In un contesto lontano dai riflettori e lontano dalla nostra sensibilità si fa strada la venerazione per la pelle bianca, caratteristica che per eccellenza riflette lo standard di privilegio. Per molti giovani africani ricorrere allo skin bleaching sembra il rimedio più immediato per ottenere l’accettazione sociale e la realizzazione personale tanto bramate.
L’egemonia del modello “skinny, white & western”
L’affermazione di un contesto d’azione globalizzato, neoliberale e competitivo porta all’inevitabile elaborazione di un modello che rappresenti una presunta eccellenza in termini di estetica e di intelletto. Lo standard dominante è quello basato sulle caratteristiche fenotipiche occidentali: in quest’ottica caratteri come la forma fisica longilinea, la taglia skinny, i tratti somatici europei e, appunto, la pelle bianca rappresentano una vera e propria garanzia per il successo.
Questi standard sono considerati egemonici perché diffusi non solo nei luoghi dove tali caratteristiche sono grossomodo facilmente ottenibili (in Europa, ad esempio, o negli Stati Uniti), ma anche dove il patrimonio genetico non rende così agevole l’avvicinamento all’ideale universale di “skinny and white”.
L’estetica del successo
L’accezione positiva guadagnata dai caratteri occidentali non deriva dall’oggettiva bellezza che li contraddistingue. È sempre utile, in primo luogo, riproporre la massima secondo cui “la bellezza è soggettiva”, ma anche sottolineare che, in genere, si è soliti identficare l’ideale di “buono” e “bello” sulla base del proprio contesto quotidiano e di ciò che si è culturalmente incorporato. In questo caso specifico, però, sono determinanti le implicazioni sociologiche proprie dell’essere “bianco”, conseguenza di secoli di colonialismo e imperialismo. Una posizione di privilegio che accoglie intrinsecamente dentro di sé il successo lavorativo, la superiorità mentale, la possibilità di crescita, la fama e il guadagno economico.
Skin bleaching: quando il corpo diventa strumento
A questo punto il corpo diventa il mezzo fisico utile a ottenere i risultati desiderati e a raggiungere, quindi, l’eccellenza. Per un nativo del Ghana o del Bangladesh il punto di partenza, o, se vogliamo, il maggiore ostacolo per intraprendere questa “scalata sociale”, non può che essere il colore della pelle.
Sono quindi sempre più diffuse le procedure di sbiancamento, detto appunto skin bleaching, tendenzialmente svolte in autonomia tramite metodi casalinghi che prevedono l’uso di creme “ad hoc”. Questi prodotti sono realizzati con un mix di sostanze chimiche, come idrochinone e mercurio, in un dosaggio che supera quello consentito per legge e che risulta essere nocivo per la pelle.
Cronaca di tempi vicini in luoghi lontani
La cronaca locale africana sottolinea come il fenomeno sia una piaga sociale da non sottovalutare. La National Agency for Food and Drug Administration and Control ha recentemente menzionato una preoccupante crescita di interesse da parte dei nigeriani verso prodotti di bellezza estremamente pericolosi per la salute. L’OMS ha rilevato che l’industria dello sbiancamento della pelle è una tra le più in evoluzione dal 2019, mentre secondo la Socaderm (Società Dermatologica del Camerun) nel 2019 il 30% degli abitanti della capitale Douala ha fatto uso di prodotti per skin bleaching. Queste persone, oggi, stanno manifestando gravi danni fisici come lesioni o tumori cutanei.
A rischiare sono in particolare i giovani e gli adolescenti, schiavi di una comunicazione e di un marketing globalizzati ed esteticamente eurocentrici che esaltano i tratti occidentali come requisiti trasversali per il successo. I social network, simboli di iperconnessione, scambio e avanzamento tecnologico, diventano un’arma a doppio taglio, diffondendo esponenzialmente questo messaggio fuorviante e radicandone la percezione in tutte le zone del mondo.
In Ghana si prendono provvedimenti attraverso il mezzo della sensibilizzazione. Con lezioni e convegni nelle scuole si mira ad arginare il problema dello skin bleaching informando gli studenti circa i danni irreversibili a cui ci si sottopone intraprendendo una strada tanto rischiosa.