Il 9 marzo 2023 su Science, autorevolissima rivista scientifica, esce un curioso articolo intitolato “Proteggiamo l’orbita terrestre: evitiamo gli errori dell’alto mare”. L’obiettivo è strappare un accordo internazionale per la tutela dello spazio orbitale ed evitare che i detriti spaziali circondino la Terra.
Alcune precisazioni
- Per alto mare si intendono le acque internazionali, cioè quelle aree marine in cui ogni Stato del mondo, inclusi quelli che non hanno alcuno sbocco sul mare (per esempio la Svizzera), ha pari diritto di compiere attività di navigazione, sorvolo, costruzione installazioni artificiali, pesca e ricerca scientifica a condizione che siano rispettati gli interessi degli altri Stati.
- Cosa c’entra l’alto mare con l’orbita terrestre? Apparentemente nulla se non un bizzarro destino comune: essere invaso da rifiuti antropogenici (cioè prodotti dall’uomo).
Gli studiosi che hanno pubblicato l’articolo su Science hanno notato un’analogia sinistra: così come gli oceani sono collettori di ogni qualsivoglia tipo di rifiuto e, in modo particolare, di plastica, così sta avvenendo anche per l’orbita terrestre, in particolare LEO (Low Earth Orbit, orbita terrestre bassa), che si sta riempiendo di troppi detriti spaziali.
Cos’è l’orbita terrestre bassa (LEO)
LEO è lo strato attorno alla Terra compreso tra i 200 km e i 2.000 km di quota. Un satellite in orbita LEO viaggia a una velocità di circa 27.800 km/h e impiega più o meno 90 minuti per compiere un giro competo. La disponibilità di “traiettorie” in questa zona è molto ampia e, peraltro, è al riparo dalle radiazioni cosmiche ionizzanti. Per questi motivi LEO è la fascia orbitale più affollata e ospita:
- Satelliti commerciali e scientifici,
- Stazioni spaziali abitate,
- Costellazioni satellitari per le telecomunicazioni,
- E, ovviamente, detriti spaziali in una quantità spropositata.
L’industria spaziale è in forte crescita e si stima che i satelliti in orbita saranno più di 60.000 entro il 2030. C’è un po’ di assembramento in questo Spazio.
Lo Spazio come l’Oceano
Ebbene, denunciano le università di Plymouth (GB) e di Austin (Texas, USA), il NASA Jet Propulsion Laboratory e altre autorevoli istituzioni, dobbiamo impedire che succeda nell’orbita terrestre bassa ciò che è successo negli oceani. E cioè che diventi una vera e propria discarica. È necessario che gli Stati e le organizzazioni internazionali trovino un accordo su una gestione accorta dell’orbita terrestre esattamente come è successo il 5 marzo per la tutela degli oceani.
La notizia è stata epocale: finalmente “la nave ha raggiunto la riva” ha detto Reena Lee, presidente della conferenza. Proteggere le acque internazionali, adesso, è legge.
Il dettaglio: ci sono voluti più di 20 anni per raggiungere questo storico accordo. 20 anni durante i quali, nonostante gli appelli di scienziati e studiosi, la plastica è andata accumulandosi senza che nessuno facesse niente per impedirlo.
Quello che propongono, quindi, gli autori dell’articolo apparso su Science è di agire in fretta per evitare che l’orbita terrestre diventi per gran parte inutilizzabile a causa dei detriti spaziali.
Cosa gira intorno alla Terra: i detriti spaziali
Attualmente girano sopra le nostre teste 5000 satelliti (tra attivi e dismessi) a cui si aggiungono 20.000 rifiuti spaziali di dimensioni cospicue (maggiori di 10 cm) regolarmente tracciati dalle reti di sorveglianza. A questi si aggiungono tutti gli oggetti di dimensioni comprese tra 1 mm e 10 cm che, però, sono troppo piccoli per essere tracciati. Si calcola che i detriti spaziali in orbita siano circa 100 trilioni: pezzi di razzi usati per il lancio, parti di satelliti, bulloni, frammenti di vernice, lamiere e detriti di vario genere prodotti da guasti/collisioni/esplosioni.
Cosa succede quando c’è sovraffollamento in orbita
- Collisioni con satelliti operativi che, otre a danneggiarli, creano ulteriori detriti,
- Rientro in atmosfera in modo incontrollato,
- Pericolo per gli astronauti in orbita.
Le strategie in atto per la mitigazione del problema
- Monitoraggio dei detriti, solo quelli di dimensione maggiore, ovviamente, gli altri sono invisibili ai sistemi che abbiamo (radar, telescopi, stazioni di rilevamento laser).
- Tecniche per ridurre al minimo la produzione di detriti.
- Strumenti per ripulire le orbite dai detriti più grossi: si tratta, guarda caso, di altri satelliti la cui unica funzione, però, è quella di intercettare e raccogliere rifiuti. In pratica sono dagli aggeggi a metà strada tra un magnete gigante, un ricevitore di baseball e un netturbino.
Ma questo non basta. È necessario, dicono gli autori dello studio, spingere verso la produzione di satelliti più sostenibili e incentivare la responsabilità dei produttori, un po’ come si sta facendo con la plastica.
Isole di rifiuti, detriti spaziali e trattati vincolanti
Non dobbiamo fermare il progresso scientifico, ci mancherebbe, tutti noi ormai non possiamo fare a meno di Google Maps e Internet, ma tutto sommato sarebbe carino anche avere la certezza di aver visto una stella cadente senza avere il dubbio che fosse un pezzo di lamiera incandescente.
E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di [rifiuti] lo inondi
quest’atomo opaco del Male!Giovanni Pascoli
Si scherza, è ovvio che un oggetto di 10 cm a una distanza di 200 km non sia visibile a occhio nudo. Però neanche un sacchetto di plastica in mezzo all’oceano è visibile a occhio nudo da un satellite. Eppure, sacchetto + spazzolino + bottiglia + rete + piatto hanno creato numerose isole di rifiuti galleggianti ben visibili da lassù. La più grande si estende per almeno 700.000 km quadrati. In pratica, nella migliore delle ipotesi, è grande come la Penisola Iberica. Si trova nel Pacifico e pesa almeno 3 milioni di tonnellate. Certo, un sacchetto da solo non si vede, ma tutti insieme non passano inosservati. D’altronde, appoggiandoci ai luoghi comuni, una goccia non fa un oceano eppure un oceano è composto da singole gocce.
E, in un futuro non troppo lontano, potrebbe succedere la stessa cosa anche nell’orbita terrestre. È questo che dobbiamo evitare. Ed è per questo che è stato chiesto a gran voce un trattato internazionale legalmente vincolante per governare l’espansione dell’industria spaziale ai fini di preservare l’ambiente che letteralmente ci circonda.
Dovremmo smetterla di pensare di poter sfruttare a nostro piacimento tutto ciò che ci sta attorno senza pensare alle conseguenze e dovremmo invece iniziare a pensarci ospiti di un sistema che, semplicemente, può fare anche a meno di noi. Spietato, cinico ma è così.
Arianna Ferioli