Avevo undici anni e non mi amavo. Avevo i brufoli, ero goffa e sgraziata. Amavo leggere, e fu questa mia passione a farmi acquistare “Herman”, un romanzo per ragazzi dell’autore norvegese Lars Saabye Christensen.
Ricordate i libri de “Il Battello a Vapore”? Sì, quei libri per ragazzi con le copertine blu, arancioni, rosse, a seconda dell’età indicata. “Herman” faceva parte di quella collana, e me ne innamorai fin dalle prime pagine. Il romanzo tratta di un ragazzino norvegese, solitario e preso di mira dai bulli della scuola. La sua vita sta per cambiare.
Un giorno, mentre il suo barbiere gli sta tagliando i capelli, scopre una chiazza pelata sulla testa del ragazzino. Il barbiere convoca immediatamente la madre di Herman, che, preoccupata, lo porta dal medico per alcune analisi del sangue. Il responso non lascia alcun dubbio: il ragazzino sta perdendo tutti i capelli.
I genitori del bambino sono devastati: è vero, al mondo ci sono cose più gravi, ma Herman è molto fragile, ed è già lo zimbello della classe. La coppia cerca di fare tutto il possibile per farlo svagare, portandolo al cinema e cucinandogli i suoi piatti preferiti. Ma il ragazzino si sente un mostro. E’ inutile dire che i bulli della scuola si accaniscono ancora di più, quando notano che sta perdendo i capelli. Lui, dal canto suo, si vergogna talmente tanto che va in giro con un cappello da sciatore o una parrucca. Sembra un incubo, ma c’è sempre una via d’uscita.
Alla fine tutti, in tempi e circostanze diversi, capiamo che dobbiamo accettare quello che siamo. Sembrerà una morale buonista da quattro soldi, ma non è altro che la verità. L’ha capito Herman, e l’ho capito anch’io, anche se ho impiegato parecchi anni per arrivare a questa conclusione. Noi siamo quel che siamo, e va bene così. Sarebbe inutile remare contro il nostro “io”. Inutile e controproducente, perché la gente ha un sesto senso: riesce a capire quando non accettiamo quello che siamo, e ne approfitta.
I brufoli, i chili di troppo, il naso grande: sono solo la punta dell’iceberg. Dovremmo avere la faccia tosta di affrontare il mondo dicendo: “E’ vero, io sono così. E accetto quello che sono.” E mi auguro che, leggendo questo romanzo, molti ragazzini e (perché no?) anche adulti aprano gli occhi.
“- Herman è Herman e nessun altro! Lo prometto. – Alza la parrucca e si guarda nuovamente allo specchio. Osserva la testa da tutte le parti, è grande e lucida, brilla quasi. Ci appoggia le mani, è liscia e bella da toccare, non c’è neanche una sporgenza. – Herman è Herman – ripete. – Lo prometto.”