Nello scenario bellico del “tutto è possibile” è diventata la ricchezza più discussa dell’anno; viene bruciato dalla Russia, pianto dall’Italia e si trova in natura allo stato fossile: di cosa si tratta?
Piacere di compiacervi se lo avete indovinato, sì, ci stiamo riferendo al gas. Risorsa di ricatto e di potere dell’area Putin.
Nessuno sfregio o ridicolaggine puerile, la materia viene infiammata ed estinta dai propri creatori semplicemente perché i propri creatori non hanno modo di disfarla altrimenti.
I russi, il gas, non possono stoccarlo, non possono smettere di produrlo e non vogliono esportarlo. Così lo ardono, giungendo con la dissipazione all’unica disumana soluzione concepibile dal Presidente Vladimir.
I volumi della distruzione
Non si rivela una straordinarietà nel contesto, ma del contesto, guerra. È una particolarità propria, coerente e ipotizzabile, che nel corso della normalità non avrebbe avuto modo di esistere.
Secondo un’analisi della società di ricerca norvegese Rystad Energy: gli invasori, a Portovaya, vicino al confine con la Finlandia, stanno bruciando grandissime quantità del bene che in un’altra occasione sarebbe stato destinato alla Germania.
Si stima un annientamento giornaliero di 10 milioni di euro di gas naturale liquefatto, pari a 4,3 milioni di metri cubi, corrispondente al fabbisogno energetico medio di oltre 3.000 famiglie.
Quotidianamente vengono quindi compiuti dei danni economici, umanitari e ambientali, dato che le ingenti emissioni di anidride carbonica e di fuliggine infieriscono pericolosamente sul paesaggio del ghiaccio artico.
Le necessità della Russia sulle necessità dell’Europa
Traiamo il sunto dell’analisi di Federico Rampini, esperto di politica internazionale ed editorialista del Corriere della Sera.
Le condizioni da soppesare per i ruteni sono sostanzialmente due: “le capacità di stoccaggio di gas in Russia sono già quasi esaurite”; “i giacimenti che smettono di fornire gas possono subire danni strutturali che ne compromettono il ritorno alla produzione in tempi successivi”. Perciò, la sovrabbondanza e la sovrapproduzione sono infrenabili, come già su scritto.
Considerato questo e il termine d’arrivo della fortuna, afferma Rampini, la condotta dello Zar si potrebbe dire da “autolesionismo inevitabile”.
“A parte il danno ambientale, questo significa distruggere una risorsa primaria per l’economia russa. E proprio quando Putin ha bisogno di soldi per allargare gli organici del suo esercito. Lo sta facendo non perché se lo può permettere, ma perché non può farne a meno: il suo ricatto energetico contro l’Europa comincia a mostrare la corda”. Il giornalista adduce insomma a segnali di disagio, manifestazioni da infezioni logoranti.
Sono auto-consunzioni da conflitto, ammorbamenti, da dentro dilanianti. Possibili buoni collaboratori per convincere alla terapia, alla tregua; alla cura, alla pace.
Gabriele Nostro