La Devlet Tiyatroları, la Direzione ufficiale delle imprese nazionali di teatro in Turchia, ha deciso: a partire da Domenica 28 agosto sono state letteralmente messe al bando tutte le rappresentazioni teatrali di autori non nazionali.
Nella lista nera del governo della Turchia sono finiti nomi illustri: da Shakespeare a Cechov, passando per Brecht. Non poteva mancare, tra gli illustri “banditi” anche il nostro Dario Fo, che ha dichiarato con estrema ironia di sentirsi onorato di essere accomunato, seppur nel “male” a celebri nomi del teatro e della letteratura di tutti i tempi. “Per me è come aver vinto un secondo Nobel”, ha detto divertito il premio Nobel per la letteratura italiano, che si rivela anche molto preoccupato: “Dietro la messa all’indice delle nostre opere c’è la volontà di cancellare la cultura democratica occidentale”.
Sembra che la motivazione principale di questa scelta, giudicata da molti intellettuali turchi una vera e propria decisione “fascista”, sia da collegarsi direttamente al tentato colpo di stato del 15 Luglio scorso in Turchia. Ufficialmente la spiegazione data riguarda la volontà del presidente Erdogan di rinforzare lo spirito nazionale turco e rinsaldare la coesione della popolazione anche attraverso la cultura, come dichiara Nejat Birecik, vicepresidente dell’associazione dei teatri di Stato :«Siamo umanisti nazionalisti. Apriremo la stagione in tutti i teatri solo con testi locali per contribuire all’unità e all’integrità della patria e rafforzare i sentimenti nazionali e religiosi».
Lo slogan scelto per quest’operazione di censura è “Il sipario della Turchia si apre con il Teatro turco”. Per la prossima stagione teatrale che si aprirà a Ottobre sono state scelte otto opere rigorosamente turche che saranno di scena nei principali teatri del Paese.
A ben vedere lo spirito nazionalista c’entra poco: tra le tante opere oggetto della purga culturale anche dei testi teatrali di autori turchi che poco collimano con lo spirito del governo di Erdogan. Dunque censura anche verso gli stessi connazionali che non presentano idee conformi a quello che si sta presentando agli occhi del mondo come un vero e proprio regime.
Una svolta autoritaria che conferma il clima da “caccia alle streghe” presente da diversi mesi in Turchia. Colpita anche la cultura, dopo le numerose azioni purganti degli ultimi giorni che hanno riguardato le forze armate, gli impiegati statali e tutti quelli sospettati di aver avuto a che fare con il fallito golpe di Luglio. Soltanto nella giornata di ieri ci sono stati altri 648 arresti tra i poliziotti, mentre in carcere si contano ormai 108 giornalisti.
In un Paese come la Turchia, nel quale le rappresentazioni teatrali sono presentate al pubblico a prezzi molto accessibili, questo provvedimento avrà sicuramente effetti notevoli. Tantissimi spettatori turchi, a cui piace il teatro, si vedranno limitati nella scelta delle opere da vedere, non potendo più godere dei capolavori della drammaturgia mondiale, patrimonio dell’intera umanità.
Perchè va bene dare spazio a sceneggiatori, autori e scrittori nazionali che cercano un po’ di visibilità per mostrare le proprie opere, ma è davvero necessario che trovino questo spazio a discapito di “Amleto”, “Ivanov”, “Madre Coraggio” e della graffiante ironia di Dario Fo? È davvero necessario dover ribadire che la cultura non ha bandiera, né tempo? Che i capolavori restano tali a qualsiasi latitudine o longitudine e in qualsiasi epoca? Eppure quando questi capolavori inducono alla riflessione, svegliano le coscienze e stimolano un’opinione non va sempre bene a tutti. Ad Erdogan evidentemente non va bene che il popolo della Turchia che lui governa, rifletta, abbia una coscienza sveglia e soprattutto un’opinione. Non sentite anche voi un “lieve” odore di dittatura?