L’Italia sta per vietare l’uso di termini come “bistecca” o “salsiccia” quando si descrive un prodotto come la carne vegetale?
Una proposta di legge presentata a fine dicembre del 2022 “in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali” è arrivata alla Commissione Agricoltura della Camera. Il primo firmatario della proposta sui nomi della carne vegetale è un deputato della Lega, Mirco Carloni.
L’obiettivo principale di questa proposta controversa è la “tutela del patrimonio zootecnico nazionale, riconoscendo il suo valore culturale, socio-economico e ambientale, nonché un adeguato sostegno alla sua valorizzazione, considerando anche la tutela della salute umana, degli interessi dei consumatori e del loro diritto all’informazione”.
Inoltre la proposta della Lega vuole “tutelare le produzioni zootecniche del nostro Paese da coloro che vogliono offrire alternative di consumo, sfruttando i nomi normalmente riferiti a carne e prodotti a base di carne con la propria notorietà”. Alcuni termini, come “burro”, “latte” e “formaggio” sono già protetti all’interno dell’Unione europea e non possono essere applicati ai prodotti di origine vegetale.
Le associazioni di consumatori, aziende e cittadini contestano la proposta sui nomi della carne vegetale
34 associazioni hanno espresso punti di criticità a riguardo della nuova proposta di legge:
Secondo le associazioni, la proposta non tiene conto delle opinioni e delle consuetudini dei consumatori. Secondo un sondaggio, l’88 per cento degli italiani è a favore dell’uso di termini come “burger” e “salsiccia” per identificare prodotti a base vegetale.
Le associazioni fanno, inoltre, riferimento alla decisione del Parlamento europeo sulle denominazioni. Per esempio, è stato sancito che “hamburger”, “prosciutto” e “salsiccia” possono essere utilizzati in riferimento a prodotti a base vegetale.
C’è anche la questione sulla sostenibilità dei prodotti a base vegetale. Le critiche riportano che la proposta non è in linea con i piani Ue per un sistema alimentare più sostenibile. Secondo un report pubblicato dalla Commissione europea all’inizio dell’anno, il settore zootecnico è responsabile per l’81-86 per cento delle emissioni totali di gas serra dell’agricoltura. Inoltre, passare a diete basate su prodotti vegetali contribuirebbe alla sicurezza alimentare attraverso un aumento di terre agricole per la produzione di alimenti per il consumo umano.
Le associazioni sottolineano la questione dell’alimentazione sana ricordando che
Gli individui che seguono diete ricche di proteine animali, soprattutto carni rosse e lavorate, hanno un maggior rischio di sviluppare patologie come diabete, infarto e problemi cardiovascolari, obesità e cancro.
L’ultimo punto di criticità è quello che riguarda l’aspetto economico e le variazioni che potrebbe portare il cambiamento del regolamento. Il mercato dei prodotti a base vegetale è un mercato in crescita. Viene sottolineato anche nella lettera delle associazioni che numerose aziende avrebbero un grave danno economico sulla propria attività considerando gli investimenti fatti per la comunicazione e marketing dei prodotti.
L’Italia non è il primo paese che vorrebbe sostituire le denominazioni
La Francia ha pubblicato un decreto sulle denominazioni associate agli alimenti a base vegetale nel luglio del 2022. Il paese è il più grande produttore di carne bovina nell’Ue e il settimo al mondo. Il decreto, già concordato dal 2020, aveva lo scopo di “ridurre la confusione” per i consumatori.
Il divieto sembrava una grande conquista da parte dell’industria della carne e dell’allevamento. Aveva avuto, però, una criticità simile a quella italiana da parte dei francesi sulla sostenibilità e sanità della produzione e consumo della carne.
Qualche settimana dopo, il Conseil d’État francese ha sospeso il divieto prima che entrasse in vigore.
L’approccio australiano
Nel febbraio scorso, il Senato australiano ha emesso una serie di raccomandazioni. Queste riguardavano l’etichettatura delle carni nelle quali si afferma che gli alimenti non contengono manzo, maiale, pollo o agnello. In quei casi si dovrebbero utilizzare parole come manzo, maiale, pollo o agnello né immagini di questi animali nella loro confezione o etichettatura.
Anche se spesso i consumatori di questi prodotti affermano di essere consapevoli della loro scelta, una ricerca condotta in Australia mostra che non è proprio così. Il 45 per cento degli intervistati ha convenuto che “l’uso di immagini di animali sulle carni di origine vegetale crea confusione”. Nel paese però non c’è stato alcun cambiamento sul tema.
Nonostante vari tentativi di portare cambiamenti in relazione ai prodotti a base vegetale in favore dell’industria della carne e dell’allevamento, non si vede un’ondata di consensi verso questa direzione. Al contrario le “carni a base vegetale” sono una categoria alimentare in crescita e risponde all’aumento della domanda da parte dei consumatori, compresi quelli motivati a migliorare la propria salute e/o la sostenibilità ambientale. Per quanto riguarda il nostro paese, l’accettazione della proposta in materia di denominazione dei prodotti alimentari contenenti proteine vegetali, essendo arrivata da una forza di maggioranza sembra probabile che venga accettata.