Nell’era dei social network, il colonialismo non sparisce ma si adatta e cambia forma. I video messaggi dall’Africa approdano anche in Italia dove “un’azienda” diventa leader di un oscuro settore.
Fra i più recenti clienti dell’azienda italiana ci sono gli ultras della Lazio che finanziano un video in cui giovani ragazzi dell’Africa subsahariana ballano e cantano in italiano, elogiando il fascismo e Mussolini.
I video messaggi dall’Africa
Il profilo Instagram “Essere Nero” ha recentemente condiviso un video in cui giovani di un villaggio africano mandano un saluto “agli italiani nostalgici” mentre ballano e baciano la foto di Mussolini. L’obiettivo del post è denunciare l’attività di un’azienda italiana specializzata nella vendita di “messaggi video personalizzati”. Leggiamo nel post:
“Abbiamo già segnalato questa azienda che sfrutta l’immagine di un villaggio africano, registrando video personalizzati di residenti che ballano e cantano in italiano, lingua che non conoscono. […] Questo materiale viene prodotto da un’azienda italiana e poi venduto a persone che si divertono ad alimentare le immagini di povertà, ignoranza e barbarie associate al popolo subsahariano“.
Il servizio dell’azienda consiste infatti nella realizzazione su commissione di video di vario genere: regali di compleanno, matrimoni, auguri di pronta guarigione… Tutto dipende dalle richieste del consumatore, libero di scegliere cosa far dire ai ragazzi, cosa scrivere nella lavagnetta, la foto da sfoggiare e la canzone su cui ballare. Non solo, viene data la possibilità di scegliere il “team” più adatto alle proprie esigenze e, in base al gruppo scelto, varia il prezzo della registrazione che oscilla fra i 30 e i 50 euro. Questi ragazzi vengono dunque “pagati” per imparare frasi a memoria ed eseguirle a comando, come fossero animali ammaestrati. Se all’apparenza si mostrano contenti e festosi, in realtà non comprendono nemmeno il significato di ciò che dicono. Degli esseri umani, fra l’altro provenienti da realtà estremamente difficili, vengono qui spettacolarizzati e usati per il divertimento altrui.
L’oppressione diventa virale
Contrariamente a quanto il buon senso possa fare pensare, sono numerosi coloro che alimentano il business dei video messaggi dall’Africa, pagando per la soddisfazione di vedersi dedicato questo “spettacolo” circense. Inoltre, i video funzionano benissimo online: il profilo TikTok dell’azienda gode di un totale di quasi 200 mila mi piace ed il video più virale supera le 830 mila visualizzazioni.
La pratica di umiliazione messa in atto raggiunge il culmine con uno dei più recenti committenti: gli ultras della Lazio, notoriamente simpatizzanti dell’estrema destra. Questi finanziano un video in cui i ragazzi celebrano Benito Mussolini, totalmente inconsapevoli delle implicazioni storiche e morali delle loro parole.
Un colonialismo 2.0
Non si tratta di un caso isolato: i “video messaggi” costituiscono un vero e proprio mercato. Un’inchiesta investigativa di BBC Africa del 2022 ha indagato sul fenomeno a partire da un video andato virale nel febbraio del 2020. In questo video dei bambini africani del Malawi pronunciano in cinese parole raccapriccianti su comando, autodefinendosi “mostri neri dal basso quoziente intellettivo“. L’inchiesta “Racism for sale” viene condotta dai giornalisti Runako Celina e Henry Mhango i quali riescono in ultima istanza a smascherare il responsabile. Tuttavia, si tratta di uno solo fra le decine di uomini, aziende e profili social che alimentano il business. Celina e Mhango scoprono che i produttori di tali filmati arrivano a guadagnare fino a migliaia di dollari al giorno, dissimulando la loro azione alle popolazioni locali come un’opera di carità al fine di diffondere la lingua e la cultura cinese.
Se pensate sia difficile, dato il loro basso valore etico, reperire online i contenuti in questione, vi sbagliate. Non è necessario essere esperti navigatori del dark web, al contrario è facilissimo reperire e acquistare i video messaggi. L’inchiesta della BBC ci mostra inoltre come non si tratta di un fenomeno recente: la nascita dell’industria in Cina sembra risalire addirittura al 2017. Nonostante le segnalazioni che hanno portato diversi siti cinesi di e-commerce a chiudere i profili che commerciavano questi filmati, i video messaggi dall’Africa non scompaiono. Al contrario, sbarcano in Europa.
L’Italia: un terreno fertile per i video messaggi dall’Africa
Alessandro Masala, speaker dello show “Breaking Italy” su YouTube, commenta l’inchiesta della BBC sostenendo che se i medesimi avvenimenti si fossero verificati non in Cina, ma in Occidente, la gente protesterebbe e “avremmo le barricate in strada“. Un parere troppo ottimista se confrontato con la realtà dei fatti. Come abbiamo sottolineato, i video pubblicati dall’azienda riscontrano grande successo online, suscitando l’attenzione di migliaia di utenti. Non solo, sui social network è possibile imbattersi in delle promozioni pubblicitarie di questo “servizio”. Infatti, secondo le policy questi contenuti non violerebbero le “norme della community”.
D’altronde come stupirsi? La classe politica del nostro paese non solo è concorde ma incita queste forme di razzismo ed oppressione. Se Matteo Salvini può citofonare a casa di un ragazzo tunisino accusandolo di spaccio, umiliandolo, gli italiani si sentono più che autorizzati a comprare video in cui ragazzi subsahariani vengono ridicolizzati come fossero scimmie da circo. Leggere i commenti sui social permette di osservare quanto in Italia, talvolta anche nelle giovani generazioni, sia radicata una mentalità di supremazia su persone considerate “di serie B” solo per il colore della loro pelle e la loro provenienza.
Le false buone intenzioni
Come giustifica la sua azione la pseudo-azienda? Sulla homepage del sito leggiamo che il suo obiettivo è:
“Migliorare a lungo termine la vita delle persone in Africa. […] Il vostro ordine […] permette ai bambini, alle loro famiglie e alle comunità di avere un futuro migliore – e molto divertente.”
In realtà, si tratta solo di un mercato che profitta umiliando persone disposte a tutto pur di guadagnare qualcosa, anche se si tratta di mezzo dollaro al giorno. Di fronte a questo difficile scenario ci sono associazioni serie che si occupano del benessere degli abitanti dell’Africa subsahariana preservandone la dignità e provvedendo loro l’istruzione necessaria alla loro crescita economica e umana. Questa azienda, dunque, non solo non fa nulla per aiutare le famiglie ad uscire dalla povertà, ma alimenta una nuova tipologia di oppressione.
I video messaggi dall’Africa e il loro mercato, una vera e propria forma di “razzismo in vendita”, sembrano lontani dall’arresto. La cattiveria che porta gli ultras del Lazio a commissionare un video in cui giovani inconsapevoli ballano su simboli del fascismo ci ricorda che la “pratica continua di fascismo” di cui parla lo scrittore Elio Vittorini nel suo romanzo “Uomini e no” sembra trovare oggi nuovo vigore.