E’ stato pubblicato pochi giorni fa il Living Planet Report 2022, diffuso ogni due anni dal WWF. Si tratta di uno studio completo sulle tendenze della biodiversità globale della fauna selvatica e della salute del nostro pianeta.
Dal 1970 abbiamo perso il 70% della fauna selvatica
Ma questo era già stato fotografato dai precedenti report, due anni fa questo dato spaventoso si attestava al 68%.
Quello che emerge nel 2022 è che ci sono due emergenze interconnesse: la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico dovuto allo sfruttamento insostenibile delle risorse del nostro pianeta.
Secondo gli scienziati dobbiamo smettere di affrontare queste due emergenze in modo separato.
Le responsabilità sono equamente distribuite nel nostro globo, se infatti da una parte, i paesi industrializzati sono maggiormente colpevoli del degrado ambientale, sono i paesi in via di sviluppo ad avere un impatto sproporzionato sulla perdita di biodiversità.
Il Living Planet Index (LPI) – che tiene traccia di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi – ha analizzato quasi 32.000 popolazioni di specie, rivelando che le più colpite sono quelle di acqua dolce, che hanno subito un allarmante declino dell’83% dal 1970 a oggi.
La perdita di habitat e le barriere alle rotte migratorie rappresentano circa la metà delle minacce per queste popolazioni.
Ma vediamo nel dettaglio le zone più colpite dal calo della biodiversità:
Europa e Asia Centrale
Sebbene abbiano registrato il minor declino regionale, va riconosciuto che molte specie erano già in uno stato di depauperamento quando i dati sono stati compilati. Il LPI di quest’anno mostra tendenze positive tra le popolazioni di uccelli e mammiferi, mentre quelle di anfibi, rettili e pesci di acqua dolce sono in calo.
Nord America
Qui è stata registrata una tendenza al ribasso fino al 2000. Le popolazioni sono rimaste stabili e dal 2014 al 2018 hanno addirittura vissuto una piccola crescita, sebbene sia un segnale incoraggiante è presto per parlare di una ripresa in Nord America.
Asia e Pacifico
Questa regione mostra un declino quasi continuo dal 1970 al 2018, con un calo medio del 55% delle popolazioni monitorate, in tutti i gruppi tassonomici.
Africa
L’Africa mostra una tendenza costante alla diminuzioni delle popolazioni dal 1970 al 2017, con i mammiferi e i pesci di acqua dolce che registrano in media cali maggiori rispetto ad altri gruppi di animali.
America Latina e Caraibi
Il declino in questa regione è di gran lunga superiore alle altre elencate qui sopra. Tra il 1970 e il 2018 si è registrata una diminuzione del 94% che si è mantenuta per tutto il periodo di tempo. I cali medi si registrano in tutti i gruppi di specie studiati, ma sono più consistenti nei pesci d’acqua dolce, nei rettili e negli anfibi.
Perso il 70% della fauna selvatica? I risultati del rapporto sono nel complesso scioccanti.
Mentre noi solo ora stiamo iniziando a capire gli impatti sulla nostra vita delle crisi climatiche, di quelle naturali e le loro interconnessioni, ora che abbiamo perso il 70% della fauna selvatica?
Solo dopo la Pandemia di Covid19 abbiamo iniziato a mettere in discussione il presupposto che possiamo continuare a dominare irresponsabilmente il mondo naturale, sfruttando le risorse in maniera scontata, in modo dispendioso e insostenibile. Non ultimo distribuendo le risorse in maniera diseguale, senza affrontare alcuna conseguenza.
David Angelelli