Esiste un medioevo d’Egitto che noi, poveri ingenui, continuiamo deliberatamente ad ignorare. Come se non affrontare la realtà equivalesse semplicemente a farla scomparire.
Perchè le primavere arabe appartengono ad un passato che non ci riguarda, e del quale non vogliamo assolutamente proferire parola.
Il quadro generale delle torture inflitte a Giulio Regeni è stato sufficientemente atroce, tanto basta da innalzare il muro della nostra “moderna” civiltà italiana contro le barbarie disdicevoli del NordAfrica musulmano e delle sue false primavere.
E’ tutta colpa della cultura e della religione.
Sono tante le scuse che ci raccontiamo, quando bugia e finzione regnano sovrane; perchè è difficile anche solo ammettere quanto siamo fragili, come esseri umani, infinitamente fragili, come quel polline che vola via dalla pianta durante le giornate della calda stagione. Fragili di fronte ad un male che non sappiamo come giustificare. Intanto continuiamo a celebrare funerali, da una parte all’altra del Mediterraneo, di altre vittime innocenti, che hanno visto spegnersi la luce della speranza. Tra poco tutto verrà dimenticato. In buon nome delle relazioni tra i vari Stati tutto scorrerà liscio come l’olio.
E intanto le piaghe d’Egitto continuano ad aprirsi come voragini sulla nostra pelle, e sono antiche, addirittura bibliche.
Una di queste è di certo individuabile nella violenza nei confronti delle donne.
Secondo un rapporto di Amnesty International oltre il 99% delle donne e delle ragazze egiziane che hanno preso parte ad un sondaggio di qualche anno fa, UN Women 2013, ha ammesso di aver subito almeno una forma di molestia sessuale.
Nell’anno 2014 è stata introdotta la legge che punisce le molestie sessuali con una pena minima di un anno di carcere.
Le autorità hanno fatto grandi promesse, esaltando i diritti del gentil sesso, in quello che è risultato un mero esercizio di pubbliche relazioni; la verità è che in ogni aspetto della vita di una donna d’Egitto, è costantemente presente lo spettro della violenza.
La primavera araba sarebbe dunque una lontana illusione.
Violenze e discriminazioni. Giorno, dopo giorno, dopo giorno.
Tutto questo fino a ieri. Si, perchè il 31 Agosto del 2016 è una data da segnare sul calendario. E’ una svolta che muterà per sempre il volto della donna in Egitto.
Così voglio credere.
Lei si chiama Noah Elostaz. Ho cercato il suo nome ovunque, non so cosa mi aspettassi nella mia infinita ingenuità, ma le notizie su di lei sono rare, frammentate, praticamente inesistenti.
Perchè il mondo non si interessa al suo caso? Perchè non fa scalpore il primo vero passo verso un cambiamento in Egitto?Abbiamo già dimenticato tutto?
Noah ha dovuto attendere 8 anni. Era il lontano 2008 quando infrangeva i taboo del Medioevo egiziano, denunciando quell’uomo, Sherif Gabreel, che l’aveva aggredita, colpendola dall’auto, palpeggiata, e trascinata per una decina di metri avanti, premendo l’acceleratore, ridendo. Come se tutto fosse un gioco.
In Egitto non si salva nessuno. Sono davvero troppi i “Regeni” dei quali nessuno parla; abusi sessuali, sparizioni forzate, torture, omicidi. Si dice che solo in un mese, quello di Marzo 2016, si siano registrate più di 105 persone scomparse, e in quello successivo almeno 155. Sembra un bollettino di guerra, ed è solo la realtà dell’Egitto, un Paese che ancora vive nel terrore quotidiano, che ancora considera la donna come un oggetto personale dell’uomo, dove molte donne e bambine ancora sono costrette a reprimere i loro diritti e la loro libera espressione. E’ un mondo che vive di apparenza, dove ciò che si cela dentro, nell’anima dei cittadini, non è mai quello che realmente appare.
Un passo verso l’umano rispetto è stato fatto. Noah è riuscita ad ottenere tre anni di reclusione per il suo aggressore. Starà a noi tentare di non ridurre l’accaduto ad un goffo tentativo di cicatrizzare un’antichissima quanto di uso comune piaga d’Egitto.
Ieri Noah ha dato esempio di come i diritti umani esistano e valgano per ogni essere umano.
La religione e la cultura non sono più delle scuse accettabili, quindi smettiamo di vivere nelle nostre bugie e finzioni, e iniziamo ad affrontare la realtà a viso aperto.
Elisa Bellino