Gli aggettivi inumane e traumatizzanti, come li ha descritti la volontaria Malgozorta Tomczak, bene sintetizzano la situazione dei centri di detenzione polacchi.
I centri di detenzione
I centri di detenzione sono misure provvisorie per far fronte alle enormi pressioni migratorie al confine, per le quali non c’è un’adeguata preparazione. Sono gestiti dalla polizia di frontiera e sono definiti “centri sorvegliati per stranieri”. Nei centri di detenzione sono internati anche molti minori, donne e famiglie. I richiedenti asilo sono detenuti assieme alle persone soggette alla procedura di rimpatrio per un tempo indefinito, a discrezione del personale di guardia. I detenuti sono soggetti alla continua minaccia di deportazione. Esistono poi gli “areszt dla cudzoziemców”, i centri di detenzione “rigorosa”. Queste sono vere e proprie prigioni riservate agli “indisciplinati e insubordinati”, come quella di Przemyśl. Ricordano prigioni di alta sicurezza, provvisti di recinti di filo spinato e attrezzature di sorveglianza.
Il caso di Rosa
Rosa, una detenuta cubana richiede ai volontari una parrucca per coprire la sua calvizie dovuta a infestazioni di pidocchi e degli stivali per il freddo. Chiede inoltre ad altri detenuti se hanno qualche necessità. Giorni dopo, si presenta con una lista: le donne incinta chiedono vitamine e latte in polvere per i neonati, qualcun altro chiede vestiti e cibo, insieme a giochi di intrattenimento per passare il tempo infinito nelle celle. La Tomczak aggiunge:
I pidocchi, il freddo e la solitudine patiti da Rosa e altri in questi centri possono essere ricondotti agli atti ministeriali approvati negli anni dalla vittoria del partito anti-immigrazione Legge e Giustizia (PiS) nel 2015[…]. Nel 2020 le norme nutrizionali per i detenuti sono state abbassate del 25 per cento per i bambini e le donne incinte, e del 35 per cento per tutti gli altri, fissando lo standard di 2,70 euro per adulto.
La prigione di Wedrzyn
Fino ad agosto 2021 in Polonia c’erano sei centri di detenzione, Biała Podlaska, Białystok, Kętrzyn, Krosno Odrzańskie, Lesznowola e Przemyśl. Successivamente ne sono stati aperti altri tre, fra i quali Wędrzyn. Quest’ultimo sorge all’interno di una base militare operativa, a circa 50 km dal confine tedesco ed è riservato agli uomini, è classificato come un “centro di detenzione sorvegliato”. Il filo spinato e i costanti rumori di veicoli blindati, elicotteri e spari durante le esercitazioni hanno riacutizzato i traumi preesistenti negli internati.
La maggior parte dei giorni venivamo svegliati dai rumori dei veicoli blindati e degli elicotteri, poi c’erano spari ed esplosioni. A volte andava avanti così tutto il giorno. Quando non hai dove andare e niente cui pensare, tutto questo diventa intollerabile. Dopo che in Siria avevo subito torture, la mia famiglia era stata minacciata e avevamo camminato per dieci mesi, a Wędrzyn ho ceduto.
Questa è la testimonianza di un rifugiato siriano. I detenuti raccontano inoltre che ogni camera ospita circa 22 persone, ciascuno vive in meno di due o tre metri quadrati di spazio. La superficie minima prevista per gli stranieri in queste strutture è addirittura inferiore a quella dei detenuti nelle carceri e al di sotto degli standard stabiliti dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti. Inoltre, nessuno può visitare i detenuti, nemmeno avvocati o attivisti. L’assistenza umanitaria e giuridica, quindi, non è garantita. Neppure gli operatori che vorrebbero occuparsene possono accedere alle aree di frontiera e spesso subiscono aggressioni dalle forze armate. Le ONG si affidano infatti agli internati, come Rosa, che segnalano episodi preoccupanti come aggressioni o suicidi.
Le condizioni di vita dei detenuti
Un filo metallico che funge da recinzione contorna la struttura ed i migranti sono lasciati a se stessi in attesa di una decisione del tribunale sul loro destino, che può impiegare anche mesi ad arrivare. L’uso del cellulare non è permesso e i detenuti possono usufruire della rete internet solo una volta a settimana per mezz’ora. L’ingresso in questi centri di detenzione è altamente limitato e la guardia di frontiera polacca è molto restia nel condividere informazioni. I richiedenti asilo si trovano infatti in uno stato mentale precario, esasperato dal fatto di essere costipati in un luogo così sovraffollato.
Un altro elemento critico è la mancanza di opportune cure mediche e psicologiche. La privazione della libertà costituisce già di per sé un elemento umiliante, aggravato inoltre dalle condizioni di vita degradanti. Munzer, siriano di 27 anni rinchiuso a Wędrzyn afferma:
Abbiamo attacchi di panico, incubi notturni, non riusciamo a dormire. Sto impazzendo qui.
Come denunciano le solidali presenti
ancora una volta si assiste alla deumanizzazione delle persone incarcerate nei centri di detenzione, che va dal chiamarle per numero invece che per nome a negare la più basica assistenza medica a chi si trova in pericolo di vita .
A questo si aggiunge il blocco e la criminalizzazione degli oppositori: ogni protesta e forma di resistenza è repressa con sempre maggiore brutalità.