Farina di grillo e prodotti plant based, ma anche carne coltivata in vitro: il cibo del futuro si districa tra natura e artificio; tra allevamenti di insetti e provette da laboratorio.
“Ma che bontà, ma che cos’è questa robina qua?” cantava Mina nel ‘77, ricevendo le risposte più disparate: dal vitello delle Ande al bovino della Gallura; dal barolo delle Langhe al cacao della Bolivia. Ma cosa accadrebbe se la stessa domanda fosse posta a noi o ai nostri figli, tra qualche decennio? Probabilmente le risposte sarebbero ben diverse. “Pasta di microalghe”, “pizza a impasto 100% farina di grillo”, “hamburger plant based”, per non parlare di tutti i piatti a base di cibo prodotto direttamente riprodotto in laboratorio e lavorato con coloranti e insaporitori.
Signore e signori, vi presento il cibo del futuro.
We all have a hunger
15 novembre 2022, una giornata storica. Le Nazioni Unite dichiarano che la Terra ha ufficialmente raggiunto gli otto miliardi di abitanti. Otto miliardi di bocche da sfamare. Eh già. Da anni ormai si parla della necessità di creare un mondo più sostenibile da un punto di vista sia ambientale sia sociale. Questo significa rispetto dell’ambiente fisico, parità di genere, e soprattutto accesso equo alle risorse. Tutte le risorse, anche alimentari. Come possiamo sfamare equamente otto miliardi di persone e al contempo rispettare l’ambiente fisico che ci circonda e, perché no, i basilari diritti di benessere animale?
E’ chiaramente arrivato il momento di ampliare gli orizzonti e superare le colonne d’Ercole della tradizione culinaria. Servono nuove fonti di approvvigionamento del cibo, naturali o artificiali che siano. E dunque, come sarà il cibo del futuro?
Cibo del futuro: come sarà?
Sano e sostenibile. Sono queste le principali caratteristiche che la popolazione chiede al cibo del futuro. Buono e genuino ma ancor più importante rispettoso dell’ambiente fisico e del benessere animale; sostenibile sul piano economico e sociale (dovremmo evitare lo sfruttamento dei lavoratori impiegati nelle filiali di produzione); in grado di saziare a sufficienza otto miliardi di persone.
I frutti della terra
Madre Natura non si è certo risparmiata in quanto a fonti di approvvigionamento del cibo e ce ne rendiamo conto sempre di più ora che la necessità di ampliare gli orizzonti culinari si fa urgente. Ne sono consapevoli gli abitanti di quelle zone del mondo che da secoli consumano insetti. Già, insetti, una fonte di cibo ecologicamente valida su cui parecchi stanno lavorando per ottenere farine e snack ad alto contenuto proteico. La britannica Future Positive Capital e l’olandese Aqua-Spark sono i principali investitori nel settore dell’allevamento di insetti che sull’ambiente pesa anche meno delle coltivazioni dei legumi.
O ancora, tenendo lo sguardo rivolto verso il basso, potremmo guardare alle micro-alghe come ha fatto la svizzera Alver. Maccheroni, penne e fusilli super proteici sono il suo cavallo di Troia per immettere nelle tavole svizzere l’alga Chlorella, fermentata e disidratata. Il risultato è una pasta contenente in percentuale più proteine del manzo, del pesce e persino dell’ostica soia.
Insomma, il mondo è pieno di fonti alternative. Basteranno per tutti? Davvero l’alga Chlorella e le cavallette riusciranno a ridurre l’impatto ambientale della dieta occidentale e a fronteggiare la malnutrizione nei paesi sottosviluppati?
Tranquilli. Se Madre Natura non dovesse farcela potremmo sempre rivolgerci a Figlia Scienza.
Quel gustoso ibrido chiamato plant based
Frutto della nostra curiosità e della nostra ambizione, la scienza può aiutarci nella lotta contro la malnutrizione, rendendo l’alimentazione più sostenibile. Da qualche anno la vediamo in azione contro l’industria dolciaria e della carne.
Sappiamo quanto l’allevamento intensivo, inevitabile se si vuole fornire carne a miliardi di persone, sia nocivo per l’ambiente e insostenibile sul piano sociale. Questa consapevolezza ha portato ad una sempre maggiore tendenza al consumo di prodotti a base vegetale (plant based appunto) che, grazie all’aiuto della scienza, si sono fatti sempre più gustosi e ricchi di valori nutrizionali. Diciamo addio alle semplici polpette di legumi. Soia, piselli, fagioli e ceci sono ora lavorati e arricchiti di profumi e aromi in grado di ingannare il palato del consumatore. E’ la Beyond Meat, un preparato con la stessa consistenza e sapore della carne.
Innovazione che permetterà sicuramente di ridurre la necessità di allevare e macellare animali e di ridurre le emissioni nocive per l’ambiente.
Consumare carne senza consumare carne. Il cibo del futuro permette anche questo. La domanda sorge spontanea: è davvero così sano? La scienza non potrebbe aiutarci a rendere sostenibile il consumo di vera carne piuttosto che creare elaborati sostituti?
La risposta è sì.
I frutti della provetta
Cosa bolle dunque in pentola per gli irriducibili della carne? Nulla. In pentola non bolle nulla. Casomai bolle in provetta.
E’ nel 2013 che fa capolino la prima tecnologia scientifica in grado di coltivare in laboratorio carne macinata dalle cellule staminali di vacca. Grazie a tecniche di ingegneria tissutale pionieristiche nella medicina rigenerativa è possibile creare il tessuto muscolare di qualsiasi animale, persino l’essere umano, aprendo la strada anche a possibili applicazioni mediche. Una tecnologia che fa gola a molte Start-up americane tra cui Memphis Meats , Mosa Meat e Aleph Farms, queste ultime supportate dall’attore e attivista Leonardo di Caprio.
Cibo del futuro: tra natura e artificio
“Ma che bontà, ma che cos’è questa robina qua?” cantava Mina nel ‘77 e certamente non si aspettava che cinquant’anni dopo la risposta sarebbe potuta essere “pasta di micro-alghe” oppure “pizza con impasto 100% farina di grillo” o ancora “hamburger plant based”. Questioni di sicurezza alimentare, lotta alla malnutrizione, protezione della biodiversità, guerra al cambiamento climatico e alla attenzione alla produzione di cibo pulito accessibile a tutti, guideranno sempre più le nostre scelte alimentari.
Il cibo del futuro si appresta ad affrontare una sfida epocale: oltrepassare le colonne d’Ercole della tradizione culinaria per portare sulle tavole di otto miliardi di persone cibo proveniente da ogni dove. Insetti, alghe, prodotti plant based e persino colture in vitro sembrano la soluzione necessaria per una pratica alimentare equa e sostenibile.
Cibo del futuro: se siamo ciò che mangiamo, che cosa saremo?
Siamo ciò che mangiamo. Domandiamoci dunque che cosa saremo in futuro. Saremo insetti, vermi striscianti, micro-alghe. Saremo prodotti iper-trattati e ingannevoli. Saremo cellule in vitro. Forse. Ma saremo senz’altro anche sostenibilità. Saremo abbondanza, così tanta da credere impossibile l’idea che qualcuno non abbia accesso a cibo di suo gusto. Saremo il tentativo di rimediare ad una cultura alimentare limitante, fondata troppo spesso sulla crudeltà nei confronti del vivente (animale o lavoratore che fosse). Saremo diversi. In meglio? In peggio? Ai posteri l’ardua sentenza.