929 ed è utilizzata per espellere i migranti senza passare per la richiesta d’asilo. L’ha sfruttata Trump durante la pandemia con l’obiettivo di limitare la diffusione del covid e Biden, dopo averla criticata ai tempi delle elezioni, continua a servirsene, nonostante gli episodi controversi che negli ultimi due anni ha provocato, tra cui, da ultimo, l’incendio in Messico.
Secondo un’indagine dell’organizzazione non governativa “Human Rights First”, negli ultimi due anni di governo Biden, la norma “Title 42” ha causato circa 10.000 attacchi violenti contro migranti o richiedenti asilo, oltre ad espulsioni illegali e disumane. Più precisamente si parla di 9886 segnalazioni di stupri, rapimenti e violenze di vario tipo nei confronti delle persone bloccate in Messico, ai sensi della normativa in esame. Di riflesso si pongono altri episodi collegati ai disordini del confine messicano, come l’ulteriore business di rapimenti che i cartelli messicani stanno ponendo in atto nei confronti dei richiedenti asilo espulsi.
Una politica discriminatoria
Il rogo di migranti avvenuto in quel centro di Ciudad Juàrez è l’ennesima tragedia, l’ennesima crisi generata da politiche migratorie troppo spesso rese ambigue dalle sempre più esigenti necessità del consenso. Gli attacchi rivolti a Trump da parte di Biden negli anni scorsi si colorano oggi di una sanguinosa ironia, tenuto conto del fatto che le politiche attuali sembrano seguire la stessa direzione delle precedenti.
Il “Title 42” oltre a sembrare ormai irragionevole, rientrato in parte il pericolo del covid e revocate le restrizioni ai viaggi internazionali, costituisce una gravissima violazione del diritto d’asilo. Attualmente le vie per presentare una richiesta “legale” prevedono la necessaria sussistenza di: una procedura online, un passaporto valido, uno sponsor statunitense e un momento preciso per accedere ad un ingresso ufficiale di frontiera. Per coloro i quali non rispettano queste previsioni è prevista una procedura di “espulsione accelerata”, in base al “Title 42”, con metodi anch’essi di discutibile legalità.
Questa linea politica, oltre a produrre conseguenze disumane, violando un diritto umano imprescindibile come quello d’asilo, è anche discriminatoria, in quanto favorisce soltanto quelli che hanno già precedenti contatti negli Stati Uniti e colpisce coloro i quali hanno necessità di scappare e rifugiarsi.
Mentre le politiche di Biden navigano i mari dell’equivocità, chi resta sulla terraferma paga le conseguenze della negligente volontà di applicare una legge irragionevole, di cui la fuga degli agenti alla vista delle fiamme è soltanto un atroce riflesso.
Raffaele Maria De Bellis