Così come una larva che nella sua fase migliore diviene farfalla (o falena, in questo caso), anche la saliva delle piccole larve della cera può diventare qualcosa di meraviglioso: una soluzione per ridurre l’inquinamento da plastica.
Le larve della cera sono piccoli ma famelici esserini in grado di distruggere in pochi secondi, mediante un’enzima contenuto nella loro saliva, il polietilene, il tipo di plastica più diffuso (e inquinante) al mondo.
Esso infatti è utilizzato per la costruzione di una miriade di oggetti come isolanti per cavi elettrici, film per l’agricoltura, borse e buste di plastica, contenitori di vario tipo, tubazioni, lo strato interno di contenitori asettici per liquidi alimentari e molti altri.
Quando il caso è meraviglioso
Il nome dell’artefice di questa scoperta è Federica Bartocchini, ricercatrice italiana del Margarita Salas Center for Biological Studies di Madrid, la quale ha potuto constatare il potere miracoloso delle larve della cera per caso, come affermano le sue parole:
“Io in realtà mi occupo di biologia dello sviluppo: studio gli embrioni. La scoperta del bruco mangiaplastica è avvenuta per caso. Ho l’hobby dell’apicoltura, e l’abitudine, in inverno, di tenere gli alveari vuoti in casa. Nel tirarli fuori per la primavera, l’anno scorso mi sono accorta che erano pieni di questi bachi. Così li ho ripuliti, raccogliendo i bachi in una borsa di plastica. Qualche ora dopo era già piena di buchi e le larve libere”
Insieme alla gravità e alla penicillina, questa della ricercatrice nostrana si aggiunge a quella serie di scoperte avvenute senza una premeditazione, ma che nonostante ciò hanno permesso al mondo di avanzare e diventare migliore, cosa che ci si aspetta accada grazie a questi piccoli insettini voraci, nonostante la tremenda situazione attuale riguardo l’inquinamento da plastica.
Un po’ di dati
Sono circa 450 i milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno, e di queste, circa 8 milioni finiscono nei mari, come in quello Mediterraneo, causando la morte di 1,5 milioni di animali all’anno.
Ma i mari e i propri abitanti non sono gli unici a subire l’avvelenamento causato dalla plastica, anche la terraferma è spropositatamente inquinata da essa, causando ad animali come elefanti, iene, zebre, tigri, cammelli e bovini, danni al fegato, danni cellulari e, come abbiamo visto, la morte stessa.
L’uomo però, nonostante sia l’artefice di questa catastrofe, non è affatto essente dagli effetti disastrosi della plastica. Essa infatti entrando a contatto con piante e animali che spesso fanno parte delle nostre diete, viene ingerita e/o inalata, penetrando nei nostri tessuti e nelle cellule generando infezioni e malattie come cancro, diabete, disordini del sistema riproduttivo e danni allo sviluppo neurologico dei feti e dei bambini.
Se dovessimo parlare in percentuali, negli ultimi 70 anni solo il 9% di tutta la plastica prodotta a livello mondiale è stata correttamente riciclata, il 12% è stata bruciata negli inceneritori e il 79% è finita nelle discariche o nell’ambiente.
Ma in tutta questa montagna, o per meglio dire, in tutto questo mare di plastica, quanto incide il polietilene?
Gli effetti del polietilene
La ricerca “Production of methane and ethylene from plastic in the environment”, ha constatato come il polietilene, durante il processo di degradazione, provochi la produzione di gas serra come etilene e metano, altamente tossici per il pianeta (basti pensare che sono gas contenuti nel petrolio o nello scarico delle auto, entrambi elementi ampiamente riconosciuti per il loro impatto terribile sull’ambiente).
Inoltre, a diretta esposizione solare, le emissioni dannose sono di circa 76 volte superiori rispetto a quelle rilasciate in ambiente acquatico, dove però superato un tempo medio di 150 giorni questo tipo di plastica rilascia anche idrocarburi allo stato gassoso, contenuti anch’essi nel petrolio.
Conclusioni
Nonostante dati di questo calibro non facciano ben sperare, la scoperta di questa peculiare caratteristica delle larve della cera è sicuramente un passo in più verso una soluzione plastic free che possa dare un margine di respiro ad un pianeta sempre più soffocato.
Ma pensandoci, serve davvero la casualità per poter progredire in maniera significante in questo campo? La consapevolezza di un mondo che sta andando verso il collasso, non dovrebbe dare a tutti noi, una spinta ragionata, per salvaguardare il nostro pianeta e automaticamente noi stessi?
Perché molto spesso dimentichiamo una cosa fondamentale, ovvero che la Terra, senza di noi, può tranquillamente continuare a esistere, ma noi senza la Terra, direi proprio di no.