Di Andrea Umbrello
Un parlamentare in carica ha descritto i manifestanti a favore della democrazia in Iran come:
Persone lussuriose che cercano la prostituzione e “l’osceno” nella società .
La frase appena riportata è stata rilasciata in un’intervista con la Mehr News Agency, controllata dallo stato, da Mahmoud Nabavian, che ha poi cercato di seminare divisione puntualizzando che la maggior parte dei manifestanti provenisse da ambienti ricchi. << I leader di queste rivolte godono di una completa prosperità economica >>, ha detto.
È chiaro che Nabavian non sia ben informato, o finge di non esserlo, perché in realtà per le strade si è vista una precisa porzione della società iraniana. Porzione che, contrariamente a quanto sostenuto dai vertici politici, riguarda la fetta di popolazione più povera e debole. Alcune delle proteste più partecipate fino ad oggi si sono svolte nella provincia del Kurdistan , dove i salari medi, il tenore di vita e la qualità delle infrastrutture locali sono ben al di sotto della media iraniana.
Continuando a ignorare la realtà e per chiarire ulteriormente il suo concetto, Nabavian ha aggiunto: << Queste impurità che a volte contaminano la nazione iraniana, saranno spazzate via. Saranno fermati >>.
Scontato ma giusto da riportare. Negli ultimi giorni, Navabian e altri politici conservatori hanno continuato a sostenere la linea del regime secondo cui coloro che prendono parte alle manifestazioni popolari contro il regime sono “rivoltosi”.
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Per il regime, anche Mahsa Amini era una rivoltosa, una giovane donna la cui unica colpa è stata quella di mostrare una ciocca in più dei suoi capelli scuri. Uccisa per non aver indossato correttamente il velo. Arrestata dalla polizia morale di Teheran, è morta lo scorso 16 settembre a seguito delle percosse ricevute.
In Iran, molte donne e tanti uomini non hanno scelto di rimanere in silenzio. Hanno scelto la protesta: veli bruciati, capelli tagliati e manifestazioni pubbliche. E allora che si continui la “rivolta” onorando “prostitute” che lottano per i loro diritti.