L’opera di Aileen Moreton-Robinson è centrale negli studi dell’influsso della sovranità patriarcale bianca sugli aborigeni australiani.
Originaria della tribù Goenpul del popolo Quandamooka (Queensland), e prima tra le accademiche indigene a essere nominata Distinguished Professor (2016), Aileen Moreton-Robinson è professoressa di Indigenous Research presso l’RMIT University e direttrice del National Indigenous Research and Knowledge Network. I suoi studi sulle controverse tematiche che ineriscono l’appropriazione delle terre aborigene hanno dato forma a molte analisi sulle dinamiche coloniali di tutto il mondo.
La narrazione della verità sull’occupazione delle primissime terre australiane rientra tra i temi più discussi nella cultura aborigena di oggi. Infatti, la violenza perpetrata da parte dei colonizzatori inglesi sulla popolazione aborigena è ancora molto sentita; a eclissarla non sono bastati eventi quali l’acquisizione del diritto di voto da parte degli aborigeni (1967), il riconoscimento del First Nation Lands Right (1976), o la sostituzione del termine “young” con il termine “one” nell’inno australiano (2021). Le conseguenze del genocidio e dei rapimenti dei bambini destinati alla “rieducazione” secondo i metodi coloniali sono ancora oggi denunciate da intellettuali, accademici, opere letterarie e musicali. Inoltre, la forte discriminazione razziale, le situazioni di povertà e di disagio sociale in cui la popolazione aborigena vive rafforzano ancora di più il sentimento di scissione tra questo 3% della popolazione australiana e la restante componente bianca.
Aileen Moreton-Robinson e il legame tra patriarcato, bianchezza e territorialità
In “The White possessive” (2015), Aileen Morton Robinson scrive:
il problema dei bianchi è che si comportano come se tutto appartenesse a loro.
Secondo l’autrice, la nazione australiana è stata costruita socialmente e culturalmente nel disconoscimento della sovranità indigena, dunque come possesso bianco. Come aborigena militante e femminista, la studiosa traccia un legame forte tra le occupazioni dei territori che hanno segnato l’origine della moderna Australia e la reificazione della cultura aborigena da parte del paradigma culturale occidentale.
Al centro degli studi di Aileen Moreton-Robinson è il ruolo dell’utilizzo epistemologico della Blackness da parte della popolazione bianca nella produzione sociale della Whiteness e nel conseguente occultamento della sovranità indigena nel discorso sui diritti civili. Come spiega l’autrice, le logiche di possesso e di sovranità patriarcale dispossessano e disconoscono discorsivamente il soggetto indigeno, svuotando ancora oggi la sua identità di un modo d’essere proprio e omologandola a discorsi razzializzanti che enfatizzano le differenze culturali.
The White possessive e la critica al colonialismo in Australia
“The White possessive” è l’opera in cui Aileen Moreton-Robinson esplora i legami tra razza, sovranità e possesso attraverso i temi della proprietà. L’autrice analizza la legalità del colonialismo bianco, evidenziando come le autorità coloniali non si siano mai preoccupate di stipulare alcun contratto con le popolazioni indigene. Come documenta Aileen Moreton-Robinson, James Cook stabilì che gli indigeni ignoravano i concetti di proprietà e di valore di scambio, dunque, non erano in grado di negoziare. Incarnando l’autorità sovrana patriarcale nella rivendicazione di una terra nullius, il condottiero decise che questi non potevano essere sovrani ma soltanto parte della natura. L’oppressione da parte di una mentalità fondata sul possesso, completamente estranea al sistema a gestione comunitaria dei territori e della prole della popolazione indigena, ha avuto un forte impatto su questa popolazione.
Come spiega Aileen Moreton-Robinson, a esemplificare il perpetuarsi di questa logica di possesso anche in tempi più recenti è il caso Mabo del 1992. Utilizzato per stabilire che le tradizioni e le rivendicazioni legali degli indigeni rimanevano intatte fino a eventuali modifiche o estinzioni da parte del Governo, questa decisione dell’Alta Corte venne rettificata con il Native Title Act del 1993, finalizzato a proteggere alcuni dei diritti dei nativi. Anche se questo tipo di risultati è spesso celebrato come una vittoria per le popolazioni indigene, Aileen Moreton-Robinson critica il modo in cui la legge circoscriva la proprietà dei nativi agli interstizi di una griglia fatta di insediamenti e di sviluppo bianco.
Aileen Moreton-Robinson e l’appello agli studiosi indigeni
Anche se alcune delle intuizioni di Aileen Moreton-Robinson sono ormai consolidate, il contributo di questa autrice allo studio del colonialismo ha consentito di aprire nuove e originali linee di indagine. Inoltre, il suo impegno con il pensiero indigeno, postcoloniale, femminista, queer e post-strutturale fornisce un modello per una profondità teorica che evidenzia i modi in cui il regime privilegiato bianco si estenda oltre la proprietà, fornendo importanti strumenti concettuali per riflettere sul modo in cui interpretiamo e contestiamo la sovranità oggi e in futuro.
Riprendendo gli studi di Michel Foucault sulla biopolitica, l’autrice lancia un appello agli studiosi indigeni, affermando la necessità analizzare le questioni inerenti alla sovranità indigena attraverso le categorie del biopotere. Secondo l’autrice, la forma patriarcale di possesso bianco è normalizzata dal continuo disconoscimento della sovranità indigena e dal ridurre a un evento storico una lotta che per gli indigeni continua ancora oggi a essere pressante.
Per questo motivo, il fine ultimo della studiosa è di rintracciare i segni del possesso bianco nei discorsi sui diritti indigeni all’interno delle diverse discipline, in modo da proporre un’analisi sul funzionamento delle prerogative del possesso bianco sulla cultura aborigena che esuli dall’epistemologia occidentale e prenda corpo dalla storia della cultura indigena.