La scoperta dell’America e dei Nativi Americani, conseguente all’approdo nella nuova terra, non dovrebbe essere festeggiata con grandi parate, come avviene nelle strade di New York. Durante questa celebrazione, il fatto che vi fossero altre popolazioni a vivere nella Grande Isola, non viene ricordato come dovrebbe. Silenzio su uno dei genocidi più grandi della storia compiuti dalla madrepatria Europa.
Scoperta dell’America e dei Nativi Americani: gli avvenimenti
Il giorno in cui Colombo approdò, per errore, sulle coste dei Caraibi, fu l’inizio di un capitolo di storia tragico per l’America, eppure viene ricordato in territorio statunitense come il giorno in cui il “Destino Manifesto” della Grande Isola si mostrò. In Europa venne celebrato come l’arrivo di un nuovo impero d’oltremare, nell’Atlantico, che, insieme a quello in Africa, avrebbe portato floridi ricavati nelle tasche della madrepatria.
Da Sud a Nord, le popolazioni americane e le istituzioni da loro create, vennero rase al suolo. Gli Aruachi, gli Incas, gli Aztechi, furono i primi popoli, a Sud, ad opporsi all’avanzata spagnola, ma l’oppressione fu più forte, facilitata dalla diffusione delle malattie europee, letali per i popoli che mai le avevano conosciute. Negli anni, così, si susseguirono in tutto il territorio americano le violenze, le conquiste e le rivendicazioni europee di tutto quello che si trovasse sul suolo, lungo il cammino dell’affermazione della volontà dei conquistatori.
Il mito del “destino manifesto”
Il fatto che ancora oggi venga festeggiata questa scoperta con grandi parate il 12 di ottobre, porta a riflettere su quanto venga nascosto il valore esplicativo della storia, quanto questa venga manipolata al fine di portare avanti un’ideologia. Gli americani sfilano fieramente per ricordare quanto la loro terra fosse “terra promessa”, fosse destinata a quel che è accaduto, perché destinata poi a conquistare il mondo, ad essere “the Great America”. A sfilare nelle parate è l’America dei Padri pellegrini che, rifugiati nel Nuovo Continente, fondarono la “shining city upon the hill” (la splendente città sulla collina). Il mito che viene portato avanti è quello dell’eccezionalismo americano, alimentato dai successi economici successivi, che ben conosciamo.
“… Il nostro manifesto destino di estenderci sul continente assegnatoci dalla Provvidenza per il libero sviluppo di milioni di persone che si moltiplicano ogni anno …”
John O’Sullivan, giornalista, 1845
Questa è storia
Ebbene, nella cornice ideologica del “destino manifesto” americano, viene smantellata la memoria dei genocidi compiuti sui popoli che hanno da sempre vissuto in America, oggi nominati come “nativi”, per distinguerli dall’”americano vero”, ovvero il conquistatore, figlio di un mito che si svela.
I nativi americani a Sud, costretti all’estenuante lavoro nelle piantagioni, opposero resistenza. La risposta alla resistenza fu la violenza: la popolazione locale venne massacrata. Le loro istituzioni, i loro imperi e e le loro rivalità, vennero capitalizzati dai conquistatori, al fine di dominare tutto il dominabile: le risorse, i corpi, il suolo.
I nativi americani a Nord, che si mostrarono accoglienti con gli imperialisti inglesi, videro il loro paesaggio totalmente trasformato a servizio dei frutti dell’agricoltura. Il loro stile di vita, tanto legato al territorio selvaggio, stroncato a servizio dei guadagni europei.
Questa è la storia, ed è bene non oscurarla, ma portarne avanti la memoria, almeno il giorno successivo alle felici parate.