– Di Francesca de Carolis –
“Certo potrebbe avere una goffaggine, zoppicare leggermente, ma chi se ne frega? Cosa vuoi che sia? Una vita è sempre un’addizione e la pelle il sangue e l’acqua di ogni corpo riempiono un vuoto, uno spazio altrimenti deserto. Non c’è fatica o sofferenza a sminuire l’ingombro di un amore”.
Ed è un amore che non può che pervadere ogni attimo della vita, quello che si catapulta nell’esistenza dei genitori di Matteo, che a pochi giorni dalla nascita viene colpito da emorragia cerebrale. Matteo viene ricoverato, operato, il rischio è l’idrocefalo… gli interventi si susseguono, ed “è un campo di battaglia, un’invenzione cubista, la testa di Matteo, opera di un scalpello impazzito”.
“In buone mani”, di Michele Greco (ed. Scalpendi), è il racconto dei giorni di quel lunghissimo ricovero, e di tutto quel che accade di stravolgente nella vita della famiglia del piccolo Matteo. Un diario in prima persona scritto da sguardo di padre.
Un racconto, minuto per minuto, senza respiro, dove i tempi sono dettati dalle ansie, dalle Tac, le diagnosi, le paure, l’improvvisa riorganizzazione dell’esistenza…
Un racconto senza respiro, come senza respiro sono stati i giorni per i genitori di Matteo. Le loro giornate accanto al lettino d’ospedale, a sussurrargli canzoni e scampoli di fiabe, ad accarezzarlo, a lievemente baciarlo. E a pendere dalle parole, dagli sguardi, dalle rassicurazioni dei medici, quando il chirurgo diventa per loro la persona più importante (“dopo Matteo, va da sé”), quando pure ci sono momenti che le parole “sollievo e speranza” diventano le più importanti del loro vocabolario, e “le ripetiamo ad alta voce perché acquisiscano materia e peso”.
Si legge tutto d’un fiato questo racconto, che non dà tregua. Come senza tregua sono stati quei giorni, fra l’ospedale e la casa muta di pianti. Fra l’altro anche alla ricerca di un equilibrio per l’altro figlio, Giovanni, che il fratellino, a casa, aspetta che torni.
Questo sguardo di padre sa allargarsi, carezzevole, anche su tutta la piccola comunità di bambini ricoverati e dei loro genitori, fra sale d’aspetto e corridoi fioriti di bambi e caprette, dove a unire è il dolore, “quasi una creatura viva nel viso dei bimbi e nei loro corpi costretti da aghi e tubicini”. E i legami che ne nascono, passando fra il regalo di una figurina di Madonna protettrice, un lutto e un sorriso, non si spezzeranno con le dimissioni di Matteo.
Tutto raccontato, minuto per minuto, con scrittura nitida e profonda, a scandire i giorni e i pensieri. Una cronaca che pure è sempre riflessione sulla vita e sui legami che ci regala.
Vivere, sembra dirci ad ogni istante questo sguardo di padre, è anche confrontarsi con l’idea della perdita. Perché affronta in quei giorni, il padre di Matteo, anche l’aggravarsi della malattia del suo di padre, cui non è potuto stare accanto come pure avrebbe voluto. Vivere, ci insegna, è anche confrontarsi con i propri limiti, con la propria idea di “eroismo” sapendo che il vero eroe, in tutta questa storia, è quel loro coraggiosissimo bambino, che ora vive con un tubicino impiantato vicino al cervello che gli consente di eliminare il liquido cerebrospinale in eccesso. Che infine dà loro la gioia dei primi passi, delle prime parole, e delle tante belle emozioni che, sempre comunque, un bambino che cresce sa dare. E sarà una vita di accudimento…
“Buone mani”, sono le mani di tutte le persone cha hanno aiutato Matteo a superare i momenti difficili. A vivere. Quelle del personale medico che di lui si è occupato e continua ad occuparsi (a proposito, i diritti d’autore che verranno dalle vendite del libro andranno alla Fondazione Bambino Gesù e alla fondazione Santa Lucia IRCCS). Quelle dei suoi genitori che davvero “non c’è fatica o sofferenza a sminuire l’ingombro di un amore”.
Un amore amoroso che continua a crescere, con i suoi bellissimi occhi spalancati sul mondo. Matteo ora ha cinque anni. Sì, l’ho incontrato…
L’ho incontrato che giocava in un giardino, in un cerchio di amichetti e adulti lì a seguirli. E questa ve la devo raccontare…
Premesso che sono piuttosto magra e negli ultimi mesi la cosa mi ha un po’ inquietata… Matteo mi ha subito “intercettata”, si è allontanato dal gruppo e mi è venuto deciso incontro porgendomi una boccettina d’acqua. “E’ un filtro magico!” mi ha detto convinto e convincente.
“Grazie! E se lo bevo che succede? Divento una principessa?”
“Se lo bevi diventi cicciottella!”
Magia delle percezioni che una sensibilità estrema regala…
Mi è capitato di ritornare in quel giardino. E sentire Matteo parlare di un “ponte con il cielo”. Il filosofo, qualcuno lo chiama. Non so se diventerà un filosofo, ma qualsiasi cosa farà, sono certa sarà il suo modo di dispensare saggezza e attenzione, con la sensibilità che mai perderà. E devo confessare che ancora torno, qualche volta, in quel giardino, a spiare brani di riflessioni, stupite e incantate, che questo piccolo guerriero sa regalare.