Internet ha cambiato il modo in cui noi comunichiamo e il modo in cui produciamo, veicoliamo e sfruttiamo l’informazione. Questa innovazione ha portato con sé conseguenze decisive sull’assetto della libertà d’espressione, talvolta negata.
Internet è una delle maggiori rivoluzioni dell’umanità. Ogni giorno garantisce enormi benefici a chi lo usa, primo fra tutti la libertà d’espressione. Così, una sempre più capillare espansione di Internet porta l’individuo al centro dei flussi di informazione, diventando egli stesso fonte di informazione.
Chi ha accesso ad Internet?
Secondo la Internet World Stats a gennaio 2022 gli utenti Internet erano 5,152,254,587. Di questi, il 53,4 % sono costituiti dagli utenti in Asia. In Asia, la Cina vanta il maggior numero di utenti Internet attivi, pari a 989,080,566.
Subito dopo vediamo Europa (14.3%), Africa (11.5%) e America Latina (9.6%).
Dall’altra parte, tante sono ancora le persone che non hanno accesso alla rete: in Asia meridionale sono circa un miliardo, in Africa quasi 840 milioni e in Cina 400 milioni.
Anche l’Itu conferma che la popolazione mondiale che non ha accesso alla rete ammonta a 2,9 miliardi di persone. La quasi totalità di queste (96%) si trova in Paesi in via di sviluppo, nonostante dal 2019 l’introduzione di Internet in queste zone sia accresciuta notevolmente.
Ma avere accesso ad Internet equivale ad avere libertà d’espressione?
Secondo uno studio di Freedom House la libertà d’espressione in rete è diminuita per l’undicesimo anno consecutivo. Su 70 stati analizzati, in 21 la libertà è nulla, in 31 è limitata, mentre solo in 18 è completa. L’accusa di minaccia alla sicurezza nazionale, incitamento alla rivolta o terrorismo internazionale è sempre facilmente utilizzata dai governi per privare della libertà d’espressione.
L’abbiamo visto anche nelle settimane scorse, quando il governo iraniano ha bloccato la rete in tutto il paese, con l’intenzione di reprimere e contrastare le proteste dovute alla morte di Mahsa Amini, avvenuta il 16 settembre.
Libertà d’espressione negata in Russia
Il minimo storico della libertà d’espressione su Internet l’ha raggiunto la Russia, a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze militari nel febbraio 2022. Questo episodio ha rappresentato il maggiore declino nazionale di quest’anno nella libertà in rete. A distanza di qualche settimana dall’invasione, il Cremlino ha bloccato Facebook, Instagram e Twitter, sottraendo la connessione dei russi con utenti di altri paesi e limitando la possibilità di ottenere aggiornamenti reali sulla guerra.
Il governo ha anche bloccato più di 5000 siti web, costringendo ad utilizzare appellativi come “operazione militare speciale” in riferimento all’occupazione. Ha inoltre introdotto una legge che stabilisce una pena fino a 15 anni per la diffusione di “fake news” sul conflitto.
Altri paesi senza libertà d’espressione
Myanmar ospita il secondo peggior ambiente per i diritti umani online, superato solo dalla Cina. Dopo il colpo di stato militare del febbraio 2021 ha incrementato il regime di censura, bloccando tutti i siti Web, lasciandone poco più di mille e limitando l’accesso alle principali piattaforme di social media. La connessione Internet è stata interrotta da allora fino al mese di aprile ogni notte.
Si aggiunge anche l’Egitto, che nel 2021 ha condannato al carcere due influencer per aver postato su Tik Tok video che incoraggiavano le donne ad intraprendere una carriera sui social media. L’Iran, invece, nel 2020 ha giustiziato Ruhollah Zam, amministratore di un famoso canale notiziario su telegram.
La Cina è la prima nemica della libertà su Internet
Il governo cinese continua dal 1996 a detenere il primo posto come nemico della libertà d’espressione su Internet. Le autorità hanno infatti imposto pene detentive per la diffusione di notizie, la condivisione di idee politiche o religiose e la comunicazione con persone al di fuori dei confini cinesi.
Alcune piattaforme di social media cinesi applicano dei sistemi per rivedere i contenuti prima ancora che vengano pubblicati. In particolare, il governo ha incrementato la censura dei contenuti in rete correlati ai diritti delle donne e ha limitato le campagne sui social media contro le aggressioni e le molestie sessuali. Ad acuire ciò è quello che è successo durante le Olimpiadi di Pechino. Le accuse di abusi sessuali rivolte ad un importante dirigente del Partito Comunista Cinese da parte della campionessa di tennis Peng Shuai sono state inspiegabilmente ritrattate.
Con il Covid aumenta la censura sul web
La pandemia sembra aver inciso sulla rigidità di tali politiche. Con lo scopo di reprimere la disinformazione, queste politiche restrittive sono state estese anche laddove non c’era bisogno. Inoltre, mai come in questa situazione di emergenza sanitaria abbiamo assistito alla promozione di fake news e di teorie di complotto. Di conseguenza, alcuni governi hanno tentato di mettere a tacere la libertà d’espressione di giornalisti e hanno approvato leggi a favore dell’arresto di utenti sconvenienti, per evitare più che altro notizie capaci di alterare l’equilibrio sociale.
Si tratta di un fenomeno alquanto allarmante, ancor di più in un periodo critico di pandemia, in cui il diritto all’informazione e alla libertà d’espressione dovrebbero essere garantiti ai massimi livelli.
La libertà d’espressione su Internet fa ancora tanta paura
Internet è purtroppo ancora troppo spesso sottoposto a strategie massive di sorveglianza, motivate da una paura infondata (o forse no) della rete e dall’esigenza di assicurare la “tutela” nazionale attraverso la privazione del diritto d’espressione. I governi attuano una vera e propria repressione contro le voci che esprimono dissensi, che vanno contro ad una linea narrativa a senso unico. Il pluralismo informativo è fondamentale per sostenere un modello democratico.
Come sostiene Freedom House, il potere emancipatore di Internet dipende dalla sua natura egualitaria. Sempre e comunque un utente che navighi in un Internet libero e aperto dovrebbe avere pari opportunità di accedere a strumenti educativi, creativi e sociali che appoggino il progresso personale. I governi democratici hanno il dovere di formulare regolamenti che permettano agli utenti di esprimersi liberamente, condividere informazioni ed idee personali, anche in disaccordo con il potere statale. Altresì, un uso sbagliato delle nuove innovazioni andrebbe a ledere anche i diritti fondamentali, di cui si funge da garante. Andrebbe quindi a rafforzare e velocizzare il declino della democrazia.