Durante il convegno sull’immigrazione organizzato dalla Ciac Onlus, si è discusso su quali potrebbero essere le possibili alternative per accogliere chi scappa e disincentivare i cosiddetti “viaggi della morte”.
Canali di accesso autorizzati
Come già discusso in un precedente articolo, durante il convegno organizzato dalla CIAC Onlus sul tema delle migrazioni si è parlato delle conseguenze e paradossi delle politiche tese a bloccare l’immigrazione, che spesso hanno effetto opposto rispetto al fine che si prepongono di raggiungere. Come conseguenza, invece, incrementano i cosiddetti viaggi della morte di coloro che non potendo accedere ai canali d’ingresso regolari si vedono costretti a percorrere altre vie per arrivare in territorio EU .Infatti, il 90% degli immigrati che arriva in Europa lo fa attraverso canali irregolari, non perché non sarebbe più comodo prendere un aereo, ma perché i canali di accesso autorizzati e sicuri non sono sufficienti e in molti casi sono preclusi a queste persone.
Ma quali sono i canali di accesso regolari che permettono di entrare nell’Unione Europea? Per entrare in territorio EU è necessario la concessione di un visto. Il rilascio dei visti è regolamentato da una serie di requisiti che gli individui devono possedere. Un problema che si presenta sovente è il fatto che molti di coloro che vorrebbero partire provengono da paesi con gravi conflitti interni e crisi umanitarie, che non permettono a queste persone di avviare le pratiche formali di richiesta. Inoltre, durante la seconda parte del convegno si è ribadito che esiste una legge europea che prescrive quali nazionalità possono entrare nel territorio senza visto, viceversa,
esiste un elenco dei paesi i quali cittadini devono essere in possesso di visto, questa viene definita la “Black List”. Proprio da questi paesi provengono le persone che presentano domanda di protezione internazionale in Europa e le principali nazionalità richiedenti asilo
come ha sottolineato nel suo intervento Adele Del Guercio, ricercatrice presso L’Università degli Studi di Napoli.
Esiste inoltre il rilascio di visti umanitari, che vengono concessi a chi proviene da paesi che si trovano in gravi situazioni umanitarie. Tuttavia, rimane a discrezione dei singoli stati valutarne il rilascio o meno. Per tale ragione i visti umanitari concessi rappresentano un numero esiguo.
Altre vie percorribili e sicure sono i corridoi umanitari gestiti da organizzazioni private. Ma che rappresentano anche in questo caso una risposta non sufficiente, in quanto il numero di persone che possono usufruirne è molto ridotto.
Alternative per accogliere e combattere i canali irregolari
I discorsi sull’immigrazione ci fanno credere che coloro che scappano dai loro paesi vengano tutti da noi, ovviamente si tratta di una percezione errata. Infatti, l’80% dei rifugiati si trova in paesi in via di sviluppo, spesso limitrofi ai loro paesi d’origine. Le condizioni complicate in cui si trovano questi paesi, possono rendere difficile l’inserimento e la possibilità di avere condizioni di vita adeguate per i rifugiati. Una delle possibili vie per arginare il problema sarebbe il potenziamento dei reinsediamenti o delle cosiddette politiche di resettlement, ovvero il trasferimento di rifugiati da un primo paese di asilo in cui non sono presenti condizioni di sicurezza, verso un altra nazione. Le politiche di resettlement non sono obbligatorie, ma restano a totale discrezione dei singoli stati, che decidono il numero delle quote di reinsediamento da destinare a possibili rifugiati.
Un altra ipotesi invece, sarebbe aprire nuovi spazi d’asilo in altri paesi attraverso un sostegno economico internazionale. In tal modo, ci potrebbe essere una via in più per far sì che i rifugiati possano avere l’opportunità di vivere una vita dignitosa in un altro paese.
Inoltre, si potrebbe pensare a un’implementazione dei corridoi umanitarie che rappresentano dei canali sicuri e protetti. Ad oggi, in Italia queste iniziative provengono dal basso, solitamente organizzate da soggetti religiosi e organizzazioni private. Questo fa sì che, il numero di persone a cui si rivolgono tali progetti è limitato. Inoltre, la scelta dei profili di coloro che potranno accedere ai corridoi umanitari sono delegati interamente ai privati e perciò non impugnabili. Per tale motivo, sarebbe importante sia lo sviluppo di maggiori corridoi umanitari, sia che questi vengano gestiti a livello governativo.
Un progetto-pilota
Durante il convegno, Elena Rozzi dell’organizzazione umanitaria Intersos ha fatto presente come :
Dai corridoi umanitari e dalle politiche di resettlement esiste un gruppo di esclusi tra gli esclusi: i minori non accompagnati.
Questi risultano esclusi a causa delle complesse procedure riguardanti la loro accoglienza dei paesi d’arrivo, ma anche il loro trasferimento in paesi terzi.
Tuttavia, “Intersos” ha avviato la sperimentazione di un nuovo progetto-pilota chiamato Pagella In Tasca per l’accoglienza di minori non accompagnati che si trovano presso campi per rifugiati in Niger, in quanto scappati dalla regione sudanese del Darfur.
Il progetto coinvolge 35 ragazzi tra i 16-17 anni a cui verrà concesso un visto di studio. Una volta arrivati in Italia vengono accolti nella città di Torino, presso un centro di accoglienza. Durante questo periodo il progetto prevede che gli assistenti sociali abbinino ciascun ragazzo a una famiglia affidataria e che a loro sostegno ci siano psicologi, mediatori culturali ed educatori . Inoltre, l’affidamento potrà essere esteso massimo fino ai 21 anni dei ragazzi.
Un progetto innovativo quello di Pagella in Tasca, che permette ai minori che hanno visto gli orrori della guerra di poter avere una chance di vita, e al col tempo, scongiurare il rischio che attraversino il mare per giungere sui nostri territori.
Si auspica che con l’aiuto di enti pubblici e il coinvolgimento di altri comuni italiani, che il progetto possa continuare e magari, poter accogliere un numero crescente di minori non accompagnati.