L’omicidio di George Floyd nel 2020 ha cambiato molto, in primis, la società americana ma anche il mondo. Quello è stato l’anno della riflessione sulla violenza della polizia Usa ed ha scatenato una grande quantità di discorsi e manifestazioni sulla giustizia razziale. Sono passati 3 anni da quell’omicidio ma le cose non sembrano essere cambiate.
Keenan Anderson, 31 anni, un uomo nero, insegnante di scuola superiore e cugino del co-fondatore del movimento Black Lives Matter, è solo l’ultima vittima della violenza della polizia Usa ad aver fatto notizia a livello mondiale. La sua uccisione è avvenuta il 3 gennaio ed è documentata da un video prodotto dalle bodycam degli agenti e diffuso solo in questi giorni.
La violenza della polizia si manifesta su Americani di diverse etnie, generi, età e classi sociali. Tra questi gli afroamericani contano il maggior numero di vittime e la morte di Floyd è diventata il simbolo di un razzismo sistematico subito. A partire da quel maggio 2020, il sostegno agli afroamericani e la solidarietà espressa al movimento Black Lives Matter, al fine di combattere il razzismo e di aprire un dialogo razziale, ha raggiunto livelli che non si vedevano da decenni, ovvero dai tempi del Movimento per i diritti civili.
La violenza della polizia negli Usa ha radici profonde nella cultura e nelle forze dell’ordine americane. Gli esperti spiegano la prevalenza degli afroamericani come vittime della polizia, formata da agenti prevalentemente bianchi, per via dei pregiudizi esistenti verso i neri. Importante è anche la cultura dei dipartimenti di polizia urbana, dove la lealtà e il senso di appartenenza sono fondamentali per le aspirazioni di carriera dei singoli poliziotti. Nessun tipo di caratteristica individuale o istituzionale, però, può giustificare la violenza o l’uso eccessivo di essa.
Qualcosa è cambiato dentro la polizia americana
Storicamente sono molto rare le condanne per gli agenti di polizia, questo perché il numero di accuse è sempre stato molto basso ed è sempre stata molto forte la tendenza di credere alle parole degli agenti durante i processi.
Sono 155 gli agenti accusati di omicidio dal 2005 e la condanna è arrivata solo per un terzo di loro. Nel 2021, però, dopo il caso Floyd, sono stati condannati 21 ufficiali per omicidio o omicidio colposo derivanti da sparatorie avvenute durante il servizio. Questo numero è aumentato di 3 volte rispetto al 2017. Un altro dettaglio interessante di questi dati è l’aumento di condanne inflitte agli agenti di polizia di alto profilo.
Dal 2020 ad oggi, i governatori hanno approvato circa 300 leggi sulla riforma della polizia allo scopo di aumentare la responsabilità degli agenti, la supervisione della polizia, la formazione e le politiche sull’uso della forza.
I dati mostrano che poco è cambiato
Il numero di sparatorie mortali da parte della polizia aumenta ogni anno. Secondo Mapping Police Violence, nel 2022 sono state uccise 1.183 persone, un numero mai registrato prima. Sono stati solo 12 i giorni dell’anno in cui la polizia non ha ucciso nemmeno una persona.
I neri, che compongono circa il 14 per cento della popolazione americana, hanno 3 volte più probabilità di essere uccisi dalla polizia rispetto ai bianchi, questo numero sale fino a 7 volte nel caso degli afroamericani.
Spesso gli omicidi avvengono a seguito di semplici controlli ordinari, disturbi o reati non violenti che vedono come protagonisti soprattutto i giovani tra i 20 e i 40 anni. Una persona su 3 viene uccisa dalla polizia mentre stava scappando o allontanandosi senza aver commesso un presunto crimine. Le persone di colore hanno maggiori probabilità di essere uccise durante la fuga.
Dall’inizio di questo anno, la polizia ha ucciso 40 persone in meno di due settimane. Forse le riforme non sono state efficienti o semplicemente non erano mirate per risolvere il problema.