Esiste un legame tra la “Fissazione”, l’odierna depressione e l’incriminazione del sogno americano verso i più deboli di spirito?
Il sogno americano oggi è radicato in quella mentalità che enfatizza il ruolo dell’individuo nel raggiungimento di una certa fama e prosperità. Rappresentata anche dal mito del garage, questa convinzione affida la riuscita personale alla personalità e all’azione del singolo, ponendo su di questo anche la responsabilità del suo insuccesso. Le idee di felicità e di successo riduttive e materialiste del sogno americano sono così socialmente estese che spingono a chiedersi quanto peso abbiano nel senso di perdita di significato nei confronti della vita tipico di alcune patologie, come ad esempio la depressione.
Il sogno americano secondo uno studio psicologico e sociale
Una ricerca del 2003 ha analizzato l’impatto del sogno americano nella reale possibilità di raggiungere il benessere personale e professionale. Secondo questi studi, l’ “Ipotesi del sogno americano” affida la conquista del successo personale all’azione della personalità e dell’intelligenza del singolo, unitamente a una modesta condizione socio-economica di partenza. Un tipico esempio è la caparbietà di Forrest Gump che vince contro le difficoltà intellettive e i disagi economici della sua famiglia.
Lo studio ha ripreso una ricerca pubblicata sul Journal of Personality and Social Psychology che ha analizzato la veridicità dell’applicazione del sogno americano nella vita reale. Nel 1960 gli studiosi hanno raccolto informazioni sulle abilità cognitive, la personalità e lo status socio-economico di 81.000 studenti di diverse derivazioni sociali, confrontandole con i dati sul titolo di studio conseguito, lo stipendio annuale e il prestigio lavorativo raggiunto dalle stesse persone dopo 11 anni. I risultati evidenziano una chiara influenza dei tratti di personalità e d’intelligenza adolescenziali sullo status sociale raggiunto, ma non il totale controbilanciamento dello svantaggio economico iniziale. Come per il caso di Forrest Gump, il tratto più rilevante è la coscienziosità, intesa come la capacità di porsi degli obiettivi e di lavorare intensamente per raggiungerli.
Il sogno americano tra mito e realtà: alcune conseguenze
I risultati di queste ricerche mostrano come, anche se rilevanti, spiccati tratti di personalità e intelligenza non bastino a riscattare completamente i soggetti nei confronti del loro background socio-economico iniziale. Infatti, i dati della ricerca sugli studenti riportano uno stipendio raggiunto più alto per i giovani risultati meno coscienziosi ma più ricchi, rispetto a quelli più caparbi ma con una condizione economica di partenza meno abbiente. Gli autori concludono che l’affidare il successo personale all’intraprendenza e alla caparbietà rendono il sogno americano più un mito che un dato di fatto. Tuttavia, la convinzione diffusa della possibilità di realizzare il mito ha portato questi studi a mettere in rilievo alcune conseguenze del sogno americano per chi non ha raggiunto il successo, tra le quali spicca il senso di fallimento che alcune persone provano confrontandosi con uno standard prefissato rappresentato da modelli che hanno raggiunto posizioni di prestigio.
Il legame tra insuccesso e “Fissazione”
Come massimo esponente della Daseinanalyse (analisi esistenziale) e della psichiatria fenomenologica di inizio Novecento, Ludwig Binswanger delinea una condizione psicologica chiamata “Fissazione”. Si tratta di uno stato in cui la persona può trovarsi nel momento in cui persegue un obiettivo che va oltre ogni possibilità reale, bloccandosi nell’impossibilità di agire e di realizzarsi in maniera autentica. In termini fenomenologici, il soggetto si manifesta nel mondo in forma di una “presenza” che esprime se stessa in specifiche modalità di apertura nei confronti di esperienze e prospettive di vita.
Semplificando il pensiero di Binswanger, possiamo dire che esistono due prospettive fondamentali attraverso le quali il soggetto dà significato alle proprie esperienze: una prospettiva orizzontale, che descrive la realtà dei fatti; una prospettiva verticale, che rappresenta le idee e i modi ai quali la presenza tende per realizzarsi e decidere di sé e delle proprie esperienze, in un certo senso, il modo in cui il soggetto interpreta il mondo. In una condizione “sana”, la presenza si esprime in un contesto in cui queste due prospettive si intersecano. Il soggetto entra in uno stato di Fissazione nel momento in cui la sua presenza si spinge verticalmente più in alto di quanto sia consono all’ampiezza del suo orizzonte di esperienza e di comprensione, ossia quando una particolare idea o ideologia diventa fissata e assolutizzata, predeterminando il valore di ogni altra esperienza possibile.
L’impossibilità di realizzare la propria esperienza, causata da un’interpretazione del mondo che va oltre le possibilità reali del soggetto, porta quest’ultimo a rincorrere qualcosa di irraggiungibile, dunque all’angoscia data dal fallimento, alla perdita di senso nei confronti delle proprie esperienze, e spesso a un blocco: sintomi che ricordano il senso di incatenamento e di impossibilità ad agire tipico di quella che oggi viene chiamata depressione.
Il ruolo nel sogno americano nella fissazione dei giorni nostri
Tipico della depressione ma non solo, il senso di incomprensione nei confronti di una realtà sempre più complessa, unitamente a un blocco dell’azione nei confronti di un possibile futuro, ricorda ciò che Binswanger chiama Fissazione. Come scrive lo psichiatra in uno studio del 1952,
la Fissazione è sempre determinata dal fatto che la presenza si è “incastrata” in un determinato modello di esperienza […] da cui non riesce più ad allontanarsi.
È possibile che la narrativa del sogno americano ponga modelli di esperienza più alti rispetto alla realtà, incastrando il soggetto in una rete di responsabilità che in realtà non gli appartengono?
Nel 1965 Georges Devereux definiva la schizofrenia come la “psicosi etnica occidentale”, analizzando come i sintomi di questa psicosi potessero ritrovarsi in alcuni dei caratteri comuni delle popolazioni occidentali e così manifestarsi come una patologia della cultura, più che del singolo. Il senso di perdita di significato nei confronti delle opportunità che la vita può offrire sembra oggi così diffuso che pare andare oltre la patologia del singolo, fino a quasi rappresentare una condizione culturale. Che oggi la depressione si stia sostituendo alla schizofrenia occidentale di cui parlava Devereux? Quanto le promesse irraggiungibili del sogno americano hanno peso nella “fissazione dei giorni nostri”?