Nei vent’anni che ci separano dall’approvazione della legge Bossi-Fini è esponenzialmente cresciuta la propaganda xenofoba che stigmatizza il fenomeno migratorio come un problema di sicurezza, alimentando il razzismo diffuso dalla Lega fin dal suo sorgere.
Breve storia della Lega
La Lega Nord nasce nel 1989 fondata da Umberto Bossi. Immediatamente connotata come partito populista (nasce per raccogliere consenso, non come conseguenza di un’ideologia politica) e razzista (i meridionali sono per i leghisti dei parassiti lassisti che vivono dell’assistenzialismo statale finanziato dalle regioni del nord), all’inizio degli anni Novanta inizia la sua lotta per una padania libera e indipendente. È l’odio verso i meridionali a fondare l’identità del partito, che delinea un carattere tipico degli abitanti del sud Italia quale affetto da una pigrizia atavica. Solo nei primi anni del Duemila il partito più infimo e becero che la storia della Repubblica italiana abbia mai conosciuto comincerà a parlare di una presunta “razza padana”, connotata sempre dalla differenza col presunto carattere dei meridionali. Il razzismo, è bene ricordarlo, è fondato sull’estensione a una moltitudine di persone di determinati attributi dispregiativi atti a provocarne la discriminazione. Il razzismo appartiene alla Lega fin dalla sua nascita. Col tempo, il baricentro dell’odio razziale si sposterà verso gli immigrati. A Bossi, dopo lo scandalo del “cerchio magico”, succede Maroni e, a Maroni, Salvini. Inizia l’era delle ruspe contro i campi rom, della comunicazione massiva a mezzo social, dei decreti sicurezza, della xenofobia e dell’antieuropeismo.
Breve storia di Alleanza Nazionale
Alleanza Nazionale sorge nel 1995 per volontà di Gianfranco Fini, allora segretario del Movimento Sociale Italiano, il partito fondato da Almirante nel 1946, all’indomani dello scioglimento del partito Fascista. L’obiettivo di Fini è riabilitare la destra neofascista italiana nel quadro della politica italiana. E ci riesce magnificamente, al punto che, per la prima volta dalla sconfitta del Fascismo, in virtù dell’alleanza con Berlusconi, che “scende in campo” dopo le stragi mafiose dei primi anni Novanta e in seguito al crollo della prima Repubblica, sale al Governo. Alleanza Nazionale è il riferimento di tutte le formazioni razziste e suprematiste di estrema destra: da Casa Pound ai fascisti della prima ora. Non è difficile rintracciare l’eredità fascista nel nazionalismo di destra che vuole gli italiani al primo posto e gli immigrati in stato di clandestinità. Il nazionalismo è sempre stato la maschera dietro cui si nasconde il razzismo.
La Bossi-Fini
Firmatari della legge sono il leader della Lega Nord e quello di Alleanza Nazionale. Il contesto è quello del secondo governo Berlusconi. L’anno il 2002. La legge consente l’ingresso in Italia solo a chi è in possesso di un contratto di lavoro. Il permesso di soggiorno è rilasciato per due anni a chi intrattiene un rapporto di tipo indeterminato e, negli altri casi, di un solo anno. Per tutti, vige l’obbligo di registrazione delle impronte digitali. Le persone prive del permesso di soggiorno, ma in possesso di documenti d’identità sono espulse. Coloro i quali sono privi anche del documento d’identità sono rinchiusi nei vecchi CPT (Centri Permanenza Temporanea), poi CIE (Centri Identificazione ed Espulsione). Lo straniero espulso che rientra in Italia commette un reato e finisce in carcere. I centri di trattenimento, oggi CPR dopo la legge Minniti, rappresentano una grave violazione della libertà personale, poiché ad essere rinchiusi sono stranieri che hanno commesso una semplice violazione amministrativa.
Il principio di non respingimento e il decreto anti-Ong
La Bossi-Fini ammette i respingimenti in acque extraterritoriali in base agli accordi bilaterali con altri Paesi (ad esempio la Libia) che impegnano le forze di polizia di frontiera a cooperare alla lotta all’immigrazione cosiddetta clandestina. Non solo l’immigrazione non dovrebbe mai svolgersi in condizioni di clandestinità, ma in virtù del principio di non respingimento è necessario tutelare la vita e la dignità dei migranti. Da qui nasce l’attività in mare delle ONG.
Il principio di non respingimento, noto come principio di non-refoulement, è stabilito dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra (1951) e afferma:
Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.
Il Mediterraneo si è trasformato in un cimitero e in uno scacchiere, in cui i confini si assottigliano. I migranti, dopo viaggi estenuanti in condizioni disumane, torture e sopraffazioni, sono pedine di una partita politica i cui attori sono il razzismo e il rifiuto all’accoglienza da un lato e il diritto internazionale dall’altro. Il decreto anti-Ong, recentemente approvato alla Camera, non è che l’ultimo atto di una politica xenofoba che, indisturbata, nel succedersi di governi di ogni fazione e colore, vara leggi che trasformano l’Italia in un Paese razzista, intollerante.
Il sonno della ragione
Il problema non è il braccio di ferro tra europeismo e nazionalismo, tra organizzazioni non governative e governo, ma tra una visione del mondo limpida e cristallina in cui la dignità umana è rispettata sempre e comunque e una demagogica in cui lo straniero è il capro espiatorio di problemi preesistenti dovuti sia a fatti politici quali corruzione e connivenza con la criminalità organizzata, che a un modello di sviluppo iniquo e insostenibile basato sullo sfruttamento dell’uomo, sulla sua omologazione, sull’inciviltà, l’egoismo e la paura. Il razzismo delle leggi italiane dovrebbe essere un campanello d’allarme che faccia gridare allo scandalo. Esso dovrebbe risvegliarci dal letargo in cui la ragione è caduta, dovrebbe provocare rivolte popolari e solidali. La memoria storica dovrebbe farci urlare al genocidio, invece siamo paralizzati in una dimensione afasica in cui l’agognato benessere diventa un miraggio, stritolati dalla necessità di riuscire ad arrivare alla fine del mese. Lavoriamo, produciamo, consumiamo senza la coscienza civile che dovremmo ormai aver maturato dopo anni d’istruzione, esperienza e conoscenza. L’indifferenza è il male del nostro tempo. Compagna della paura.