Ponte San Giacomo dei Capri, una lunga lingua di cemento che si interrompe come un’onda davanti a scogli d’asfalto dei palazzoni della zona Arenella, Vomero, la Napoli borghese e collinare.
L’iconografia di quest’opera incompiuta edile risalente agli anni ’80 e dove dei ragazzini si divertono a improvvisare mosse di break dance è proprio l’immagine che caratterizza l’inizio della serie prodotta da Netflix, “La Vita Bugiarda degli Adulti”. Protagoniste del racconto sono la giovane adolescente Giovanna (l’esordiente Giovanna Marengo) e sua zia Vittoria (Valeria Golino); nel mezzo, proprio come un ponte che si interrompe, c’è una generazione che cerca di smascherare la sua antecedente e una Napoli che sordidamente abbraccia l’altro volto di se stessa come una sorta di ribelle evasione.
La serie trae spunto dal romanzo omonimo di Elena Ferrante uscito nel 2019 che, proprio come per il successo della trasposizione seriale in tre stagioni de “L’Amica Geniale“, torna ad attingere a quello stesso humus che rafforza interrogativi e sfaccettature ma soprattutto torna a dare parola alle immagini. Proprio questa era, infatti, la premessa della misteriosa e celebre autrice napoletana che già nella sua rubrica del 2018 tenuta per “The Guardian” sottolineava l’importanza tra il cinema e il racconto per immagini e del suo rapporto tra scrittura ed efficacia visiva, un rapporto oramai quasi trentennale, risalente infatti al 1995 e a L’Amore Molesto diretto da Mario Martone.
Ancora una volta, l’autrice, coadiuvata alla sceneggiatura da Francesco Piccolo ed Edoardo De Angelis (anche regista della serie) ripropone il tema della ricerca del rapporto tra il sé e l’eventuale altro in divenire, di una crescita cruda che si adagia e dirompe intimamente attraverso il volto di una città difficile, di personalità trascinanti, di libertà che transitano oltre le mura stringenti di un quartiere o un rione; ma anche la costante di una visione al femminile attraverso le sue protagoniste, donne fragili e forti allo stesso tempo, paladine di un’emancipazione personale e individui in contesti non semplici.
Stavolta si accompagna, nelle sei puntate che caratterizzano la serie, anche il rapporto in eterno conflitto tra genitori e figli (nel caso di Giovanna sono gli attori Alessandro Preziosi e Pina Turco) oltre che quello territoriale fortemente legato a un contesto sociale. Ma le dinamiche sembrano stavolta capovolte, saranno i figli a tentare di comprendere, in un’opera d’accettazione, le debolezze e il passato degli adulti a costo di svelare scomode verità, e la fuga stavolta non è quella consona dal quartiere difficile a quello privilegiato, ma la traiettoria prevede un percorso inverso. Proprio dagli ambienti vomeresi e posillipini napoletani, quelli agiati per eccellenza, la giovane protagonista cercherà invece una verità nel volto somigliante di sua zia, proveniente dal difficile quartiere industriale del Pascone. Una sorta di riconoscimento visivo cromosomico in quella che definivamo “la ricerca dell’altro da sé”.
La serie appare la perfetta commistione tra lo sguardo di De Angelis, evocatore alla regia di quei sottoboschi di difficili periferie e di vite che corrono parallele nei mondi vicini (come “Indivisibili” e “Il Vizio della Speranza”) e quello dei forti contesti da romanzo formativo della Ferrante che ricalca quel passato di penne femminili forti e riconoscibili, che fanno di Napoli anche la musa dannata di Matilde Serao o Anna Maria Ortese. Sullo sfondo il capoluogo partenopeo è collocato intorno a metà degli anni ’90, dove da una parte si fanno avanti i giovani cresciuti dopo la caduta del muro di Berlino tra zaini Invicta e i movimenti dei centri sociali e delle posse, dall’altro una sorta di borghesia stinta che accompagna il tramonto di un comunismo elitario che continua il suo dibattito con la cultura cattolica e popolare. Notevole anche la colonna sonora tra Enzo Avitabile, 99 Posse, Almamegretta, Massive Attack, per citarne alcuni.
Siamo certi che nel marasma dei dibattiti divisori e di una, eventuale, seconda stagione possiamo apprezzare il racconto di una città che sottolinea il suo diverbio sociale e culturale che, come poi accade, si circonda di anime che transitano nella dipendenza di una con l’altra nella città dalle sue mille sfumature.