Quello che potremmo considerare un retaggio barbarico è invece una realtà più vicina e tangibile di quanto si possa immaginare. I matrimoni infantili in Italia sono un dato di fatto: il report Stop Child Marriage ci illumina su come la piaga delle spose bambine non affligga solo l’”altro da noi”.
Il matrimonio infantile è una violazione dei diritti umani che prevede l’unione di due individui, tramite rito religioso o civile, almeno uno dei quali non abbia compiuto i diciotto anni di età. Questo fenomeno sfocia facilmente nella sfera di competenza delle questioni di genere, dal momento in cui ne sono vittime in particolare le bambine e le ragazze che, a causa di radicate dinamiche patriarcali solo apparentemente anacronistiche, sono cinque volte più soggette a questo tipo di crimine rispetto ai coetanei del sesso opposto.
Un fenomeno che ha conseguenze socio-psicologiche quantomeno evidenti e disastrose, a partire dall’”intuibile” abbandono scolastico fino all’esclusione sociale, alla violenza domestica, all’assoggettamento tendente allo schiavismo e, ultime ma non per importanza, a gravidanze minorili che spesso conducono a morte precoce.
Con il progetto Stop Child Marriage nel 2021 le organizzazione no profit No Peace Without Justice e The Circle Italia Onlus hanno condotto un’indagine sul tema e ne hanno presentato i risultati in Senato. Un’analisi finalizzata a sensibilizzare e istruire sulle buone pratiche da attuare per prevenire il fenomeno, ma sulla quale ci concentreremo per sottolineare l’idea che il nostro paese non è esente da una tragedia di tale portata.
Non solo il lontano “terzo mondo”
650 milioni di donne sono obbligate a contrarre matrimonio durante l’infanzia. Tra le cause principali troviamo la povertà, lo scarso livello di istruzione, le guerre e l’insicurezza, condizioni che portano a percepire come atto salvifico l’affidamento di una figlia a un futuro “sicuro”. Il matrimonio garantisce alla giovane, e talvolta alla stessa famiglia di provenienza, un sostentamento in virtù della sua funzione di sposa.
Queste dinamiche sono statisticamente più riscontrabili nei paesi dell’Africa subsahariana, dove una bambina su tre è costretta a contrarre matrimonio, o nel sud-est asiatico, dove guerre e povertà fanno da capro espiatorio. Ma le cause di un tale fenomeno possono esulare dai soli contesti di conflitto ed essere legate a tradizioni e questioni socio-economiche piuttosto trasversali. Tra esse troviamo, ad esempio, la volontà di controllo del corpo della donna tipica delle strutture patriarcali o, in alternativa, le unioni di convenienza, che fungono da collante fra comunità di immigrati per creare legami di natura economica e finanziaria.
A dispetto di quanto ci si potrebbe immaginare, queste dinamiche sono riscontrabili anche sul suolo europeo, in primo luogo tra le comunità di immigrati come Rom, Sinti e Camminanti, ma anche, e inaspettatamente, tra gli autoctoni.
La negligenza di un’Italia cieca
I dati raccolti del Servizio Analisi Criminale riportano che, in Italia, tra il 2019 e il 2021 il 38% delle vittime di matrimonio forzato erano minori, il 59% straniere e il 41% con cittadinanza italiana.
Il limite italiano si palesa nello step ancora antecedente alla soluzione del problema, perché consiste nell’incapacità di individuarlo. Nel nostro paese non esiste una banca dati unitaria che permetta di monitorare la situazione. Le informazioni raccolte, d’altro canto, presentano considerevoli carenze che penalizzano l’elaborazione di una strategia nazionale per il contrasto del reato.
L’italia pecca di superbia, approcciandosi con uno sguardo “occidentale” che non contempla l’idea che una questione tanto disumana affligga il nostro paese. Tende quindi a relegarlo alla posizione di retaggio di culture “altre”, non ponendosi con sufficiente realismo davanti alla necessità di rilevare, e successivamente combattere, la presenza di matrimoni infantili in Italia.
Spose bambine tra le cosche calabresi
Esistono casi in cui non ci si può rifugiare nella narrazione rassicurante del migrante che importa usanze abbiette sul suolo italiano. Nelle cosche della ‘ndrangheta, ad esempio, emergono casi di matrimonio infantile finalizzati all’unione degli eredi dei clan, con l’obiettivo di siglare patti criminali e assicurarsi il dominio di territori strategici.
Si può quindi convenire che le cause dei matrimoni minorili forzati non siano assimilabili a questioni esclusivamente geografiche e religiose, ma bensì a tradizioni e strategie sociali ed economiche. Questo ne fa una piaga che colpisce indiscriminatamente tutte le società e che merita una particolare attenzione, anche laddove non sarebbe “contemplata”.