Si riconfermano anacronisticamente schiavizzanti le pratiche qatariote disposte allo stabilimento degli stadi di calcio e dei servizi utili allo svolgimento del Mondiale di novembre.
Nessun severo provvedimento è stato adottato per l’inoccultabile scandalo dei brogli sui sorteggi sancenti lo Stato ospitante, o per le grandi vergogne legate alle evitabilissime 37 morti sul lavoro. Di conseguenza, i progettisti continuano a mal operare nella considerazione mediatica e nell’omertà istituzionale.
Il demerito dell’immoralità non basta. Così, il processo degli orrori continua: alle viziosità della corruzione e dello sfruttamento operativo, si aggiunge il vincolo sul libero arbitrio di tutti i qatarioti.
Il Mondiale degli schiavisti
Riporta i fatti La Gazzetta dello Sport.
Si prevede un flusso di 1,2 milioni di turisti, i quali faranno il pubblico con i 2,8 milioni di abitanti della zona. E per regolare gli accodamenti e migliorare la sicurezza, servono braccia e occhi. Perciò si attingerà con intimidazioni coercitive dal totale della popolazione.
Imbastendo una sorta di leva, l’amministrazione in Qatar ha ordinato ai civili il supporto per tali attività. Ogni cittadino, residente in patria e non, è chiamato a condurre un particolare addestramento impegnate cinque giorni alla settimana.
Durante tale ammaestramento, verranno banalmente istruiti gli adibiti alle faccende prescritte.
Si può “scegliere” il lavoro e la “paga”: un congedo retribuito di quattro mesi; oppure l’inadempienza e la punizione: fino a un anno di reclusione e il pagamento di una multa di 50.000 rial qatarioti, pari a oltre 14 mila euro.
L’inerzia della FIFA
La FIFA, come gli statisti del Qatar, si muove verso il lucro, in direzione opposta alla giustizia.
D’altra parte, sponsor, media e volti noti prendono le distanze dall’iniziativa, elargendo dissenso. L’ultimo esempio è quello di Hummel International.
La multinazionale d’abbigliamento danese, sponsor tecnico della Danimarca, ha deciso di occultare per l’occasione logo e stemma della nazionale.
Con un comunicato l’azienda rende noto: “Questa maglia porta un messaggio con sé. Non vogliamo essere visibili durante una manifestazione che è costata la vita a centinaia di persone. Supportiamo la nazionale danese, ma non è la stessa cosa supportare il Qatar come paese ospitante del Mondiale“.
Gabriele Nostro